Cedimenti

I corpi dei tre uomini sono stati recuperati dai soccorritori del Centro Cadore e dall’equipaggio del Suem. A causare l’incidente, si pensa sia stato un cedimento della sosta del secondo-terzo tiro, che li ha fatti precipitare per un centinaio di metri.

Chi, come il sottoscritto, ha praticato l’arrampicata non rimane insensibile a notizie del genere. Il cedimento di una sosta è il crollo di una certezza arbitraria, è lo sfaldarsi di un immenso punto interrogativo che si vuole ignorare. La sosta è il punto stabile (più o meno) a cui ci si aggrappa durante un’ascensione. Troppe volte ho guardato quella catena abbarbicata alla roccia sperando che non cedesse, e altrettante (per mia fortuna) l’ho ringraziata.
La sosta che cede è per uno scalatore  – alpinista o freeclimber che sia – l’incidente al quale si pensa ogni notte prima di un’arrampicata. Che sia fatta di chiodi, di spit o di semplici nodi non importa: quando ti affidi alla sosta ti senti leggero, anzi lo sei per necessità.
Infatti quando con gli anni ho preso un paio di chili, per sicurezza, ho smesso di arrampicare.
Ognuno si crea gli alibi che vuole, anche da incolpevole.

Forse non torno più / 2

Falesie di Etretat, Normandia, Francia

Forse non torno più

Honfleur, Normandia, Francia.

In galera, speriamo

L’altro giorno sono stato a Scala dei Turchi, un posto incantevole. E lo stupore per un paesaggio di incredibile bellezza ha retto persino alla prova più dura: quella dello schiaffo dell’abusivismo. A pochi metri dalla spiaggia sorge infatti questo eco-mostro, ormai in abbandono. Mi piacerebbe sapere, un giorno, che fine ha fatto il colpevole di tutto ciò.

 

Viva Palermo con quel che ne consegue

Ieri dopo quattro anni Palermo ha ritrovato un sindaco nel giorno della più importante festa della città. Un sindaco che ha lanciato, dal carro della Santuzza, quelle poche parole incatenate che suggellano un rito secolare. Le tradizioni sono il cemento della civiltà e per troppo tempo sono state negate alla mia città. Ne scrissi qualche tempo fa e mi sembra ieri. Solo che per fortuna non lo è. Ieri c’era un sindaco in carne e ossa e non un fantasma.

Noi, quelli del Supersantos

Il mitico Supersantos. Negli anni Settanta, per giocare a calcio bisognava avere il Supersantos, Era arancione con le strisce nere e richiamava il pallone dei Mondiali del 1962 vinti dal Brasile, da qui il riferimento al nome della squadra di club dove aveva giocato Pelè. Prodotto in Italia, fu venduto in tutto il mondo. La sua caratteristica principale era di essere molto leggero. Un pallone da calcio, oggi come allora, pesava dai 410 ai 459 grammi. Il Supersantos ne pesava 280. Andava a vento, aveva parabole stranissime, era difficile da controllare. Un pallone da spiaggia, insomma. E costava pochissimo. Dal 1979 fu soppiantato dal Tango, di colore bianco e fatto con una plastica più dura, perciò pesante come un pallone vero: la perfetta riproduzione, in versione economica, del pallone di cuoio usato ai mondiali del 1978 e nel 1982. Con il Tango, sul prato, giocavi qualcosa di simile al calcio.
Un Supersantos costava l’equivalente di otto euro, un Tango sui venticinque, un pallone vero, di cuoio, stava sugli ottanta.

Così Fabio Caressa riassume ne “Gli angeli non vanno mai in fuorigioco” l’epopea del Supersantos. Che però io – a nome di una schiera di agonisti da spiaggia – non considererei chiusa.

Magra consolazione

Sì, è vero, siamo nei guai. Il Paese ha il motore in panne e le ruote sgonfie. Però se può servire a tirarvi su, cliccate qui e guardate con chi avevamo a che fare esattamente un anno  fa.
Forse, anche se è magra, una consolazione può far crescere la speranza.

Ancora uno sforzo

Da ieri il Comune di Palermo è su Twitter. Ora speriamo che qualcuno spieghi a quelli dell’ufficio stampa cosa diavolo è ‘sto Twitter.

Uomini che odiano le bionde

Quando fumavo, scambiavo informazioni come queste per terrorismo psicologico. Da quando ho smesso, pur non essendo diventato un talebano dell’antifumo, ho cambiato atteggiamento: leggo con attenzione le ricerche sui danni causati da nicotina, catrame e altre schifezze che scaturiscono dalla combustione del tabacco; mi congratulo con gli amici che smettono (e sono sempre di più); offro la mia testimonianza a chiunque abbia dubbi o timori.
Senza le sigarette – e sono passati quasi tre anni – la mia vita è migliorata sotto tutti i punti di vista. Che sono talmente tanti da essere riassunti in una sola frase: chi fuma fa una cosa tremendamente stupida.

Un uomo corre da solo

Della Rete (maiuscola), che da semplice movimento era diventato imponente soggetto politico, non è rimasto un solo nodo utile, solo pesci morti. Eppure noi c’eravamo, gentile professore, noi eravamo quella marea silenziosa che inondava le strade per seguirla nei cortei antimafia. Noi la sorreggevamo nel duello cruento con una parte dell’estabilishment cittadino (imprenditori, giornalisti, magistrati) che brandiva un garantismo peloso quantomeno sospetto (per non parlare d’altro). Noi facevamo il tifo per lei come se fosse un campione sportivo, l’ascoltavamo come un mahatma.
Lei ha creduto di poter continuare a correre da solo. E ha sbagliato per nobiltà d’animo e triste presunzione.

All’indomani della bruciante vittoria di Diego Cammarata a Palermo, nel maggio del 2007, scrissi questa lettera aperta a Leoluca Orlando. Oggi politicamente gli scenari sono cambiati, ma Orlando è sempre lo stesso solista. Se la politica fosse una gara di braccio di ferro lui sarebbe un campione pressoché imbattuto. Invece è un gioco di squadra e i muscoli di uno solo non bastano.
Non prendetela come una dichiarazione di voto – ancora non ho deciso – ma come un auspicio. Che venga un sindaco che sappia farsi moltitudine.