Da Ratzinger a Bergoglio, in una sola frase

bergoglio ratzinger

Nel suo discorso di insediamento Papa Ratzinger cercò di toccare le corde dell’emozione con queste parole.

 La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza.

Era il massimo che potesse dire, lui, Papa teologo, tedesco, freddo e distante come un extraterrestre in scarpette rosse.

Oggi Papa Bergoglio nel suo discorso di insediamento ha volato basso.

Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza: il prendersi cura chiede bontà. Il vero potere è il servizio, soprattutto dei più deboli e dei più poveri.

Un Papa che fa l’elogio della tenerezza è un genio. Un Papa che identifica nel vero potere il servizio è finalmente un Papa che sta coi piedi per terra.

Stanchezza

Si dimette il Papa più antico dell’era moderna. Il pastore che doveva coltivare la forza di una Chiesa fiaccata dagli scandali rivela la sua debolezza. E l’unico momento in cui un pontefice che non lascerà traccia nella storia può incidere in qualche modo nel futuro del mondo, è quello in cui toglie il disturbo. Parlando ai vivi in una lingua morta.

Il Papa contumace

A parte le giustificazioni ufficiali, tutte ufficialmente valide, pesa notevolmente l’assenza del Papa ai funerali del cardinale Martini. Una benedizione-discorsetto in contumacia la dice lunga sulla volontà di rinnovamento e sulla capacità di introspezione della Chiesa guidata da herr Ratzinger. Del resto, non è una novità che questo pontefice si guardi bene dal vestire i panni di un papa del terzo millennio: è come se l’attualità lo infastidisse al pari di un faro abbagliante sparato sugli occhi.
La lotta senza quartiere di Benedetto XVI contro il relativismo è, ai miei occhi di cattolico orecchiante e disilluso, un alibi per mascherare una pericolosissima sordità sociale: in realtà non sono gli altri che non parlano – pur agitando idee e sentimenti – è lui che non ascolta, che non vuole ascoltare.
La Chiesa del 2012 ha troppe preziose occasioni per ritornare al centro dello scacchiere umano, però le dribbla tutte, inspiegabilmente.
Ci vorrebbe un reset, tra Storia e coscienza.
Ci vorrebbe un binocolo per guardare lontano, nelle lande del sottosviluppo.
Ci vorrebbe una lente di ingrandimento per osservare da vicino le trame della modernità.
Ci vorrebbe un Papa.

Provaci ancora Ben

Non so quale sia la fonte del Pontefice, ma dal mio modesto osservatorio vedo un panorama molto diverso. I sacrifici si fanno, eccome. Solo che non li fanno tutti. Ad esempio chi rimprovera dovrebbe innanzitutto dare l’esempio.

La vera emergenza del terzo millennio

Il Papa, con ammirevole puntualità, prende di petto la vera emergenza del terzo millennio: le coppie di fatto.
Il fulcro del mondo è la famiglia, e una vera famiglia è solo quella fondata sul matrimonio, bemollizza (senza musica) il pontefice. Il resto – conviventi che ogni sera vanno a letto insieme da trent’anni, giovani che fanno l’amore e che scoprono il vero senso della vita, anziani uniti da un’improvvisa “affettuosa amicizia”, sodali per sentimento di ogni sesso, sperimentatori degli affetti, vedove che ritrovano un’anima gemella e che non hanno voglia dell’ennesima cerimonia, pazzi innamorati di ogni longitudine, innamorati pazzi di ogni latitudine età e religione – il resto, dicevamo, non conta un tubo.
Ci sarebbe di che urlare se non fosse che il senso del ridicolo ha l’obbligo di sterilizzare le parole di  chi ha l’ardire di discettare della stratosfera senza aver mai neanche guardato il cielo dalla finestra di casa. Che ne sa dell’amore quello lì? Chi gli ha dato certe dritte sulla vita di coppia?
E poi, se volete, anche dal punto di vista strettamente politico il Pontefice è perdente: il matrimonio è in crisi da decenni e ormai in Italia si separa una coppia su quattro.
Insomma, è come se Berlusconi oggi puntasse tutto sull’amministrazione comunale di Milano e pretendesse di avere ragione per diritto divino.

L’Alka Seltzer di Dio

Leggo su Livesicilia il menu del pranzo di domenica prossima con Papa Benedetto XVI e i vescovi siciliani al Palazzo arcivescovile di Palermo.
Antipasto di caponata, crocchette di latte e verdure in pastella. Primo con involtini di melanzane ripieni di pasta e risotto ai frutti di mare. Secondo: filetto in crosta. Alla fine gelato al pistacchio e mandarino, cassata, paste di mandorle e pistacchi e passito di Pantelleria.
Si vede che il Santo Padre è ben seguito da lassù: un comune mortale dopo un pasto del genere stramazzerebbe sulla tavola. Tuttavia lui ha fatto la sua rinuncia: niente vino, solo spremuta d’arancia (che in questo periodo sarà freschissima…). Meno peggio di quanto immaginassi, temevo un cappuccino da turista nordico.

Un post volgare

Questo post, pur nella sua brevità, contiene un’espressione volgare. Vi prego di scusarmi, ma non sono riuscito ad aggirarla.

Papa Benedetto XVI ha tuonato contro la pillola abortiva, incitando i cattolici a non rispettare una legge dello Stato italiano e ricordando che “la lotta dei cristiani consisteva e consiste non nell’uso della violenza…”.  Le affermazioni del Pontefice sono aggredibili per almeno due motivi.
1)    La sua ingerenza nella liceità delle leggi italiane è legittima quanto quella di un qualunque inquilino di Palazzo Chigi nella scrittura di un’enciclica o in un qualunque estratto conto dello Ior.
2)    Il riferimento alla biblica (ops!) non violenza dei cristiani dovrebbe essere più specifico: c’è o no una prescrizione storica per le Crociate e l’Inquisizione?
Infine un dettaglio che fa transitare le considerazioni del Papa dallo status di contestabili a quello di detestabili. Nelle sue propalazioni di ieri, Benedetto XVI non ha mai fatto riferimento allo scandalo dei preti pedofili che vede coinvolti lui, Paolo VI e diversi papaveri vaticani.
Insomma, senza troppe metafore, questo Papa si cura dei cazzi degli altri, ma non dei propri.

Una Chiesa alla deriva

Quando mi trovo davanti a un negazionista, al giorno d’oggi, mi faccio quattro risate. Un tempo, quand’ero giovane e manesco, mi incazzavo parecchio.  Il negare, contro ogni evidenza e spesso per motivi di convenienza personale, un fatto storico è un atteggiamento deprecabile che in molti Stati è addirittura punito dalla legge.
Se poi è un vescovo, il lefevbriano Richard Williamson, a rimbambirci di scemenze cercando di ridurre la Shoah a fenomeno condominiale e blaterando che le camere a gas per gli ebrei non sono mai esistite, forse vale la pena di incazzarsi ancora un po’.
E se poi dal Papa Benedetto XVI, anziché arrivare una presa di posizione adeguata (un calcione canonico nel sedere, una mandata a fare in culo latae sententiae, una sdegnata e santa alzata di spalle nel nome del nostro Signore) arriva addirittura il perdono con la revoca della scomunica imposta da Giovanni Paolo II a questo idiota porporato, ci sarebbe da presentarsi dal signor Williamson e togliere la sicura agli schiaffoni.
Lo scollamento della Chiesa cattolica dal mondo reale non finisce mai di stupire, quasi che ci fosse una regia ubriaca che allontana la telecamera dalla logica e dal buon senso per inquadrare sempre angoli bui, sgabuzzini dell’irrazionalità, postriboli di ideuzze.
Non so chi consigli questo Papa che ha il piglio di un bibliotecario medioevale, so soltanto che, da cattolico, non so come far sapere al mio Dio che sulla Terra serve un azzeramento di tutti i suoi indegni dirigenti.