Col rimedio in tasca (altrui)

C’è un conduttore televisivo che fa il pieno di ascolti nella tv pubblica anche se è arrogante e antipatico e non piace al governo però fa guadagnare molti milioni di euro alla Rai e anzi dà il meglio di sé quando è più attaccato dalla sua stessa azienda, e logica imporrebbe che se proprio non si potesse fare a meno di criticarlo gli si blindasse il contratto in modo da godere per più tempo possibile dei vantaggi economici che procura, e invece l’azienda pubblica se ne libera con un sospiro di sollievo come se rinunciare a un programma di punta fosse un motivo di vanto e nessuno dei burocrati della succitata azienda si preoccupa del danno economico perché si è già trovato il rimedio che come al solito era ben nascosto nelle tasche degli italiani, compensare il mancato introito con un aumento del canone Rai.

Vai Masi, vai…

Il fatto che  Masi vada a combinare guai lontano dalla Rai è una notizia che dovrebbe riempire di gioia innanzitutto gli elettori di centrodestra. Perché i danni peggiori l’ormai ex direttore generale della radiotelevisione pubblica (pubblica?) li ha causati al sistema nervoso dei simpatizzanti del suo stesso schieramento, quel Pdl che Masi ha ciecamente e ridicolmente servito. Non c’è nulla di più scocciante che vedere affidate le proprie legittime istanze agli sconsiderati: mi metto nei panni di un estimatore del Pdl.
Masi si è impegnato, con ammirevole imperizia, a perorare cause importanti, come quella del contraddittorio in tv, con metodi da Corrida (non la manifestazione spagnola, ma il programma televisivo italiano). Un dilettante allo sbaraglio con stipendio a sei zeri.
Quando ha balbettato in diretta con Santoro, conduttore sgradito alla coalizione di cui Masi è umiliato (e umiliante) alfiere, gli ha regalato il trionfo dell’Auditel. Qualcuno avrebbe potuto pensare che tutto era architettato per portare acqua al mulino della Rai e avrebbe peccato di ottimismo perché un’altra telefonata,  stavolta fantozzianamente bavosa, a un’altra trasmissione – L’isola dei famosi di Simona Ventura – ha invece segnato un declino di ascolti.
Insomma Masi scimmiotta il suo idolo, il Gran Telefonista per eccellenza, senza riuscire a ottenere lo stesso profitto. Promette scintille ai poveri elettori di centrodestra e produce solo flatulenze mediatiche. Che fanno ridere sì, ma alla fine che sollievo quando si cambia aria…

Il flop dell’Isola di Masi

Dando un’occhiata agli indici di ascolto delle principali trasmissioni televisive, il direttore generale della Rai avrebbe tutti gli strumenti per mettere a punto normalissime strategie aziendali. Probabilmente però Mauro Masi se ne infischia di quello che vogliono i telespettatori, perché altrimenti non ci sarebbe motivo di dar tanto credito a Simona Ventura (addirittura chiamandola e lodandola in diretta).
E allora guardiamoli noi, al posto suo, questi indici di ascolto.
L’Isola dei famosi del 2 marzo ha fatto 3.373.000 spettatori, col 12.76% di share.
Il giorno dopo, giovedì 3 marzo, Annozero ha totalizzato 5.677.000 spettatori,  21.23% di share, mentre Ballarò il primo marzo aveva fatto 4.890.000 spettatori, col 17.77% di share.
Per quanto riguarda la fiction, Come un Delfino con Raoul Bova su Canale 5, il  2 marzo ha fatto 7.345.000 spettatori, cioè il  27.09% di share.
Atelier Fontana – Le sorelle della moda, su Raiuno il 28 febbraio scorso è stato visto da 8.894.000 spettatori (29.92% di share).
Ciò significa che il programma preferito di Masi, l’Isola dei famosi, pur costando molto rende poco. In un’azienda senza padrini e mammasantissima verrebbe sospeso immediatamente. Con quel che ne consegue.

Grazie alla Contessa.

Rai, equilibri ed equilibrismi

Il nuovo piano per “democraticizzare” la Rai prevede la rotazione dei conduttori, una prima serata a quello di sinistra, una a quello di destra, uno a quello di centro e così via.
Il concetto che passa è quello dell’equilibrio, ma in realtà dovrebbe essere quello dell’equilibrismo. Da abbonato Rai non me ne frega niente della patente politica del giornalista o del presentatore. A me interessa la qualità di un programma, nient’altro.  Vedere in tv gente moderata che non sa che caspita dire davanti a una telecamera (basta fare un po’ di zapping nel pomeriggio) è umiliante. A certi trombonazzi della politica importa solo che sia rispettata la par condicio, ma se poi si uccide la professionalità non accade nulla di grave. C’era un famoso giornale, specializzato in figure ridicole, che più di una volta attaccava i suoi articoli con la replica a un’accusa che ancora il lettore non conosceva. Ecco, la Rai di domani sarà così: piena di anti-Santoro che infarciranno il palinsesto di anti-Annozero e che non diranno nulla di particolare, ma lo faranno con grande equilibrio.

Le regole di Masi

Il direttore generale della Rai Mauro Masi ieri ha telefonato in diretta a Simona Ventura per dire che non si dissocia dall’Isola dei famosi, perché a differenza di Annozero rispetta le regole aziendali.
Ieri l’Isola dei famosi ha avuto 3.101.000 spettatori, col 12,36% di share.
La puntata “incriminata” di Annozero invece ha avuto 7.087.000 spettatori, col 25,72% di share.
Nelle regole aziendali di Masi evidentemente non c’è il buon profitto e il culto del risultato.

Grazie alla Contessa.

Il berretto rosso

Ieri sera, ad Annozero, mi ha colpito un’immagine. Era nella copertina dedicata agli scontri tra polizia e manifestanti ad Arcore. C’era un anziano alla testa del corteo, con un berretto rosso e le mani alzate. Si muoveva tra gli agenti, che – mi dispiace scriverlo – sembravano ringhiare come cani rabbiosi al guinzaglio di un padrone aizzante, e le persone che protestavano.
Sempre con le mani alzate, si è preso certe mazzate da brivido. A un certo punto l’ho perso di vista, le immagini erano confuse con gli obiettivi che sciabolavano tra manganelli e visi stravolti. Ma lui invece era sempre lì, con le mani alzate e coi manganelli addosso. Solo che non aveva più il berretto rosso.
Io quell’uomo lo abbraccio virtualmente, adesso.

LSD, Lodiamo Silvio Dominante

Vediamo di chiarirci le idee. C’è un’emergenza in questo Paese e tutti sappiano come si chiama, quanti anni ha e quali sono i suoi vizi(etti). Eppure in Parlamento un ministro sino a ieri non troppo presente ha animato una discussione sulla casa a Montecarlo del presidente della Camera al quale non è stato sinora contestato alcun reato, mentre nessuno si è rischiato a mettere sul tappeto come si deve la situazione di un premier plurindagato per reati gravissimi.
In tv c’è un patto tacito per edulcorare le vicende scomode del suddetto premier e diluire i fatti, quelli veri, con le cazzate, anch’esse purtroppo vere. L’altra sera l’ineffabile Emilio Fede, mentre venivano resi noti i verbali che lo vedevano coinvolto nel Rubygate, anche come presunto truffatore del premier, discettava di economia e cronache insulse.
Poi arriva un folle come Michele Santoro che tocca il record di ascolti facendo quello che gli altri non fanno, cioè parlare di ciò di cui tutti parlano ovunque fuorché in televisione, e cosa accade? Che il direttore della Rai, cioè colui il quale dovrebbe essere più soddisfatto per il brillante risultato, si dissocia pubblicamente da Santoro durante la trasmissione del Santoro medesimo.
A Pirandello verrebbero le vertigini.
L’Italia di oggi – mi pare che il succo sia questo – è una nazione lisergica: tutto è falsato, non c’è un solo rapporto causa-effetto che vada in porto in modo consono.
Il premier puttaniere e concussore è un eroe perché uno a casa sua può far prostituire chi vuole e, se telefona per far liberare una minorenne non proprio onestissima dicendo il falso, lo fa per bontà d’animo… padre, figlio e spirito santo.
Il direttore biascicante della Rai recita, davanti a milioni di telespettatori, una dissociazione da una trasmissione che se davvero fosse illegale dovrebbe far chiudere con uno schiocco di dita. Nessuno gli ha ancora detto che, alla Rai come nel tinello di casa, più della poltrona valgono i coglioni.
Mentre il conduttore tv si diverte, con abilità, a fare il capopopolo, noi tutti aspettiamo di riprendere conoscenza, schiavi come siamo, ogni giorno, di una nuova dose di intercettazioni orgiastiche.

P.S.
Oggi ho pagato il canone Rai e sono in grado di dire che uno come Masi andrebbe cacciato via a calci nel sedere per manifesta incapacità. Un abbonato ha sempre il posto in prima fila anche per fischiare.

Fiat tax, et tax fuit

Un’azienda italiana che produce auto col sussidio dello Stato, che è sopravvissuta al ciclone di Tangentopoli e a certe scelte interne fallimentari, si sveglia un giorno nuda e pura e decide di far valere i propri diritti di azienda nazionale, orgogliosa e cazzuta, quindi chiede venti milioni di euro ad Annozero per aver parlato non troppo bene di una sua autovettura e giura che quei soldi, che saranno devoluti in beneficenza, sono dovuti perché è stata lesa l’immagine e l’onorabilità dei suoi dipendenti (che non sono nemmeno italiani, ma dell’est europeo), quindi il nuovo piano della Fiat consiste nel farsi finanziare campagne di investimenti all’estero dalla televisione di Stato italiana, facendo finta di essere vittima di chi è in realtà la vera vittima, praticamente una sindrome di Stoccolma alla rovescia.

Contraddittorio zero

Ieri i telegiornali hanno dato conto della colorita replica del nostro premier alle nuove accuse di reiterata disinvoltura sessuale (con minorenni).
Come al solito, il raffinato Berlusconi se n’è uscito con una battuta. Della serie: non replico e faccio come Annozero, cioè contraddittorio zero.
Tutti a ridere con lui, Bertolaso in testa; molti a indignarsi, nel resto del mondo.
Anche i bambini conoscono la differenza tra la televisione e la politica. Il primo è il mondo del relativo (ma non diteglielo così ai bambini sennò vi guardano male), il secondo è il mondo dell’assoluto.
Mai sentita una verità in tv, mai visto un dubbio sulle labbra di un politico.
Quando il premier godereccio si rifiuta di rispondere alle domande dei giornalisti, offende innanzitutto i suoi elettori, poi tutti gli altri (dei quali gli importa poco, ma che esistono). E il paragone con una trasmissione giornalistica è uno strafalcione logico di cui, in un paese civile, gli si dovrebbe chiedere conto in Parlamento.
I giornalisti e i politici non hanno niente in comune, e per fortuna. Sono distanti negli articoli di legge, nella somma Costituzione, nei contratti e nei privilegi. Se Santoro non rispetta il contraddittorio (berlusconiano) – una regola discutibile perché imposta con clausole che sono state studiate proprio per essere impossibili da rispettare – può andare incontro a una sanzione. Se non lo rispetta il capo dell’esecutivo, c’è un tetto che si sbriciola sopra le nostre teste. Ed è il tetto sotto il quale alberga una cosa che si chiama democrazia.

Punite Santoro, non me

C’è un solo motivo per cui la punizione di togliere Michele Santoro dalla tv per due settimane è oggettivamente ingiusta. Il bersaglio. Io ad esempio.
In tv vedo praticamente solo Annozero (più Report, più ogni tanto Fazio). Se mi levano Santoro, che si può amare o odiare senza troppo spreco di sentimenti, mi levano un prodotto che pago. E siccome non ho fatto niente per meritarmi una simile ingiustizia aderisco all’appello che ieri il conduttore di Annozero ha fatto in apertura di programma quando ha chiamato i telespettatori a pronunciarsi contro il provvedimento.
Se Santoro ha sbagliato, gli prendano una multa, lo crocifiggano in sala mensa, lo frustino con cuoio della D’Addario, ma non mi taglino la programmazione che mi spetta. E’ come se al ristorante, dopo aver pagato in anticipo il conto (che è già una bella enormità), mi sflilassero da sotto il naso la portata principale ancora intonsa.
Al limite lo condannino a un surrogato di lavori forzati: tre puntate alla settimana, sulla rete uno, con il traino del Tg di Minzolini.
Una mission impossible. Per la vicinanza a Minzolini.