La crisi italiana e il fattore Minetti

Il problema dell’economia italiana sembra essere esclusivamente il mercato del lavoro. Come se una maggiore libertà di licenziare fosse cruciale per le sorti della nostra economia.
Ovviamente, e per fortuna, non ci crede nessuno. Però è molto pericoloso che un governo tecnico – ergo di emergenza – cerchi di mettere le mani dove un governo eletto si è/è stato fermato.
Perché, a pensarci bene, la gestione dell’emergenza non prevede stravolgimenti epocali quando si è in presenza di sprechi conclamati. Che, lo sanno anche i marciapiedi, coinvolgono il palazzo e i suoi inquilini.
Quindi prima di curarsi del metalmeccanico cominciamo col dire – senza peli sulla lingua – che un Trota Bossi o una Nicole Minetti non possono guadagnare impunemente oltre diecimila euro al mese, benefit esclusi. Non è una questione di tassazione, ma di decenza. Un paese civile, dove il cielo non sta al posto della terra e viceversa, non può sopportare che due inetti, in virtù di amicizie o parentele, godano di privilegi immeritati. Qualche stolto dirà: è la legge della democrazia. Stupidaggini: è la legge elettorale italiana, figlia del nepotismo e madre della corruzione, a generare simili aborti.
Quindi quando un governo, tecnico o meno, decide che la soluzione di un problema passa attraverso il deretano di un operaio o di un impiegato è giusto interrogarsi su quel che si sta tralasciando.
Il culo degli altri è la destinazione ideale delle aspettative di una società che ha bocca e non voce, forza e non attributi. Una società di ipocriti. La società di Trota Bossi e di Nicole Minetti al governo.