Filosofia (spiccia) del buon gusto

Se c’è un vero stravolgimento legato alla relazione tra social network e vita reale, è legato al modo con cui il nostro passato scorre nelle timeline. Partiamo da un link di cronaca e da una domanda. Il primo rimanda – piccolo esempio in un mare di episodi analoghi – alla scoperta pressoché quotidiana di post del neo assessore alla cultura della regione siciliana in cui si esprimono giudizi e linee di pensiero che cozzano con la buona creanza (e persino con la coerenza politica). La domanda invece è: oggi gli attimi fanno la storia?

Qualche mese fa, ne ho scritto qui, nel cercare di (re)censire la fuffa del web parlai dei lavori su media ed etica dell’israeliano Hagi Kenaan, il quale sostiene che l’occhio ha ormai raggiunto uno “stato di morte clinica” a causa di ciò che definisce “estetica dell’appiattimento”. Risultato, la responsabilità etica è la prima vittima dell’appiattimento: secondo Kenaan dal pudore al semi-pudore è solo un passaggio tecnico, con quel che sul web ne consegue. Ciò influisce pesantemente sul meccanismo della deresponsabilizzazione che, nei social, è la principale causa di guai.

Quando scriviamo un giudizio avventato, quando ci schieriamo senza aver ben ponderato, quando condividiamo alla cieca, quando cercando disperatamente di essere noi stessi in un’altra dimensione ci ritroviamo a essere la controfigura eroica di un personaggio anziché di una persona, ci dimentichiamo che stiamo comunque incidendo una frase su un muro pubblico (tipo “A&B uniti per sempre”). E che quel muro non è solo lavagna, ma anche sfondo per un plotone d’esecuzione.

Pensare di poter pensare pubblicamente senza pagar dazio, soprattutto a dispetto dei tempi che cambiano, è da sprovveduti. Chiunque, spiando nella cronologia dei nostri account, può trovare frasi e concetti che magari stridono con la situazione attuale. E non è uno scandalo perché la macchina del tempo non è ancora stata inventata e il fatto che le cose cambino non esclude che le persone si accodino.

Ma il buon gusto e i cosiddetti fondamentali non si discutono.

Esistono dottrine, parametri, idee che resistono ai refresh e agli aggiornamenti di sistema. I cosiddetti errori di gioventù sono la visione romantica dei moderni epic fail. Però a tutto c’è un limite, anche in quest’epoca senza apparenti limiti.     

Incontrovertibile

L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.

La parola del giorno è: incontrovertibile. E mi sovviene dal sovrapporsi di due notizie. Una riguarda il neo assessore regionale alla Cultura Alberto Samonà che, in un suo libro di molti anni fa, cita quantomeno con eccessiva leggerezza letteraria le SS (non credo che inneggi, ma di certo offre il fianco a chi ha il difettuccio di odiare il fascismo e i suoi nauseabondi surrogati): soprattutto nell’era in cui la memoria di cui difettiamo quando si tratta di riconoscere meriti si acuisce, magari a mezzo social, per ripescare scivoloni e cadute di stile. L’altra riguarda il direttore del parco archeologico della Valle dei Templi Roberto Sciarratta che, con la sua sedia a rotelle, ha fatto in modo (e verificato personalmente) che il parco sia perfettamente accessibile anche a chi ha difficoltà di deambulazione. L’abbattimento delle barriere architettoniche è da sempre considerato un optional nella nostra società e il fatto che ci sia bisogno di un dirigente in carrozzina per elevare il nostro grado di civiltà, ci mette dinanzi a un’evidenza sulla quale dovremmo riflettere tutti: la disabilità è un modo ingegnoso di vivere, quindi in molti campi rappresenta una competenza in più.

Sono due temi, due ambiti, due scenari diversi, certamente. Ma con un denominatore comune: quando si parla di amministrazione della cultura bisogna sempre tener conto che si maneggia qualcosa di prezioso, addirittura pericoloso se usato maldestramente. Per troppo tempo le politiche culturali sono state affidate ai venti termici delle segreterie di partito, qui più che altrove giacché qui più che altrove un museo o un teatro non sono visti come luoghi di comunità, ma come luoghi di spartizione e/o elargizione: cioè l’esatto contrario della loro natura.  Ecco perché quell’incontrovertibile. Perché dal raffronto di queste due notizie forti, mi è sorta l’esigenza di una garanzia di incontrovertibilità. Che in un caso c’è, ed è evidente. Nell’altro no.