Una colletta per la Minetti

Sono disposto a dare parte del mio stipendio per fare a meno della Minetti. Perdiamo voti anche senza la Minetti, ma diciamo che lei aiuta. Paghiamola, facciamo una colletta per darle un vitalizio così ci toglie dall’imbarazzo.

Guido Crosetto, deputato del Pdl.

Offro io

New Forest, in UK. Aperitivo in atmosfera ovattata. Fuori una pioggerella che fa molto England, dentro legno che sa di limone. Barman che propone una specialità del luogo e che a un certo punto si ferma. Cambia lingua e chiede: “Da dove venite?”. La risposta non lo sorprende. Sfodera all’improvviso un dialetto siciliano arrugginito, ma sempre efficace. Segue una lunga chiacchierata di ricordi. Gli diciamo che tra qualche giorno nella sua città natale si voterà. Lui alza le spalle e sorride: “L’aperitivo stasera lo offro io”.

Favorisca i documenti

Non sapevo che i bambini così piccoli potessero avere la carta d’identità. Di certo un documento così è da incorniciare.

Dei delitti e delle iene

Non voglio scomodare le antiche teorie lombrosiane (che tornano puntualmente ad ogni crimine/criminale scoperto) ma questa foto presa dal Corriere racconta tutta la storia in un attimo. C’è la cosiddetta pasionaria, che è un modo per dare della rompipalle a una senza offenderla e senza giudicare il suo operato, c’è il vecchio capo, rimbambito quanto basta per far da parafulmine a ogni vergogna, e c’è il fine statista della Padania, uno talmente rozzo che inquina con lo sguardo.
Un mio amico, Francesco Massaro, bravo cronista di nera, quando doveva scrivere un pezzo su un omicidio, su una rapina, o comunque su un crimine, prendeva la foto del colpevole e se la metteva davanti a mo’ di santino. Diceva che la cosa l’aiutava a capire.
Ecco, io questa foto oggi me la tengo sul desktop.  Spero che, per paradosso, mi aiuti a dimenticare.

Donne, fate finta di niente

Vi prego, donne italiane, che siate mie amiche, lettrici di questo blog, o che siate capitate qui per caso, oggi è la vostra festa, ma fate finta di niente.
La festa della donna, degna e plausibile ricorrenza, lasciamola al passato.
Siamo nel 2012 e sappiamo tutti che le vostre rivendicazioni non trovano – non hanno mai trovato – sponda in un anniversario che per molte, per la stragrande maggioranza, si riduce a una cena con le amiche e via.
Per le cose serie giocatevela, anzi giochiamocela, su un tempo lungo ben più di un giorno che non è più inverno e non è ancora primavera. Spalmiamo il problema delle pari opportunità su dodici mesi e più. Tra persone civili abbiamo, nonostante le meravigliose cose che biologicamente ci dividono, una fondamentale dote comune: sappiamo indignarci allo stesso modo.
Facciamo in modo che l’8 marzo non sia una festa, ma un giorno qualunque. E che l’anniversario di un’auspicabile liberazione sia festeggiato ogni giorno in un crescendo di conquiste, di successi.

Un traguardo per Twitter (forse)

Pare che entro stasera Twitter raggiungerà 500 milioni di utenti, a colpi di 12,7 nuovi adepti al secondo. Da appassionato di cinguettii e da nemico di Facebook dico solo che il social network di Zuckeberg è a quota 850 milioni…

Aggiornamento. Probabilmente il dato dei 500 milioni è sovrastimato come potete leggere qua.

Mosaicoon per Emergency

Una bella notizia è bella e basta. Che una viral media company si metta a disposizione gratuitamente di Emergency per realizzare un video sociale è un’ottima cosa. Però se quella compagnia è composta da miei concittadini, allora per me è anche meglio. Come dire? Una bella notizia può essere ancora più bella.
Bravi quelli di Mosaicoon.

Bontà sua

Oggi Stefania Petyx ha scritto una cosa su Twitter che mi ha fatto molto piacere. Perché se una che ha fatto cose così ti fa un complimento professionale, forse non sei del tutto inutile.

Arbitri parziali

Finalmente qualcuno sta seriamente pensando di togliersi la pistola dalla tempia.

Curabili

Alcuni giornalisti, sbagliando, lo chiamano “male incurabile”. Perché hanno paura di scrivere o pronunciare la parola cancro. Altri, i migliori, non solo la malattia la chiamano col suo nome ma raccontano anche come si fa a combatterla e implicitamente ci dimostrano perché quella definizione generica è sbagliata in toto: perché se fosse davvero incurabile non ci sarebbero testimonianze come quella, bellissima, di Marina Turco, che parte da un tragico fatto di cronaca (la morte di una donna per una dose sbagliata di chemioterapici) e approda in quel luogo dell’anima in cui le esperienze di una sola persona diventano occasione di riflessione collettiva.