Chiacchiere e croficisso

Nelle critiche di blasfemia al film di Ficarra e Picone “Santocielo” c’è tutta la ruggine degli ingranaggi che regolano il rapporto della religione, la nostra religione, con la vita sociale, la nostra vita sociale. L’uscita di don Mario Sorce, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Agrigento che è anche direttore del Servizio di pastorale sociale dell’arcidiocesi di Agrigento, ha più a che fare con un’azione di polizia morale che con il diritto di critica. Perché la critica si basa sul metro artistico, sulla tecnica e l’effetto, persino sul gusto, ma non grida allo scandalo, non induce al boicottaggio in nome di Dio: soprattutto non traccia la storia come ci piacerebbe leggerla. È questo il bullone arrugginito che blocca lo scorrere degli ingranaggi tra noi, molti di noi, e la religione, per chi crede.
L’arte – che è quella di Ficarra e Picone, come è quella di chiunque usi la fantasia per creare occasioni di racconto – non prevede suggeritori esterni che raddrizzino i muri, correggano la rotta. L’arte è appunto (anche) muri stori e rotte perigliose.
Non capirlo, o far finta di non capirlo, è un gesto da polizia morale o comunque da ignoranti. Lo spettatore può dissentire quanto vuole, del resto gli autori hanno come primo obiettivo quello di mirare ai sentimenti, di scuoterli, di far cadere le foglie secche. Ma l’uomo di chiesa, che parla per il gregge (perché lui ancora considera pecore i suoi “seguaci”) avrà sempre l’idea di un auditorium muto, al limite belante, al quale indicare la retta via: immaginando un mondo di rette vie che paiono correre all’infinito e invece si perdono sino a dissolversi nel buio della grettezza.

P.S.
Il prete di cui sopra ha bocciato il film senza nemmeno averlo visto. Quindi ha espresso un giudizio alla cieca: chi non sa, non può parlare di ciò che non sa.
Insomma tutta la polemica nasce dalla presunzione di chi giudica senza conoscere e andrebbe liquidata con un’alzata di spalle. Ma, essendoci di mezzo la religione, è bene impegnarsi a distinguere le chiacchiere dai crocifissi.

Un’omelia da dimenticare

forza-nuova-omosessualDomenica scorsa ero in una chiesa di Palermo per assistere a una prima comunione, immancabile in questo periodo come le fragole e la prova costume. Davanti a una schiera di ragazzini e alle loro famiglie, il prete ha imbastito un’omelia su temi soft come: la famiglia è fatta di un uomo e una donna, il resto sono scempiaggini; in tal senso lo Stato vuole imporre leggi che la Chiesa non accetta ed è sacrosanto che non accetti mai; una famiglia di gay non ha niente a che vedere con la famiglia vera, quella del Santo Mulino Bianco. Una reprimenda che ricordava più una campagna di Forza Nuova (“l’Italia ha bisogno di figli, non di omosessuali”) che un discorso rivolto a chi si avvicina a un sacramento. Evidentemente questo prete considera la chiesa, intesa come edificio, come casa sua e scambia le comunicazioni ai fedeli con le cazzate a ruota libera che si possono sparare nel tinello, magari a pancia vuota al termine di una giornata pesante: il che ovviamente non rende automaticamente tollerabili tutte le idiozie che scappano tra le mura di casa, ma almeno le depotenzia nell’attesa che qualcuno (un coniuge, un ospite, un amico, un coinquilino) non attivi un salvifico contraddittorio (della serie ma che stai a di’?). Lì, in chiesa, tutto ciò era invece grossolanamente univoco, il prete parlava e i poveri astanti subivano. Nessuno si è preso la briga di alzare un ditino e cercare di rimettere il tempo in movimento, nemmeno io ne ho avuto la forza perché ci sono situazioni in cui lo scempio della verità è meglio lasciarlo passare più velocemente possibile, nella speranza che qualcuno sia distratto e resti indenne.
Ah, domenica era la giornata internazionale contro l’omofobia.

Il prete pedofilo

Il mensile S racconta una storia da brividi.

La crisi degli arbitri

Dal calcio alla politica alla Chiesa, c’è una crisi di arbitri.
Ci manca cioè quella illusione di terzietà che la figura di un giudice infonde in noi quando le acque sono torbide e servono occhi limpidi per scegliere, decidere, deliberare.
Il paradosso dei nostri tempi è che si avverte la mancanza di arbitri degni di questo nome quando invece se ne promuovono in gran quantità, a tutti i livelli. Insomma non c’è certo una crisi di vocazioni, al contrario c’è un aggrovigliarsi di regole. La politica, ad esempio, più che formare amministratori forgia le leggi a misura del politico di turno.
Non è facile dirigere il traffico degli umani – calciatori, cittadini o fedeli che siano –  ed è importante che l’errore non sia considerato malattia e non vada debellato con vaccini ad ampio spettro perché si rischia di fare più vittime. L’errore va eliminato con obiettività e altruismo: mettendosi in discussione, arbitro per primo, e tenendo d’occhio l’interesse generale.
Guardate i Mondiali, guardate la politica italiana, guardate il Vaticano. Quanto conta in questi ambiti l’interesse generale e quanto pesano invece gli interessi di pochissimi?
Quando la finiremo di ritoccare le regole per giustificare l’inadeguatezza degli arbitri attuali e invece ci dedicheremo al rigoroso rispetto delle norme, allora sarà un giorno di speranza.

P.S.
Non so perché, ma oggi mi venne fuori una specie di omelia… Pardon.

Un delinquente


Il Vaticano usa il pugno di ferro contro padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, che nella sua vita ha abusato di bambini, donne e stupefacenti.
Due giorni fa, in un comunicato, la Santa Sede ha “certificato” che il prete “ha causato serie conseguenze nella vita e nella struttura della Legione, tali da richiedere un cammino di profonda revisione”.
Chiaro?
Secondo i porporati del Vaticano, le serie conseguenze del comportamento del prete delinquente sono quelle causate alla Chiesa, non quelle che colpiscono le decine di vittime deflorate e umiliate con la violenza più vigliacca, quella di chi dovrebbe agire per conto di Dio.
Marcial Maciel Degollado ha provocato un grave danno all’entourage religioso. Della psiche e degli sfinteri – o se preferite, dello spirito e della carne – delle vittime, il Papa e i suoi mastini della dottrina non si occupano.
Come è facile capire, la revisione annunciata da Ratzinger è utile come un treno deragliato.
Ah, padre Degollado è morto due anni fa.

Grazie alla Contessa.

Effettivamente

Pare che domenica scorsa a Palermo una cerimonia di cresima con centinaia di persone sia stata rinviata di mezzora per attendere l’arrivo dei più illustre degli invitati, il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo.
Pare che a Lombardo sia stato riservato un posto in prima fila.
Pare che il prete gli abbia dedicato l’omelia, per compattare il gregge di Dio attorno all’uomo ingiustamente accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Lombardo ha replicato duramente spiegando:
1)    Di essere effettivamente andato alla cresima.
2)    Di essere effettivamente arrivato qualche minuto prima dell’inizio della cerimonia.
3)    Di aver avuto effettivamente un posto in prima fila.
4)    Di aver effettivamente ascoltato un’omelia nella quale si parlava di lui.

La sveltina di Bertone

Il cardinale Bertone ha risolto un problema millenario con una sveltina dialettica: la pedofilia non c’entra niente col celibato, ma ha a che fare con l’omosessualità.
La dichiarazione è troppo bassa persino per il più scalcinato dei Bar dello sport: il calcio e la Formula Uno sono una cosa seria in confronto a Bertone, che pure ha un cognome automobilistico.
Sul tema della pedofilia, la Chiesa dovrebbe stare molto attenta in quanto sorvegliata speciale. Eppure l’arroganza medioevale con la quale il Vaticano gestisce le proprie debolezze/nefandezze è il segnale inequivocabile di un cortocircuito democratico: nelle nostre lande la presunzione di innocenza cancella ogni evidenza di colpevolezza per ricchi, politici e porporati, mentre accade esattamente il contrario per volontari, benefattori e coraggiosi.

Scusate se divago per quattro righe, ma vedere Bertone e tutti gli altri parrucconi che discettano nel nome di Dio e assistere, nel contempo, alla demolizione di Emergency in Afghanistan mi blocca la digestione (per non dire altro).

C’è in Italia un appiattimento dell’elettroencefalogramma pubblico. In un qualunque altro Paese, tipo la Francia, le frasi di un Bertone avrebbero suscitato una riposta ufficiale: dello stato laico, della comunità scientifica, degli intellettuali. Una cosa misurata, tipo: “Ma che cazzo sta dicendo? Torni al silenzio della sua comunità omertosa e non s’immischi nella vita delle persone civili”.
Invece poco o niente.
Alla fine qualche parroco di buona volontà si è arrangiato a dire che, in fondo, non sono molti i casi di preti pedofili rispetto alla stragrande maggioranza di preti onesti.
Una Chiesa davvero illuminata dal Signore non sarebbe mai arrivata a tanto, perché si sarebbe mostrata contrita, pentita e umiliata persino da un solo caso, uno solo, di pedofilia. Ripeto: un solo caso sarebbe dovuto bastare per scatenare una cerimonia di pentimento globale, un continuo sbattere di ginocchia sul terreno dalle chiese di Lima alla parrocchia di Canicattì, dalle cattedrali della Norvegia alle missioni dello Zimbawe.
Perdonaci o Signore.
E giù con le rotule.
Perdonaci o Signore.
Ancora rotule.

Non c’è percentuale di rischio accettabile per un reato ignobile come la pedofilia, commesso nel modo più ignobile dal più ignobile degli infedeli. Anche lo zero virgola zero zero zero zero uno periodico è una cifra pesante sulle spalle di un Papa che meriterebbe una mozione di sfiducia (il termine deriva alla parola fede, guarda un po’) e invece sta lì a blaterare di tutto ciò che non lo riguarda, come un vecchio portinaio rimbambito che non risponde più neanche al citofono e si impiccia nei fatti di tutti i condomini.

Che il Principale, quello vero, ci ascolti.
Lode a lui.

Ci voleva uno di destra

finiper dire chiaramente una cosa mancina.

da Corriere.it

Divieto di kebab

kebabIn Lombardia non si potrà più mangiare per strada un gelato, un trancio di pizza o – nel nome del Padre, del figlio… – alimenti rivoluzionari come il kebab.
Ecco, in esclusiva, i prossimi provvedimenti della giunta Formigoni.
Vietato fumare con la mano sinistra (fumare fa male, farlo con la mano sinistra sarà considerato un atto da bolscevichi).
Vietato camminare sul marciapiede se si è bassi di statura (altrimenti i tornelli per il controllo dello shopping potrebbero essere facilmente aggirati, dal provvedimento saranno esclusi i membri di governo).
Vietato incontrarsi in luoghi pubblici senza un’autorizzazione del Ministero degli Interni (l’accusa di adunata sediziosa scatterà anche quando si incrocierà uno sconosciuto).
Vietato bisbigliare (anche le frasi più intime dovranno essere scandite con voce chiara e tonante, possibilmente sull’attenti e guardando verso nord).
Vietato pensare ai fatti propri quando si passa davanti a una chiesa (per incoraggiare una sana riflessione cristiana verranno distribuite dai parroci ostie da asporto, quelle sì, potranno essere consumate per strada).

Sul corpo di Eluana Englaro

Il Consiglio del ministri vara un decreto che ordina di proseguire con l’alimentazione per Eluana Englaro. Il presidente della Repubblica si rifiuta di firmarlo perché si tratta di un provvedimento palesemente anticostituzionale. Berlusconi tira dritto: “Allora cambio la costituzione”.
Bastano queste poche righe per far deragliare la coscienza di molti dalla riflessione su un caso così difficile come quello di Eluana. Perché invece di interrogarci sulla morte come guarigione dalla vita, sul peso di certe scelte, sull’ingiustizie che la biologia ci impone, sul Dio che vede e chissà quando provvede, su quanto contino le incrostazioni della pubblica morale quando il dramma è più che privato, ci si riduce a leggere i resoconti politici della vigliaccata ruffiana del nostro governo. Il pugno di ferro mostrato dal Cavaliere è infatti un semplice atto di prepotenza politica che non ha appiglio in nessuna sentenza e in nessun sondaggio: non stupisce lo spregio delle corti di giustizia (qui si tratta della Cassazione), mentre potrebbe sbalordire quello della “pubblica opinione”. E’ qui che però entra in gioco il fattore C. La Chiesa che, come scriveva ieri Ezio Mauro, “con quel corpo totemico vuole ribadire non solo i suoi valori eterni, ma anche il suo controllo della vita e della morte”. Berlusconi si mostra così garante di un patto col Vaticano che mira a imporre un’idea cattolica della legge, dove gli atti del potere devono passare al vaglio della religione. E dove la libertà, alla fine, rischia di coincidere con la disintegrazione dell’anima.