“D’Urso, Carfagna, Yespica, Rodriguez e altre che non ricordo…”

D'Urso, Carfagna, Yespica che si masturbavano

La testimonianza di Ruby, ovvero Karima El Mahroug, inserita nelle motivazioni della sentenza di primo grado che condanna Silvio Berlusconi a sette anni per concussione e prostituzione minorile.

AGGIORNAMENTO. Barbara D’Urso ha diffuso questa nota in cui dichiara la sua estraneità rispetto al Rubygate.

A Silvio

silvio berlusconi condannato

Silvio, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieto e pensoso, il limitare
di gioventù salivi?

Faceva l’amore non la guerra

la guerra dei vent'anni ruby berlusconi

Quindi la “Guerra dei vent’anni” era tutta una questione di sesso. Almeno così sembra, a dar retta all’imbarazzante ricostruzione fatta ieri da Canale 5 dei disastri giudiziari di Silvio Berlusconi.
Il programma di un irriconoscibile Andrea Pamparana ha infatti presentato uno spaccato molto personalizzato delle vicende giudiziarie dell’ex premier: accuse e accusatori inconsistenti (si attendeva una rivelazione sui calzini della Boccassini), telecamere ammesse nei luoghi eleganti delle cene eleganti, Ghedini sbrodolante, Ruby monastica, Silvio consolante.
L’alibi era solido (quello della rete, non quello dell’imputato): Canale 5 è privato quindi non scassateci la minchia e cambiate canale se non vi va. Come se il conflitto di interessi e la questione delle concentrazioni editoriali fossero acqua fresca.
“La guerra dei vent’anni” ci ha raccontato una fiction travestita da cronaca, perché è facile ricostruire la realtà con l’audio originale delle deposizioni in un’aula di giustizia: basta saper lavorare di forbice e di montaggio.
Per il resto, un concentrato di omissioni, ammiccamenti, falsità che spero finiranno in un dossier dell’ordine dei giornalisti. Mai un intervistatore che non fosse genuflesso, mai un accenno alla singolarità di un procedimento in cui l’imputato stipendia regolarmente i testimoni, mai un riferimento ai famosi vent’anni del titolo (la corruzione, l’ombra della mafia, i fondi neri, eccetera). A un certo punto la giornalista che reggeva il gioco a Ruby ha abbozzato una domanda premettendo: “Scusa se te lo chiedo…”. E lì si è capito tutto: brutta cosa quando per portare a casa uno stipendio si sceglie di vendersi.

Io ho visto troie e puttanieri. E voi?

Le troie di Battiato, i puttanieri di Grillo. La politica scopre, con un ritardo pluridecennale, le difficoltà dei facili costumi. Ora tra le vestali di Montecitorio è tutto un rigurgito di indignazione, fioccano le stigmatizzazioni e si aprono i cieli delle scomuniche.
In realtà chi ha un senso dell’ovvio minimamente sviluppato capisce benissimo quali sono i bersagli di quel turpiloquio. Le parole saranno sì pesanti, ma quello che tutti noi abbiamo dovuto digerire in questi anni di prostituzione politica – perché di questo si è trattato e sfido chiunque a dimostrare il contrario – non è roba da poco. Ci siamo dimenticati delle carriere di certe parlamentari che prendevano la rincorsa dalla camera da letto del capo? O dobbiamo sorvolare sui curriculum di altre showgirl, ballerine, calendariste e agitatrici di tette a scrocco, per atterrare nella realtà o ai suoi confini?
Le troie e i puttanieri nel nostro Parlamento ci sono stati, e pure senza preoccuparsi di non dare nell’occhio. Chi dice che non ciò è vero, è in malafede (o rientra nelle categorie succitate).

La nipote di Pinocchio

In questo breve elenco di bugie dette da Ruby o a lei attribuite nel processo in corso a Milano ce n’è una che ho aggiunto arbitrariamente. Scoprite qual è.

Non gradiva le serate a casa di Berlusconi.
E’ nipote di Mubarak.
Sua madre è una cantante egiziana.
Suo padre è  un diplomatico brasiliano.
Suo padre è un manager della Yamamay.
Non era una prostituta.
Era fidanzata con Marco Borriello.
Era fidanzata con Cristiano Ronaldo.
Brad Pitt voleva adottarla.
Non era ricca, ora lo è.

Invito a cena con relitto

Oggi al Tg3 ho visto e sentito parlare questa Michelle Conceicao, una delle signorine del bunga bunga berlusconiano. Sono anni che ci rintroniamo con questioni di lana caprina tipo  “ma sono fatti suoi” (dell’ex premier), o “cosa fa a casa sua non mi interessa, l’importante è che governi bene” (lui, l’ex premier), oppure “ma la privacy non esiste più” (la sua, dell’ex premier) e via blaterando.
Forse tutto si potrebbe risolvere in modo semplice e brutale, ponendosi una domanda semplice: io, una come Michelle Conceicao la inviterei  a casa mia?

Vista lunga, gonna corta

Con quel che sta venendo fuori nel processo a Silvio Berlusconi per il Rubygate si alimenta una domanda che, giorno dopo giorno, diventa sempre più ingombrante. Perché a Barbara Faggioli non è stato dato uno scranno in Parlamento? Ovvero, perché quest’odiosa discriminazione tra intellettuali dalla vista lunga e dalla gonna corta?
Forse è bene rassegnarsi e non aver fretta di trovare la risposta: davanti a certe ingiustizie la cronaca non può nulla, meglio attendere la Storia.
Possibilmente sorseggiando un daiquiri.

Cari italiani che non fate un tubo

Da la Repubblica di oggi.

Visto su PPR.

Il peccato (poco) originale

A giocar con le parole, e ancor peggio con le metafore, si finisce per impantanarsi, soprattutto se non si hanno le idee chiare o se si vogliono confondere quelle altrui.
Secondo l’ex premier Silvio Berlusconi (che piacere scrivere l’ex premier!) Fini è stato il “peccato originale” della legislatura, cioè “la sua fronda ha minato un percorso che avrebbe dovuto essere costituente e invece” non ha costituito un tubo.
Evocare il peccato originale avrà avuto il suo bell’effetto in chi si accontenta di galleggiare sulla superficie dei fatti, magari perché è un elettore del Pdl e preferisce non confessarsi di aver puntato su un cavallo zoppo.
Ma se uno ci pensa un attimo, senza nemmeno dover scomodare la dottrina, questa metafora non c’entra proprio nulla con la scelta di Fini.
In generale, infatti, il peccato originale è identificato come quell’evento (vero o presunto, non ci imbarchiamo in queste diatribe) che ha separato l’uomo da Dio e che ci ha resi mortali.
Chi sarebbe Dio nella rappresentazione berlusconiana è facile intuirlo, e ciò basterebbe a far scattare l’allarme rosso del ridicolo. Continua a leggere Il peccato (poco) originale

I party con o senza tea

In un’intervista al Giornale oggi Daniela Santantchè invoca i tea party come espediente per catturare elettori di destra. Il suo capo è già all’opera da anni coi party, notti e notti di duro lavoro. A lei non resta che portare il tea.