Almeno da morto

L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore

Gary Coleman ci ha lasciati. Dovrei precisare che Coleman era Arnold, il piccolo afroamericano che ha fatto sorridere e piangere molti di noi nella serie televisiva degli anni ottanta “Different Strokes” (in Italia tradotto variamente come “Harlem contro Manhattan” e “Il mio amico Arnold”).
Ma a questo ci pensano già giornali e telegiornali con i soliti e vari “Addio Arnold”, “Il piccolo grande Arnold”, “Ciao, Arnold”. Un luogo comune dei media che mi suona indigesto, come l’abusato “angelo volato in cielo” che accompagna quasi tutte le cronache tv (e non) che riguardano vittime minorenni di abusi, omicidi e incidenti. E’ tuttavia noto che al signor Coleman, come a molti dei giovani protagonisti della serie, la fama di “Different Strokes” non ha reso un buon servizio, tra deragliamenti esistenziali, crimini e persino un suicidio. Detto questo, mi viene da pensare che il signor Coleman di Arnold non ne potesse più: al punto da aver aggredito un’anziana fan che, sotto le vesti di posteggiatore di un’area commerciale (ultimo lavoro conosciuto di Coleman), aveva avuto il torto di riconoscere il piccolo, tenero Arnold. Così, lancio un appello. Almeno da morto, risparmiategli Arnold. Chiamatelo Gary.