Se il cretino ha mano libera

Si continua a dibattere sul valore di internet e delle notizie che viaggiano nel web. Discussione oziosa, secondo me: le informazioni utili e i cronisti e/o blogger bravi si distinguono dalle panzane e dai propalatori di panzane, qualunque sia il supporto utilizzato.
Sono temi sui quali, in questi anni, ci siamo confrontati sino allo sfinimento.
Ora sarebbe piuttosto il caso di discutere della violenza verbale che anima i commentatori di forum, blog e siti vari. Come se la presunta democrazia del web autorizzasse chiunque a scavalcare la cancellata del vicino per prenderlo a schiaffi solo perché i fiori del suo giardino hanno un colore che non si intona con quello della casa.
Non so cosa ne pensiate, ma io ritengo che questo sia un tema importante: i cretini non possono prendere il controllo della situazione solo perché il mezzo telematico dà loro mano libera.

Bastava telefonare a Biagio Conte

Ovunque è un fiorire di articoli e commenti sulla anziana signora, senzatetto e forse con qualche problema psichico, che ha spogliato l’albero Falcone. Ho letto toni di sollievo per il fatto che la mafia non c’entrava e toni enfatici per il fatto che, non entrandoci, la mafia non era riuscita a intaccare la traballante volontà della signora.
Alla fine, un monumento alla lotta alla mafia è stato oltraggiato senza che ci fosse qualcuno a sorvegliare.
Un monumento è di tutti, non servono guardie armate intorno. Se uno vede un altro che lo danneggia, chiama la polizia, interviene, grida, telefona.
Invece qui sono trascorsi giorni in cui l’apparato istituzionale si è messo in movimento per stigmatizzare, dichiarare, porre in essere.
Sarebbe stato sufficiente il fischio di uno dei vigili urbani a passeggio per via Notarbartolo (ce ne sono tanti, ogni giorno, che non fanno un tubo). Invece si è arrivati al presidente della Repubblica.
C’era sin dall’inizio il filmato della clochard: bastava dirlo subito. E magari telefonare a Biagio Conte.
Solo che così non si sarebbe potuta scatenare l’indignazione prêt-à-porter di cui molti hanno bisogno fisico, come di un tiro di cocaina.
Non è solo la mafia che ci procura danni, ma anche la disattenzione verso i nostri simboli. E, quel che è peggio, basta la prima psicolabile di passaggio a scatenare il finto panico.

Tre tigri contro tre tigri

Il Giornale di Berlusconi attacca Fini che aveva attaccato Berlusconi, ma Berlusconi difende Fini dall’attacco del Giornale di Berlusconi medesimo.
Più che una notizia è uno scioglilingua.

Effettivamente

Pare che domenica scorsa a Palermo una cerimonia di cresima con centinaia di persone sia stata rinviata di mezzora per attendere l’arrivo dei più illustre degli invitati, il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo.
Pare che a Lombardo sia stato riservato un posto in prima fila.
Pare che il prete gli abbia dedicato l’omelia, per compattare il gregge di Dio attorno all’uomo ingiustamente accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Lombardo ha replicato duramente spiegando:
1)    Di essere effettivamente andato alla cresima.
2)    Di essere effettivamente arrivato qualche minuto prima dell’inizio della cerimonia.
3)    Di aver avuto effettivamente un posto in prima fila.
4)    Di aver effettivamente ascoltato un’omelia nella quale si parlava di lui.

Lilt Palermo, 97144900822

I miei genitori sono due volontari da sempre in prima fila nel campo della lotta contro i tumori (mio padre oltretutto è oncologo). E mi ricordano che anche quest’anno la Lilt, Lega italiana per la lotta contro i tumori, ha bisogno di fondi per fornire i suoi servizi.
Io ho preso un appunto per il mio cinque per mille: Lega italiana per la lotta contro i tumori, sezione di Palermo, codice fiscale 97144900822. L’ho preso anche per voi, eh.
Vi ringrazio di cuore.

L’albero Falcone, i fogli e le foglie

L’indignazione prêt-à-porter per l’oltraggio all’albero Falcone meriterebbe come minimo un convegno (al quale mi piacerebbe partecipare, anche come cameriere). Invece viene liquidata dai media come la reazione a un fatto di cronaca: come un evento e non come un fenomeno.
Ebbene, secondo me, dietro c’è molto altro.

C’è l’affezione comoda al simbolo più comodo. Un albero non è – per esempio – una scuola, non c’è bisogno di mantenerlo, non costa nulla e vale tantissimo in termini di ritorno d’immagine. Non a caso l’albero Falcone è il ritrovo ideale per politici di ogni stagione. In un luogo del genere le fedine penali dovrebbero valere più delle cariche istituzionali, eppure la coltura estensiva della memoria a buon mercato fa tali miracoli che nemmeno la più truce riforma berlusconiana potrebbe eguagliare. E poi i morti non possono protestare.

C’è un costume furbo di mostrarsi senza schierarsi. Davanti all’albero Falcone chiunque gode dello status di rifugiato antimafioso senza dover dimostrare nulla fuorché la propria presenza. Non è richiesta un’opinione, men che meno un’intenzione.

C’è l’usurpazione di un passato che è di tutti, ma non per tutti. Falcone e Borsellino appartengono alla nostra storia ma, è bene ricordarlo, non sono – e non sono mai stati – un modello universale. Tra quelli che passeggiano sotto l’albero di via Notarbartolo ci sono ancora mandanti più o meno occulti ed esecutori più o meno coperti di delitti che hanno rischiato di radere al suolo le nostre speranze.

C’è infine una certa antimafia casual, figlia dell’anti-antimafia degli anni ’80 che contrastava la Primavera di Palermo e flirtava coi poteri forti ancora (e per poco) non insozzati di sangue. Esiste un’ampia pubblicistica al riguardo, basta andare a consultare le collezioni del Giornale di Sicilia degli anni Ottanta: dalla signora che protesta per le sirene delle scorte, alle campagne di stampa contro i metodi del pool antimafia orchestrate dai soliti noti.

Il titolo del Gds ieri, a proposito di quello che veniva definito “misterioso assalto all’albero Falcone” era: “Sfregio alla città”.
Per lo sfregio alla civiltà scrivere al direttore.

Un sussurro: forza Palermo


Weekend a casa di amici al Nord.
Sabato sera si riesce a trovare la pizzeria adatta. Adatta nel senso che ha un televisore sintonizzato su Sky Sport. Palermo-Milan non si può perdere.
Solo che il locale, oltre ad avere una tv troppo piccola per le mie diottrie, è anche un ritrovo/ricovero dei membri di un Milan Club locale.
Pazienza (che fa rima con prudenza).
Prendiamo posto. Al nostro tavolo siamo in quattro: solo due, io e la mia compagna, tifosi del Palermo. I nostri amici, padre e figlio, sono lombardi interessati al calcio quanto una talpa alla Venere di Botticelli.
Il cameriere, che ha riconosciuto il mio accento, fa finta di niente e si divide tra il nostro tavolo e la schiera di sedie degli ultras piazzate davanti alla tv. Menu per noi, birra per loro. Pizza per noi, birre per loro. Pizzoccheri per noi, birre per loro. Birra per noi, birra per loro.

Al fischio d’inizio noi mangiamo e loro brindano.
Il Palermo, per quel che intravedo sul teleschermo, pare messo bene. Non distinguo i giocatori, tiro a indovinare a seconda dei ruoli e dei movimenti.
Il gioco è corretto, riesco a star zitto per lunghi minuti come mi ha raccomandato il figlio del nostro amico.
Poi segna Bovo e la mia compagna si lascia sfuggire un miagolio.
Davanti a noi un boato di bestemmie scaturisce da una sola ugola, quella di un giovane insaccato in una maglietta bianca che annuncia spalle pelose.
La bestemmia scuote il nostro amico, che comunque rinuncia a protestare per evitare di attirare l’attenzione su di noi.
E’ difficilissimo seguire una partita e non far trasparire alcuna emozione.
Ogni tanto, senza volerlo, scatto in piedi ma subito vengo afferrato per i pantaloni come un bambino capriccioso.

Una bottiglia d’acqua, per favore.
Gasata o naturale?
Gasata, grazie.
Il cameriere non ha il tempo di posare la bottiglia sul tavolo che Hernandes mette dentro la seconda rete.
Ci stringiamo le mani sotto il tavolo come amanti clandestini, mentre il Gran Bestemmiatore fa tremare i muri.
Mia madre e mio padre, veterani del tifo rosanero, continuano a mandare sms di gioia. E’ il loro modo di avere nostre notizie perché sanno della nostra scomoda posizione: finché rispondiamo, tutto bene.
Inventandomi una neutralità tarocca, abbozzo un paio di giudizi tecnici con due signori che stanno in un tavolo vicino al nostro. Quelli mi guardano sorridendo: penso di averli convinti. In realtà scoprirò più tardi che sono interisti.
“Cerca di non parlare”, mi ripete il ragazzo che è con noi, avvertendo una tensione che cresce nel gruppetto degli ultras.
Quelli chiedono ancora birra. Io devo andare alla toilette che è proprio accanto a loro.
Testa bassa e passo veloce, punto la porta del bagno. Una maledetta labirintite mi fa zigzagare proprio mentre passo davanti agli occhi del bestemmiatore che mi scambia per un ubriaco.
Il tempo di sbrigare la mia pratica ed esco nel momento in cui Seedorf accorcia le distanze.
Trattengo il fiato davanti all’esultanza del gruppetto e torno al mio tavolo senza barcollare.
Cerco il tono di voce più neutro per dire che il Milan non va sottovalutato, che è sempre una bella squadra e che il Palermo sta comunque dominando. In realtà non mi ascolta nessuno, ma io zitto non posso stare.

Due grappe, per favore.
I rosanero soffrono un po’. Un paio di bestemmie sottolineano le incertezze degli attaccanti milanisti.
Avanti così, penso.
Avanti così, prega la mia compagna. Per la squadra e per la nostra incolumità.
Poi arriva la magia di Miccoli che con la leggerezza di un artista manda il pallone in rete…
Tutto si ferma.
Il Gran Bestemmiatore perde la lingua.
I nostri amici si guardano smarriti.
Il cameriere si incanta con due margherite in mano davanti al replay.
La mia compagna mi afferra per un braccio.
Io contengo fino quasi all’implosione un urlo. Ne viene fuori un “sì!” che si perde nel brusio della pizzeria, nella gioia del Barbera che filtra a mezzo volume dalla tv, nel tintinnio della campanella che dalla cucina annuncia altri pizzoccheri pronti.
Il resto è tutta discesa. Il gioco fino al novantesimo, gli sms con i miei genitori, il rompete le righe dei tifosi rossoneri, il conto da pagare (offriamo noi ovviamente), l’uscita da guadagnare.
In auto finalmente si esulta come ragazzini in gita scolastica.
Il tifo è come lo starnuto: trattenerlo può far male alla salute.

Elio e le labbra tese

Macchè chirurgia plastica. “Mia figlia è tutta vera”, dice Elio Letizia, il papà di Noemi.

Tavolo con vista

Anche per chi è abituato a vivere in riva al mare, un pranzo con vista lago fa sempre un certo effetto.

Mestieri diversi

Che il Tg1 di Minzolini sia il peggiore dell’era moderna, non ho dubbi. Che le epurazioni dei giornalisti siano una pratica barbara, idem. Ma che si debba fare una battaglia per riportare una professionista (pur seria e preparata) come Tiziana Ferrario alla conduzione di un telegiornale, mi pare troppo. Un direttore avrà pur diritto di provare volti nuovi. E la brava Ferrario avrà pure la possibilità di esercitare il suo mestiere scrivendo, viaggiando, raccontando.
In fondo, un mezzobusto è la versione seduta di un bravo presentatore. Quello del bravo giornalista è un altro mestiere.