DalLavitola in giù

Quando non hai i soldi la gente non ti calcola più. Quando li avevamo, avevamo i centralini telefonici eravamo invitati ovunque e tutti ci volevano, quando siamo caduti in disgrazia a noi la gente non ci guardava più in faccia… lo dissi al Presidente, “sono stanca”… Io mi sono dovuta vendere tutto, dai vestiti, gioielli, orologi, borse…

Così Angela Devenuto in Tarantini spiega la sua caduta in disgrazia ai magistrati di Napoli. E’ l’ormai celebre interrogatorio in cui la signora, agli arresti, afferma che è molto difficile per lei campare con “soli” ventimila euro al mese. E in cui si manifesta in modo completo la storta filosofia del tarantinismo: io sono quel che guadagno, non importa come e perché.
La Devenuto in Tarantini è addolorata per il voltafaccia della “gente” che seguiva la sua scia di denaro, che sfilava elegante alle sue cene pantagrueliche, che ammirava i suoi gioelli. E in questo tragico risveglio c’è tutto il limite culturale, l’illogica concatenazione di concetti di un modo di vivere che ha nel sotto vuoto spinto il migliore contenuto. La vita imbastita di cose non nostre è come una scultura di ghiaccio, appena cambia il clima si trasforma, si appella alla materia primordiale, che sia fango o acqua. Se esistesse il brevetto della felicità l’invenzione non sarebbe di un miliardario, ma del suo opposto che vive di quello che ha, senza sprecare energie nel chiedere, ma godendo nell’ottenere. Del resto chiunque (o quasi) sa che per aumentare il livello di serenità basta incrementare il tasso di indipendenza.
Soldi disgraziati, amicizie interessate: cosa ci si aspetta da un mercato delle frequentazioni drogato dalla insana pulsione di essere tutto tranne che se stessi?
A tutti piace il denaro, però non tutti hanno disprezzo del denaro quanto chi non ha mai sudato per ottenerlo. La Devenuto in Tarantini  cade in crisi quando il sistema si è rimesso in equilibrio, azzerando i rapporti falsi e le complicità innaturali. Il mondo vero è quello in cui lei sta male, e il suo meravigliarsi è in fondo un risvegliarsi.
DalLavitola in giù ci sono solo incubi.

 

Procura calda

di L’Avvelenata

Oggi si è insediato il nuovo capo della Procura di Bari.
Una sede “calda”. Quella dove Tarantini e le escort berlusconiane sono al centro della nota inchiesta.
L’avvicendamento al vertice sarà di certo un fatto normale e magari stabilito da chissà quanto tempo.
Però non nego che mi piacerebbe avere conferma che sia così.

Patrizia, la Noemi maggiorenne

patrizia d'addario

C’è un dato incoraggiante nella vicenda della nuova Noemi: la femmina in questione è maggiorenne.
La storia la conoscete già: feste, festini, soldi, soldini, case, casini. Roba già vista.
Vi invito però a riflettere su un dettaglio del contorno. Ieri, quando il “Corriere della Sera” ha pubblicato la notizia, la maggioranza è andata all’attacco di Massimo D’Alema che domenica scorsa aveva profetizzato “scosse” per il premier Silvio Berlusconi. “Come faceva a sapere in anticipo dell’inchiesta?”, hanno tuonato Sandro Bondi, Ignazio La Russa e tale Denis Verdini (probabilmente il deputato in turno di guardia al Pdl, ieri mattina).  Eh sì, come faceva a sapere?
D’Alema dice di aver dato un semplice giudizio politico e di non aver anticipato nulla. Di sicuro, sapeva più di lui il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, pugliese, che di Puglia (la nuova inchiesta è della procura di Bari) parlava proprio nel suo comunicato di lunedì, quindi due giorni prima dello scoop del Corriere: leggete con attenzione.
Quindi, per capirci, Fitto, ministro di Berlusconi, era a conoscenza, prima degli altri, dell’indagine sul premier.
Domanda pleonastica.
Qualcuno farà notare questa imbarazzante coincidenza al primo onorevole del Pdl che capita a tiro di telecamera e microfono?