Aperti per ferie

Una breve comunicazione di servizio e un consiglio ai giovani.

La prima è che, come al solito, questo blog non chiude ad agosto. Ci sarà magari una lieve rarefazione dei post, ma rimarremo in trincea.

Il consiglio è in qualche modo collegato alla comunicazione di cui sopra. L’estate è un momento strategicamente importante per chi vuole entrare col piede giusto nel mondo del lavoro.
Nei giornali – è l’ambiente che conosco io – si entra in estate, quando tutti sono in ferie. Lo spirito di sacrificio risalta con il caldo, il sudore non soltanto lucida i muscoli ma fa luccicare le intelligenze.
Ragazzi, se davvero volete fare un mestiere di cui siete appassionati, spostate le vostre ferie a ottobre.

Signor sindaco, pensi a governare

Diego Cammarata, in un’intervista al Giornale di Sicilia, dice che a Palermo c’è una campagna di odio contro di lui o i suoi accoliti orchestrata da “certi blog”.
La sua dichiarazione stimola due riflessioni (ed è già un bel record se si tiene conto che solitamente il suo verbo è un antidoto prezioso contro l’insonnia).

Il ricorso alla scusa dell’odio, come più volte abbiamo scritto, è un escamotage per non darsi la pena di argomentare. Il sentimento che si fa ragione sociale è un totem alla scarsezza della politica: quando non si sa cosa dire, si dice che c’è il male, che il diavolo esiste e che se le cose non vanno bene la colpa è dei cattivi.
L’odio delle lotte di classe, l’odio che arma il simile contro il meno simile è un’altra cosa, appartiene a un’altra (brutta) epoca e ha un’orribile caratteristica: fa solo vittime collaterali. In ogni caso, quindi, se mai esistesse il sentimento sociale di cui blatera Cammarata, lui dovrebbe ritenersi salvo e i più preoccupati dovremmo essere noi.

Il secondo punto su cui vi invito a riflettere è questo: il sindaco di Palermo identifica in “certi blog” (chissà quali…) l’origine di tanto odio. Anche questo è un tema di cui abbiamo discusso nel corso degli anni. C’è nelle comunità internettiane una componente particolarmente aggressiva e anche un po’ vigliacca che usa termini violenti, che non conosce argomentazioni civili e che si crede forte solo in virtù di un presunto anonimato. Ma è un gruppo di minoranza che è quasi sempre bannato dai blog seri. Quindi ha un peso irrilevante nella genuinità delle opinioni che circolano online.
Perché allora Cammarata accusa i blog? Badate bene, credo che sia la prima volta che il sindaco di Palermo ci additi pubblicamente come i veri colpevoli di chissà cosa.
Cammarata sa che ormai non può più contare sull’appoggio della stampa ufficiale, da sempre addomesticata alle esigenze del Palazzo, ed è costretto a rispondere alle crescenti lamentele, alle contestazioni, alle proteste. Una bella fatica. Però, siccome le critiche più puntuali gli arrivano dal web, l’unica arma che gli è rimasta per difendersi è quella della delegittimazione della sola forza di opposizione seria che esiste in questa città: quella dei blog.

Signor sindaco, qui nessuno ha fatto e farà nulla di male. Il dissenso non c’entra col codice penale e ancora meno coi sentimenti. I blog sono una risorsa, non l’inferno.
Vada avanti e governi serenamente con la trasparenza che la caratterizza.
Trasparenza fisica, intendo.

La pulce del Post

Sto seguendo da qualche tempo l’interessante esperimento del Post, con la sua gestione agile e moderna delle notizie. Qualcosa mi piace.
C’è però un metodo infallibile per giudicare l’affidabilità di una testata giornalistica: è quello di misurare la rapidità con la quale si correggono i propri errori (specialmente quando si tratta di informazione nel web). Cinque giorni fa ho segnalato, con un commento al Post, che Daniela Hamaui non è alla direzione dell’Espresso da sei anni, come è stato scritto, ma da otto. Ancora, nonostante il commento sia stato pubblicato, il pezzo non è stato corretto.
E’ un dettaglio, si capisce. Però la cronaca si nutre anche di cura per i dettagli: specie se si gestisce un giornale online che fa (correttamente) le pulci a tutti gli altri.

Naturalmente

Federica Gagliardi, nota al mondo per essere stata l’estemporanea accompagnatrice dell’arrapato premier italiano al G20, dice che no, lo spettacolo non le interessa. Del resto col curriculum che si ritrova, a cosa potrebbe pensare se non alla politica?

Hard Times

Pare che da quando il sito del Times di Londra è diventato a pagamento, abbia perso qualcosa come il novanta per cento dei suoi lettori.
Però io aspetterei a formulare un giudizio.
Diciamo che sono allarmato, ma non allarmista.

Intanto oggi Repubblica comunica che la sua versione iPad diventa a pagamento.

Via Ppr.

Notizia: l’intervista è vera…

…e pure i sottotitoli.

Da SkyTg24 di domenica scorsa.

Solo lui?

Il settimanale Chi comunica che Mauro Marin, vincitore del Grande Fratello 10, ha gravi problemi psichici.
A quando un’inchiesta a tappeto sugli altri concorrenti di tutte le edizioni?

I soldi nell’immondizia

Mi è arrivato l’avviso di pagamento della Tarsu, l’imposta sui rifiuti. Siccome vivo a Palermo (e non a Parma o a Udine) ho il diritto di indignarmi per una tassa ingiusta, data la situazione igienica della mia città.

Riassumendo quello che si siamo detti negli ultimi anni, lo scenario è il seguente.
L’Amia, azienda per l’igiene ambientale di Palermo, è una società per azioni che ha come socio unico il Comune.
Nel 2002 i suoi dipendenti (dell’Amia) erano 1.500.
Nel 2008 erano quasi 3.000.
Nel 2002 il suo debito (dell’Amia) era di 38 milioni di euro.
Nel 2008 i milioni di euro erano diventati 186.
I suoi dirigenti (dell’Amia) hanno inventato negli anni passati un complesso sistema di incastri societari per mascherare il buco milionario. Buco causato anche da ingiustificati rimborsi per viaggi esotici degli stessi dirigenti (dell’Amia) e da note spese che comprendevano cene a base di aragoste e persino l’acquisto di giornali e sigarette (non solo ladri, ma anche miserabili).
Questi signori hanno avuto anche un lampo di genio: si sono inventati un’altra sede palermitana (dell’Amia) di 310 metri quadrati e hanno pagato quasi 13 mila euro al mese di affitto. Però poi si sono dimenticati di utilizzarli, quei locali.
Non si sono dimenticati invece di assumere o far assumere parenti dei dipendenti, figliocci di esponenti politici, e di sfornare precari di ogni genere e grado.
Il risultato di tutto ciò è sublimato in un celebre filmato.

Ecco, io oggi con i miei 455 euro mi sono assicurato un posto in prima fila per questo spettacolo.

Assenti

A Vienna si svolge la conferenza mondiale sull’Aids. Indovinate qual è l’unico Paese che manca?

Parla più forte

Neanche le pizzerie sono più le stesse. Quel che prima era il locale basic per eccellenza – la pizza in sé potrebbe essere sinonimo di semplicità – ora si è trasformato in un’arena urlante.
Mi è capitato ultimamente di cenare fuori, e sempre, dico sempre, mi sono trovato in una bolgia di suoni, prevalentemente di origine televisiva.
Là dove un tempo si chiacchierava, oggi si urla.
Sui clienti incombono, incardinati al soffitto o appesi agli alberi, altoparlanti e maxischermi. In un caso addirittura, io e mia moglie ci siamo ritrovati con un subwoofer sotto il tavolo.
E’ come se ci fosse un progetto pubblico contro il dialogo privato. Un tempo le conversazioni si spiavano, adesso si annegano nel fracasso di spot pubblicitari, radio che trasmettono in tv e tv che scimmiottano la radio.
Fateci caso, è sempre più difficile trovare una pizzeria dove si mangia e si parla, dove cioè si espletano due attività primordiali che sembravano inscalfibili. La mia teoria è che sia la comunicazione verbale sia il felice appetito, stimolano la circolazione delle idee. E che le idee circolanti hanno molti nemici in questo Paese…