L’attimo

L’articolo pubblicato oggi su La Repubblica.

Nel più grande romanzo fantasy che sia mai stato scritto, “Alice nel paese delle meraviglie”, Lewis Carroll descrive l’eterno mistero dell’attimo facendo rispondere il Bianconiglio alla domanda “per quanto tempo è per sempre?” con la celebre frase: “ A volte, solo un secondo”. Di attimi è fatta la nostra vita e negli attimi si insinua la morte, nostra e del nostro universo, sparigliando le carte sul tavolo dell’esistenza. Nella tragedia di Catania, con un bimbo che muore nel chiuso di un’auto rovente perché dimenticato dal padre, l’orrore non si consuma nelle cinque ore in cui la vita abbandona il piccolo, respiro dopo respiro, nel parcheggio della cittadella universitaria, ma nel nanosecondo in cui la mente del padre cancella la presenza di quel figlioletto addormentato sul sedile posteriore. Nella nostra umana consapevolezza che tutto ha una causa ma nulla è evitabile possiamo tentare di trovare giustificazioni nello stress, nella routine, nella distrazione di un’era tecnologica, ma è solo una paradossale e disperata ricerca di conforto: perché noi siamo quel padre trafitto in eterno dalla colpa e non ci serve una ragione, ma una benda con la quale tamponare la ferita. E intanto facciamo fatica a confessarci che non siamo solo la biochimica che regola sonno e veglia, depressione ed euforia, ma anche l’eterea forza che ci spinge fuori dalla nostra orbita di razionalità. Siamo il piede che schiaccia l’acceleratore quando non ne abbiamo bisogno, siamo il battito di ciglia prima del passo fatale, siamo il pensiero che ci distrae quando non abbiamo pensieri. Siamo attimi senza padrone, che arrivano e se ne vanno senza che nessuno se ne accorga e ogni tanto intercettano il momento cruciale come angeli sterminatori. Prendono il tempo, lo rendono eternità di brandelli e spariscono, lasciandoci soli nell’inferno latente delle nostre vite.

L’amore insano per l’auto

L’articolo pubblicato su la Repubblica.

Ogni tanto a Palermo salta fuori l’emergenza traffico. Un’emergenza che non c’è. Una mistificazione o meglio un’invenzione dato che l’emergenza si sostanzia di circostanze impreviste e che il traffico è in realtà il tessuto connettivo della città, prevedibile e inesorabile come il florilegio di soluzioni che da decenni condisce ogni discussione sul tema. Più Ztl, più isole pedonali, più parcheggi, più semafori intelligenti, più targhe alterne, più mezzi pubblici, più multe, più telecamere e via addizionando. Il risultato è sempre lo stesso, un esercizio di retorica attorno al nodo del problema che riguarda il rapporto perverso tra il palermitano e l’automobile.

Gli ultimi dati, presentati dall’assessore Catania, ci dicono che otto cittadini su dieci si muovono in macchina (o in moto) per andare al lavoro, cioè ritengono che il vero cambiamento nella vivibilità di Palermo sia quello che devono affrontare gli altri. È un problema culturale, inutile girarci attorno. E ci sono le prove.

Basta analizzare la fenomenologia del parcheggio. Se il luogo da raggiungere è notoriamente una zona in cui posteggiare è impossibile, il palermitano non viene sfiorato dall’idea di mollare l’auto a casa e anzi parte lancia in resta alla conquista dello spazio negato. Un po’ come accade con l’immondizia abbandonata per strada, è tutta questione di chi fa il primo passo. Come il “sacchetto zero” figlia rapidamente (tipo abnorme riproduzione cellulare) una montagna di rifiuti, così la prima automobile abbandonata ad esempio al centro di una piazza, scatena una geometria complessa di lamiere in cui l’unico spazio vitale garantito è quello per il posteggiatore abusivo che si occupa di impilare i mezzi. Certe cose non si improvvisano, ci vogliono formazione, esperienza, caparbietà: cultura appunto.

Anche nello sguardo sdegnato nei confronti degli autobus c’è qualcosa di atavico, il marchio dell’indole. Secondo il mantra del palermitano automunito, il bus non si usa perché è lento e sporco. Lento e sporco di suo, secondo una logica blindata: non può esistere un bus veloce e pulito, è l’assioma. Il solo ammettere una lontanissima possibilità che da qualche parte, in una remota galassia dell’Amat, possa esistere un 101 nuovo nuovo rischierebbe di innescare un buco spazio-temporale dagli effetti catastrofici aprendo una sorta di stargate su un mondo terrificante dove quattro passi a piedi non uccidono nessuno e i divieti di sosta non sono un’offesa personale. No, meglio rimanere saldamente ancorati alla realtà e diffidare delle sirene della controinformazione secondo le quali se un autobus va a passo d’uomo forse la colpa è degli automobilisti che invadono le corsie preferenziali, e se magari è pure sporco probabilmente ci sarà chi lo usa come una pattumiera (oltre a chi non lo pulisce).

Ma l’effetto più interessante e recente che promana da questo fermento culturale è quello che riguarda i rapporti con le bici e i monopattini elettrici. Soprattutto i monopattini, la cui regolamentazione ha ancora molte falle ma i cui vantaggi in termini di eco-sostenibilità sono innegabili. Il palermitano odia i monopattini per motivi che si generano alla bisogna. Se sono in strada li odia perché sono lenti. Se sono sul marciapiede li odia perché sono veloci. Se sono sulle strisce, magari portati a spinta, li odia perché non sono ancora regolamentati e – lo giuro, è esperienza personale – non si ferma con l’auto, anzi tira dritto: come se in mancanza di una norma precisa ci fosse la licenza di uccidere.

“Lei non può circolare!”, mi ha urlato l’altro giorno una signora su un Suv mentre, distraendosi un attimo dal cellulare che aveva in mano, cercava di arrotarmi sulle strisce. Ero colpevole di monopattino abusivo. Il colpevole ideale per una palermitana ideale. 

Se il web fa arrossire la Sicilia

Oasi delle pergoleUn estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Certe vergogne siciliane hanno un problema di datazione: prima dell’avvento del web; dopo il web ma prima dei droni (detta anche Era di Mezzo); dopo i droni. La questione non è di poco conto e per capirne la reale portata serve qualche esempio.
Siamo in territorio di Realmonte, che per praticità di narrazione scegliamo come Comune ideale per raccontare di scempi ecologici e di tempi di reazione. Continua a leggere Se il web fa arrossire la Sicilia

Il Comune che brilla per indecisionismo

image

Un estratto dall’articolo di oggi su La Repubblica.

Pensavo fosse amore invece era una esse. Esse di sperimentazione. La Favorita, di cui il sindaco Orlando si dice grande estimatore, riapre al traffico nei fine settimana poiché l’esperimento di pedonalizzazione è stato dichiarato concluso. Il provvedimento della giunta, tipico caso di decisione presa a tentoni, ha subito vari rimaneggiamenti che probabilmente coincidono con le fasi umorali dei suoi estensori: prima indicava una fascia oraria, poi un’altra, prima prevedeva un corredo di manifestazioni, poi no. Il verde di tutti e la terra di nessuno. Una corsia aperta, l’altra chiusa.
Esse di socchiusa. Continua a leggere Il Comune che brilla per indecisionismo

La piccola idea della piccola Favorita

pulle 1

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

La chiamano Piccola Favorita, ma sembra già un’esagerazione. Il primo assaggio di ciò che, secondo il Comune di Palermo, dovrebbe diventare il grande parco senza le auto è importante solo perché si tratta di un atto di buona volontà. Per il resto basta un numero, 380. Rappresenta la lunghezza in metri della strada che dovrebbe essere chiusa al traffico in questo antipasto di pedonalizzazione: la bretella che da viale Ercole, all’altezza della grande curva che si percorre tornando da Mondello, porta alla Palazzina Cinese. Certo, è incoraggiante sapere che con meno di 400 metri di asfalto sottratto alle automobili si ottiene un anello pedonale che, nelle intenzioni dell’assessore al Verde, dovrebbe essere di quasi tre chilometri. Un po’ meno lo è apprendere che per aprire due cancelli, migliorare la pavimentazione, “eliminare qualche palma morta” e consegnare la Piccola Favorita ai palermitani ci vorranno almeno due mesi, manco si dovesse tirare su uno svincolo autostradale.
Il Comune pare finalmente deciso a intervenire sul destino della Real Tenuta, poco real e mal tenuta al punto da mostrarsi in tutto il suo stato di abbandono persino all’occhio elettronico di Google Earth, le cui immagini tramite Street View raccontano in mondovisione il verde nostrano sfregiato dalle immondizie e ritraggono persino un paio di prostitute al lavoro (vedi foto sopra). Continua a leggere La piccola idea della piccola Favorita

Pisapia scorreggia in ascensore

Su Twitter c’è una esilarante raccolta di false accuse a Giuliano Pisapia.