La prossima volta, una telefonata

di Tanus

Ecco l’ultima uscita del capo: la mafia e la camorra sono famose grazie a “La Piovra” e a “Gomorra”.
Peccato che, come gli ha ricordato Michele Placido, le sue reti abbiano contribuito all’infame causa con fiction come “Il Capo dei Capi” e “Ultimo”.
Per quanto riguarda “Gomorra” non passerà inosservato un dettaglio: il libro è edito da Mondadori.
E sapete di chi è la Mondadori? Sicuramente .
Insomma anzichè una pomposa dichiarazione pubblica sarebbe bastata una telefonatina a Piersilvio e Marina.

Armiamoci e partite

Da Repubblica.it.

Lombardo e il libro mastro

Torna a galla la vecchia storia del “libro mastro” delle raccomandazioni di Raffaele Lombardo.
La notizia è che non c’è nulla di nuovo, sempre dello stesso elenco del 2008 si tratta.
Solo che qualche giorno fa, durante la sua pièce all’Ars, il governatore ha detto: “Non ho mai accettato raccomandazioni”.
Frase molto impegnativa per un politico. E non perché non esistano politici virtuosi, ma per via della stessa natura del rapporto tra elettore ed eletto, alle nostre latitudini: è molto raro che l’appoggio e la protezione per qualcuno restino distanti dal mercato dei voti. C’è chi si muove sui binari della legalità e chi deraglia. Chi stempera tutto in un generico “interessamento” e chi mette mano al portafogli. Chi ha la volontà di risolvere casi umani e chi ha una propensione per i casini disumani.
Siccome Lombardo è un pesce di questo mare, dovrebbe stare più attento a dichiarare. Le reti della cronaca non hanno maglie larghe.

Uno o lavora o guarda la tv

Saranno quelli ai quali il suo capo ha trovato un lavoro.

Si torna al tergicristallo

Pare che il vicesindaco di Palermo abbia dichiarato guerra ai lavavetri.

La sveltina di Bertone

Il cardinale Bertone ha risolto un problema millenario con una sveltina dialettica: la pedofilia non c’entra niente col celibato, ma ha a che fare con l’omosessualità.
La dichiarazione è troppo bassa persino per il più scalcinato dei Bar dello sport: il calcio e la Formula Uno sono una cosa seria in confronto a Bertone, che pure ha un cognome automobilistico.
Sul tema della pedofilia, la Chiesa dovrebbe stare molto attenta in quanto sorvegliata speciale. Eppure l’arroganza medioevale con la quale il Vaticano gestisce le proprie debolezze/nefandezze è il segnale inequivocabile di un cortocircuito democratico: nelle nostre lande la presunzione di innocenza cancella ogni evidenza di colpevolezza per ricchi, politici e porporati, mentre accade esattamente il contrario per volontari, benefattori e coraggiosi.

Scusate se divago per quattro righe, ma vedere Bertone e tutti gli altri parrucconi che discettano nel nome di Dio e assistere, nel contempo, alla demolizione di Emergency in Afghanistan mi blocca la digestione (per non dire altro).

C’è in Italia un appiattimento dell’elettroencefalogramma pubblico. In un qualunque altro Paese, tipo la Francia, le frasi di un Bertone avrebbero suscitato una riposta ufficiale: dello stato laico, della comunità scientifica, degli intellettuali. Una cosa misurata, tipo: “Ma che cazzo sta dicendo? Torni al silenzio della sua comunità omertosa e non s’immischi nella vita delle persone civili”.
Invece poco o niente.
Alla fine qualche parroco di buona volontà si è arrangiato a dire che, in fondo, non sono molti i casi di preti pedofili rispetto alla stragrande maggioranza di preti onesti.
Una Chiesa davvero illuminata dal Signore non sarebbe mai arrivata a tanto, perché si sarebbe mostrata contrita, pentita e umiliata persino da un solo caso, uno solo, di pedofilia. Ripeto: un solo caso sarebbe dovuto bastare per scatenare una cerimonia di pentimento globale, un continuo sbattere di ginocchia sul terreno dalle chiese di Lima alla parrocchia di Canicattì, dalle cattedrali della Norvegia alle missioni dello Zimbawe.
Perdonaci o Signore.
E giù con le rotule.
Perdonaci o Signore.
Ancora rotule.

Non c’è percentuale di rischio accettabile per un reato ignobile come la pedofilia, commesso nel modo più ignobile dal più ignobile degli infedeli. Anche lo zero virgola zero zero zero zero uno periodico è una cifra pesante sulle spalle di un Papa che meriterebbe una mozione di sfiducia (il termine deriva alla parola fede, guarda un po’) e invece sta lì a blaterare di tutto ciò che non lo riguarda, come un vecchio portinaio rimbambito che non risponde più neanche al citofono e si impiccia nei fatti di tutti i condomini.

Che il Principale, quello vero, ci ascolti.
Lode a lui.

I cacciatori, la classe emergente

In un Paese che frana tra inchieste e scandali, che annega nei debiti, che ha gravi problemi di criminalità, che vede l’aumento dei senzalavoro, che ha più coda che capo, c’è ancora gente in Parlamento che lavora per la durata della stagione venatoria. Sì, i cacciatori sono la classe emergente di questo Paese di polli (ai quali notoriamente non c’è bisogno di sparare).
Lo scrivo con tutta la disistima nei confronti di chi ha impiegato i miei soldi per un simile scempio.

Lombardo e il lombardo


Senza i nomi, il discorso è risultato floscio. Raffaele Lombardo ha deluso le aspettative di chi voleva i fuochi d’artificio, e sull’arena ha lasciato solo quattro fiammiferi bruciacchiati.
La partenza è stata da sbadiglio. “Non ho ancora ricevuto un avviso di garanzia”, ha tuonato. Persino l’ultimo degli studenti di giurisprudenza sa che quando c’è di mezzo un’accusa di mafia, le procedure a tutela dell’indagato possono non essere quelle ordinarie.
Poi il governatore ha intonato un refrain berlusconiano: “Questo governo ha dato i veri colpi alla mafia”. Altro sbadiglio.
La ricostruzione di un complotto universale contro lui e i suoi assessori ha impegnato tutto il resto della pièce. In pratica, Giuseppe Firrarello e Franco Viviano, i vertici di Repubblica e quelli dei Ros, il boss Santapaola e Salvatore Torrisi (suo avversario politico del Pdl), Braccobaldo e la Banda Bassotti sarebbero pedine in uno scacchiere in cui lui, Lombardo Raffaele nato puro e braccato dalle forze del male, è il re da decapitare.
Perché?
Perché è bravo. O è scomodo. O è bravo e scomodo.
La presunzione di elargire una verità spacciandola per la verità è un errore non politico, ma di comunicazione. Il politico infatti usa il semplice metodo del “dire a proprio vantaggio”: basti pensare a un qualunque comizio elettorale.
Il comunicatore deve invece illudere gli ascoltatori col metodo del “dire per l’altrui vantaggio” anche quando parla esclusivamente di sé.
Lombardo ieri ha annoiato mortalmente come politico perché aveva annunciato un’esibizione da comunicatore.
Gli unici nomi che ha fatto erano quelli che da giorni abbondavano sulle pagine dei giornali.
Solo che li ha pronunciati con un’enfasi lodevole per effetto.
In Italia c’è un solo uomo che è in grado di ammaliare le folle promettendo e non mantenendo, trasformando in coraggio la propria faccia tosta, chiamando complotti le manifestazioni di dissenso.
E quell’uomo non è Lombardo.
Ma lombardo.

Bravo

Salvo Toscano è finalista al premio Zocca per il migliore romanzo scritto da un minore di anni 35.

Metti che Lombardo…

Dunque Raffaele Lombardo oggi pomeriggio sarà chiamato a rispondere, oltre che della propria integrità morale, soprattutto della propria arte di comunicatore. Un’arte della quale, a dire il vero, finora non si è dimostrato pratico. Ma gli uomini sono anche gli eventi che innescano e la promessa di fare nomi e cognomi in tema di mafia e politica è una discreta trovata per rilanciarsi mentre si è incudine sotto il martello della giustizia.
Analizziamo in breve quali sono gli scenari.
1)    Lombardo va in aula e fa realmente i nomi. Domande spontanee. Perché non li ha fatti prima? Perché ha aspettato di essere indagato per concorso esterno in mafia per dire quello che sapeva? Parla forse per ritorsione?
2)    Lombardo va in aula e parla in lombardese. Non fa i nomi, ma lascia intendere di sapere più di quanto molti altri sappiano. Domande spontanee. Uno come lui, nella scomoda posizione di indagato, si mette a fare il furbetto, quello che manda a dire, come un qualunque picciotto col pepe nel posteriore? E poi questi messaggi non si affidano solitamente alle vie private, tramite gli amici degli amici?
3)    Lombardo va in aula e racconta la favola dei nomi fatti alla magistratura e solo alla magistratura. Domande spontanee. Perché ci ha fatto perdere tempo? Non era meglio dedicare la seduta dell’Ars alle solite leggi per pochi nell’indifferenza di molti? Stai a vedere che Cascio ci aveva visto giusto?
4)    Lombardo non va in aula. Domande spontanee. A che ora lo sono andati a prendere? Per le arance da portare, meglio tarocchi o brasiliane?

Qui la diretta.