Barzellette

Non siamo barzellettieri.

La dichiarazione politica più dirompente dell’ultimo ventennio la pronuncia Angelino Alfano abolendo, con una barzelletta, l’esistenza di un partito fondato sulle barzellette. Come se Craxi avesse detto: il Psi non ruba. O Fassino: la sinistra non perde. O Pannella: i radicali non si fanno le canne. O Maroni: la Lega è coerente.
Il barzellettiere che nega di esserlo è un clown senza circo. Fa pena.

 

O così o me ne vado

Il succo delle dichiarazioni di Mario Monti è questo: o così o me ne vado. E mai, a mia memoria, un premier aveva minacciato di mollare tutto per il rischio di mancata coesione tra il Paese e il programma di governo. Certo, si dirà, questo non è un esecutivo eletto ed è più facile muoversi per ultimatum. Ma i governi che c’erano prima, pur non essendo tecnici, l’aut aut l’utilizzavano ugualmente, solo in modo più presuntuoso: ad esempio minacciando o imponendo la fiducia.
Credo che la presa di posizione di Monti meriti un minimo spazio nella memoria delle cronache giornalistiche e spero che qualche giornale le dedichi una riflessione ben più approfondita e prestigiosa di questa.
Dalla spocchia del “tanto ce la facciamo da soli”, del “pensatela come volete, noi abbiamo i numeri” al “se vi piace così va bene altrimenti ce ne andiamo”, mi pare che di differenza ce ne sia. Solo che ormai ci siamo abituati a una politica senza tette, culi e barzellette sporche e la crisi di astinenza dal trash fa passare in second’ordine una ritrovata serenità di contenuti.
Monti non è certo il miglior premier (ci sta dissanguando e chissà per quanti anni lo malediremo), però persino i suoi antipatici ultimatum rischiamo di passare alla storia come buone notizie.

La sai l’ultima? Te la dice Brunetta

La proposta del ministro Renato Brunetta di togliere ai pensionati 500 euro al mese da dare ai giovani per farli andare via da casa dei genitori è un po’ come la battuta di buon barzellettiere (una volta c’era Gino Bramieri): ti viene raccontata l’ultima e tu sai che nel peggiore dei casi sarà la penultima.
Brunetta, che incarna la più alta densità di se stesso misurabile in tutto il pianeta, è uno che quando prende la mira non pensa alla possibilità di errore, figuriamoci ai danni collaterali. Si è fissato coi bamboccioni, rubando il bersaglio a un altro ministro di un altro schieramento politico e non gli interessa se il virus dell’onnnipotenza dichiarativa gli fa sparare una cazzata o se lo costringe a sparare se stesso, a mo’ di uomo cannone,  nella stratosfera del ridicolo (affollata peraltro di colleghi).
Eppure sarebbe bastato un po’ di buon senso per riportare il discorso in un ambito più consono: va ricordato che la detonazione di una simile proposta non è avvenuta nell’ambito istituzionale (lì detona ben altro e spesso più che tapparsi le orecchie bisogna turarsi il naso), ma a Domenica In.
Il buon senso, dunque. Cosa avrebbe suggerito al barzellettiere ministeriale?
Innanzitutto che storicamente le elargizioni a pioggia, quindi senza meriti, hanno dato i peggiori frutti: e noi al Sud ne sappiamo qualcosa. Poi che ricevere soldi per promettere di far qualcosa è quanto di più diseducativo si possa imporre ai giovani.
In un contesto storico ed economico in cui una vera disoccupazione, quella delle fabbriche e delle piccole imprese, convive con una falsa disoccupazione, quella delle caste e degli ordini professionali (primo tra tutti il mio, quello dei giornalisti), proporre un bonus ai ragazzi per affrancarsi dalla casa di famiglia e passare al monolocale pagato in nero è oltraggioso e demagogico.
Insomma, di fronte alla proposta-barzelletta del ministro della Funzione pubblica ci si può consolare considerando che di peggio ci sarebbe stata solo la distribuzione, porta a porta, dei pacchi di pasta. Anche se lì l’ego di Brunetta si sarebbe dovuto arrendere: con certi compagni di partito non ci si può mettere in competizione.