Testi e testicoli

Nei testi delle canzoni si annidano strani mostri. L’altro giorno, per caso, ho scoperto che mia moglie – lei sta alla musica come il Tavernello al vino, eh – conosce molti pezzi dei Pooh e che, peggio, non sa da che direzione arriva questa folata di cultura musicale. In poche parole, sa a memoria molte canzoni, ma non ricorda di averle mai ascoltate. Una sorta di Poltergeist delle sette note. Ebbene lei, santa donna musicalmente illibata, mi ha fatto notare qualcosa che mi era sempre passata inosservata: la trasversalità dei Pooh in tema di amore coniugale.
E allora, armatevi di pazienza e godetevi i quattro tipi di maschio, tutti molto diversi, che vengono fuori dalle loro canzoni.
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Scatole cinesi

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Due parole sulla vera natura del Festival di Sanremo nel 2010.
Guardate i finalisti. Valerio Scanu. Proveniente da una trasmissione tv: “Amici” di Maria De Filippi. Marco Mengoni. Proveniente da una trasmissione tv: “X Factor”. Emanuele Filiberto, Pupo e il tenore (quest’ultimo la vera vittima dell’operazione “Italia amore mio”: nessuno lo ha salutato, nessuno si ricorderà il suo nome e sembrava lì per fare le pulizie). Provenienti da trasmissioni televisive come “Ballando sotto le stelle”, “Affari tuoi” e “I raccomandati”.
Vince Scanu, complice un duetto in semifinale con Alessandra Amoroso (ri-“Amici”) che deve aver procurato un corto circuito percettivo a molte menti dell’Italia mediasettizzata: a un certo punto sembrava di essere nel programma canterino-danzereccio di Canale 5. Pupo e Filiberto arrivano secondi (“Ballando sotto le stelle” ha meno share di “Amici”). Terzo Mengoni (“X Factor” resta un programma per palati un po’ più fini, quindi perdente al televoto). Lo spettacolo dell’Ariston non è altro che una grande, infinita finale di altre finali tv, ormai. L’ultimo cofanetto di un allucinante gioco di scatole cinesi, ampolla terminale di un velenoso sistema di vasi comunicanti. Meritava di vincere Mengoni, ma anche tanti altri eliminati e subito digeriti perché non televisivi. Un consiglio per gli acquisti: che l’anno prossimo conduca direttamente la De Filippi. Si risparmia in trasferte.

Cantatemele

Per la prima volta quest’anno sono riuscito a ignorare del tutto il Festival di Sanremo: nel senso che non ho neppure acceso il televisore. Spero di resistere sino alla fine: non a caso mi invento impegni lavorativi in prima serata.
Però, siccome non sono un virtuoso, devo ammettere che un po’ di curiosità c’è.
Ditemelo in un orecchio: che mi sono perso sinora?

Sanremo 2010

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Italia amore mio

(di Enzo Ghinazzi – Emanuele Filiberto – Enzo Ghinazzi)

(Pupo) Io credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro,
nel sentimento che ci unisce, intorno alla nostra famiglia.
Io credo nelle tradizioni, di un popolo che non si arrende,
e soffro le preoccupazioni, di chi possiede poco o niente.

(E. Filiberto) Io credo nella mia cultura e nella mia religione,
per questo io non ho paura, di esprimere la mia opinione.
Io sento battere più forte, il cuore di un’Italia sola,
che oggi più serenamente, si specchia in tutta la sua storia.

(L. Canonici) Sì stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio.
Io, io non mi stancherò, di dire al mondo e a Dio, Italia amore mio.

(E. Filiberto) Ricordo quando ero bambino, viaggiavo con la fantasia,
chiudevo gli occhi e immaginavo, di stringerla fra le mie braccia.

(Pupo) Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente,
ma chi si può paragonare, a chi ha sofferto veramente.

(L. Canonici) Sì stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio
Io, io non mi stancherò, di dire al mondo e a Dio, Italia amore mio

(Pupo) Io credo ancora nel rispetto, nell’onestà di un ideale,
nel sogno chiuso in un cassetto e in un paese più normale.

(E. Filiberto) Sì, stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio.

La musica non ha bisogno di parole. E questa meno che mai.