Antiruggine

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Sarebbe limitante farne una questione di soldi. Se anche la Red Bull avesse versato al Comune di Palermo dieci, cento volte il misero compenso per l’occupazione di suolo pubblico per girare il videoclip della discordia, nulla sarebbe cambiato. Perché è sempre una questione di “visione novecentesca”, come scrivevamo qualche giorno fa, è sempre un problema di nuovi ingranaggi che devono girare per altri motori, più moderni. E la vicenda Red Bull è il paradigma sul quale ipotizzare futuribili scenari di buona amministrazione. Non c’entrano i partiti e forse neanche le persone: c’entra il metodo. Non si possono più affrontare scelte complesse, strategicamente cruciali (l’immagine di una città e il suo riverbero dinanzi una platea mondiale lo sono) senza un nuovo manuale delle istruzioni. Le normali connessioni tra apparati e il sistema che sino a oggi ha garantito lunga vita alla politica dei compartimenti stagni non consentono più a una città come Palermo di sopravvivere. I nostri sono tempi in cui la rapidità di esecuzione è già una quota di successo e la qualità di un progetto sta anche nel percorso che porta alla sua realizzazione. Insomma non è più il fine che giustifica i mezzi, ma il mezzo stesso che talvolta si fa fine. Ciò comporta un cambiamento radicale di visione amministrativa: meno assessorati, più pool multidisciplinari, meno burocrati, più esperti. La politica, specialmente quella locale, da sola non ce la può fare: per ruggine culturale, per convenienza. È la fine dei monarchi civici assoluti e un’occasione per i tecnici di un nuovo sistema di relazioni che un tempo era la base della politica e oggi è il fondamento dell’unico progresso possibile. Quello dei fatti che schiacciano le chiacchiere.