Il fucile di Bossi

Da raffinata creatura politica quale è, Umberto Bossi ha tratteggiato ieri, nel cuore della Padania, le sue idee in materia fiscale. Con la moderazione che lo ha reso celebre, ha invocato “i fucili contro le tasse”. Con la competenza storica che ne ha fatto un pensatore simbolo dei nostri tempi, ha bollato Cavour e Garibaldi come “stronzi”.
Chi ancora manifestava residue preoccupazioni sul suo stato di salute ha potuto tirare un peto di sollievo: il Senatur si è ormai ripreso alla grande, il suo celebre apparato genitale è tornato a illuminarlo in idee dirompenti. Resta soltanto la voce arrochita, meno potente di quella che ce lo fece amare quando parlò di marce armate su Roma, di proiettili contro i giudici monelli, o quando da ministro pensò di risolvere il problema dell’immigrazione clandestina con i cannoni.
Bentornato nel nobile agone politico, senatore Umberto Bossi, padano tra i padani, leader delle parole fuori dalle dentiere, fustigatore di fondoschiena sudisti. Vada sino in fondo, adesso. In fondo a destra.

I proiettili di Fanny Ardant

Ci deve essere una forte componente di masochismo in Fanny Ardant, l’attrice francese che ha tracimato su un settimanale dichiarazioni tipo: «Ho sempre considerato il fenomeno Brigate rosse molto coinvolgente e passionale »; «Per me Renato Curcio è un eroe».
Fatte salve la sua capacità di intendere e di volere e un certo vezzo (geriatrico) di apparire gioiosamente sopra le righe, ci resta solo da discutere sulla volontà autolesionista della signora. Per non scivolare dal crinale che divide i giudizi sommari dalla volgarità, proviamo a schematizzare.
1) Lodare una banda di assassini fa male alla memoria, quindi a ciascuno di noi. Persino a lei.
2) Indicare il periodo degli Anni di piombo come un’epoca di vera democrazia (“un’epoca in cui si sceglieva un campo, c’era chi prendeva fuoco e decideva che poteva ammazzare e farsi ammazzare”) equivale a dire che i proiettili sono in realtà idee e che le pistole sono cervelli. La mente della signora comunque è stata caricata a salve.
3) Siamo un Paese di vittime, innocenti, ignote, povere e dimenticate, al pari di una nazione sudamericana. Quando si parla di morti, dalle nostre parti, si parla di qualcosa che non può essere pesata e che non è circoscrivibile in alcun elenco. Alzarsi una mattina col deliberato intento di inventarsi una lista dove buoni e cattivi si confondono significa esporre la schiena alla frusta della ragione.
4) Quel sentimento tutto francese di leggere la storia degli altri con sanguigna passione non può in alcun modo rappresentare un’attenuante per l’Ardant. Gli eroi, anche negativi, sono tali se lasciano un segno. Gli orfani e le vedove non sono segni, ma ferite orribili. Anche se la signora preferisce includerli nella categoria degli effetti collaterali.
Masochismo, non altro. L’attrice francese, che ben conosce l’Italia per lavoro e sentimento, ha scelto di farsi male volontariamente. Per pubblicità, misticismo della cazzata, poesia del black-out ideologico. Chissà se ha goduto.

Dall’altro tutti gli altri

Silvio Berlusconi ha registrato, per mano della sua ultima creatura bionica Michela Brambilla, il Partito della Libertà. Lo ha fatto (fare) per tutelarsi, per evitare che “qualcuno si impadronisse di questo nome”.
Il fatto che il leader dal ciondolo prezioso (quello che porta al collo) si preoccupi tanto del brevetto di un simbolo così originale la dice lunga sulla sua concezione politica. Chi altri potrebbe sventolare una bandiera così universale come quella che porta i colori e i significati del Par-ti-to-del-la-li-ber-tà? Solo lui, unico guardiano del tempio della democrazia, incarnazione del giudice sommo che malsopporta i giudici ordinari. Il PdL è il baluardo contro tutti gli illiberali comunisti, i cultori dell’odio legislativo, gli industrialucoli che pagano tutte le tasse, le serpi omosessuali, i fanatici della legge uguale per tutti. La Brambilla è la figura ideale per promuovere la storica transizione che sommergerà in un oceano di cocktail quella del misero Partito Democratico: una donna milanesissima, algidamente carina, telegenica, dall’eloquio basilare ma confortevole, orgogliosamente elegante, magra quanto basta per farne un simbolo che non sia il bastone della bandiera.
Con il PdL si naviga dritti verso un bipolarismo blindato: da un lato chi ha comprato il brevetto della libertà (un tempo erano le libertà tutte, oggi forse qualcuna resterà di pubblica fruizione), dall’altro tutti gli altri.

Il tempo dei Mele

In questi giorni di vacanza ho letto pochissimi giornali, per legittima difesa. Mi è però rimasta impressa una notizia: il perdono della moglie di Cosimo Mele e la reazione di plauso unanime delle parlamentari tutte. Dal momento che la vicenda è stantia, mi sembra utile spendere qualche riga per inquadrare bene i personaggi: Cosimo Mele è l’onorevole dell’Udc (ora diluitosi nel gruppo misto) che si intratteneva con due ragazze prezzolate mentre tirava cocaina; la moglie del suddetto, mentre il suo consorte se la spassava tra cosce aperte e malcelate rimembranze di case chiuse, si prendeva la briga di partorire una pargoletta; le parlamentari interpellate dai giornali fanno parte di schieramenti di destra e di sinistra, quindi il loro pensiero riassume – per logica- quello dell’arco costituzionale, con e senza calzoni.
La signora Mele ha detto di perdonare la “scappatella” del marito in nome della figlia appena nata. Il fiocco rosa l’ha spinta a chiudere un occhio, anzi a tapparseli entrambi, pur di salvaguardare l’unità familiare. I cronisti dipingono la signora come una donna “dai tratti delicati”, “riservata e giovane”. Di certo deve essere forte, al limite dell’incoscienza. Un personaggio fuori dal reale, da quel mondo comune in cui suo marito scopa, sniffa, paga, vota leggi bacchettone, scopa ancora, paga, ri-sniffa, prende stipendi (come si vede) immeritati e per giunta si spazientisce quando i fotografi lo inseguono una volta che è stato smascherato. Lo stesso mondo in cui albergano le parlamentari che lodano il “senso della famiglia” e la “logica cristiana del perdono” e nel contempo auspicano pubblicamente torture e contrappassi medioevali per il cornificatore.
Parliamoci chiaro, fuori da ogni reflusso di buonismo becero: qui c’è un uomo, maschio, potente, ricco e spocchioso che, mentre sua moglie è in ospedale con le doglie, pensa bene che la cosa più idonea da fare sia trombarsi due ragazze a pagamento e tirarsi qualche pista di cocaina.
La signora Mele appare quindi come l’ideale via di mezzo tra un’extraterrestre e una santa. La sua testa vola molto in alto. Tra le nuvole.

Elton guru

Elton John propone di spegnere internet per cinque anni affinché si torni a socializzare e si produca arte migliore.
Le star che si fanno guru o leader di movimento non mi piacciono perché, quasi sempre, tentano di utilizzare il consenso dei fan a favore delle tesi più balzane. Se Elton John non avesse la sua folla di candele adoranti userebbe meno disinvoltura nell’irrorare il mondo delle sue tesi tecnofobe. Tesi ispirate più dal portafogli che dall’anima: il grande problema dell’artista è ovviamente lo scambio di musica illegale nel web (John ha già messo su cause milionarie). Allora perché dipingere di alti toni sociali ciò che ha solo il colore di una banconota? E’ vero, non è giusto scaricare abusivamente musica. Il concetto è chiaro e non ha bisogno di teorie posticce. Un cervello non è più interessante se coperto da un toupet.

Cesa (ricordiamocelo)

Ho seguito con scarso interesse l’ennesima farsa di un politico puttaniere, nel caso specifico Cosimo Mele. Per i seguenti motivi: non mi sorprende più che un padre di famiglia con figli a carico se ne vada a scopare con donne prezzolate, lo fanno in moltissimi; la scena politica italiana (e mondiale) è piena di personaggi che si riempiono le mani non soltanto di soldi ma di carne presumibilmente soda; è fatale che, in questo campo, chi predichi bene rinnovi l’esperienza diretta del razzolare male (tanto per sapere di cosa si parla); le lacrime del cattivo smascherato, come quelle del lenone Ballione di Plauto, mi fanno sorridere.
Eppure c’è qualcosa che mi ha fatto scattare i polpastrelli. La giustificazione d’ufficio fornita dal segretario del partito del puttaniere, l’Udc: “La solitudine è una cosa seria e la vita da parlamentare è dura per chi la fa seriamente”. Per cui – l’autore di questa frase si chiama Lorenzo Cesa, ricordiamocelo – è auspicabile distribuire più soldi ai deputati affinché possano ricongiungersi con la famiglia.
Caro onorevole Cesa (ricordiamocelo), immagino che lei guadagni oltre 15 mila euro netti al mese, tra stipendio, indennizzi e altri rimborsi. Immagino che abbia diritto a viaggiare gratis e che abbia bollette del cellulare pagate per oltre 3 mila euro all’anno. Sono certo di commettere qualche omissione nel fornire queste cifre perché ho fatto una ricerca superficiale pur di non avvelenarmi troppo la giornata: queste sono comunque le cifre minime che ho trovato, ci sarà molto altro che non ho registrato. Onorevole Cesa (ricordiamocelo), i casi sono due: o, nell’avanzare quella proposta, lei voleva diluire i toni della polemica in una grassa risata, oppure deve abolire qualche aperitivo. Nella prima ipotesi si può rimediare subito. Al suo via, tutti a sghignazzare. Nella seconda è utile cambiare stile vita. Per esempio, perché non se ne torna a casa sua, onorevole Cesa (ricordiamocelo)?
Biglietto d’aereo pagato. Puttane no.

Gli uomini mestolo

Luciano Moggi assume Lele Mora come agente e va a lavorare come attore nel film “L’allenatore nel pallone 2”. E’ una notizia da poche righe, ma che merita di essere segnalata perché ci dà la misura di quanto sia facile, in Italia, la vita degli “uomini mestolo”. Questa categoria di personaggi include manager, fotografi, gente di spettacolo, di sport, di politica. Insomma, mestoli di pentole ribollenti, mai gente comune. Mestoli che non vengono mai risciacquati e che si spostano da un brodo a una crema incrostando e incrostandosi.
Basterebbe che qualcuno li mettesse al fresco (di un getto d’acqua pulita). Invece si moltiplicano i pentoloni.

Le mutande dei vip

Luca “Fuoritempo” pubblica questa foto sul suo blog col seguente commento: “Continuano gli sbarchi in Costa Smeralda. Non si fermano i viaggi della disperazione a bordo delle “carrette del mare”… E mai un’onda che sollevi gli approdi, che rovesci i destini”.
Gliela rubo. Poi mi imbatto su alcuni titoli da siti e da giornali che colano gossip da ogni pagina.
Britney incinta, ma non si sa chi è il padre.
Delusi gli amici, quei chili di troppo non erano il segno di una ripresa bensì i postumi dell’ennesima sbornia.
Uomini vip, in spiaggia scelgono lo slip.
Conta più il contenuto o il contenitore?
Tunnel dell’alcol, Paris Hilton ne esce e lascia il posto a Lindsay Lohan.
La seconda è l’attrice che dovrà interpretare proprio la celebre (giovane) ereditiera in un film: quando si dice entrare nella parte.
Briatore mette il turbo: “Un figlio da Elisabetta Gregoraci? Se arrivasse sarei felice”.
Qual è la notizia: il turbo? O il rispetto della consecutio temporum?
Bossi junior convince papà: “Vado all’isola dei famosi”.
Non si abbandonano così i genitori.

Nell’estate rovente del gossip il caldo genera culi e copertine, bronci gelosi e sorrisi al ducotone. I morti nell’inferno della Puglia? Solo spiacevoli effetti collaterali.

Fuori i nomi

Gustavo Selva, quello che una volta faceva il giornalista e che adesso scalda un posto al Senato nel settore Alleanza nazionale, non si dimette più.
Ricorderete il caso: per arrivare in tempo a una trasmissione tv, l’onorevole aveva finto un malore e si era fatto trasportare in ambulanza.
Ora Selva giustifica così il suo ancoraggio a una poltrona immeritata: “Me lo chiedono i cittadini, vogliono che resti”.
Fuori i nomi.

Perdenti

Ho simpatia per i perdenti, per una questione di banale autostima visto che la categoria mi ospita spesso. Il perdente puro è uno che gioca le sue carte, ma per sfortuna o imperizia non inanella mai un risultato utile. E se per caso ciò accade, è il preludio per una sconfitta ancora più clamorosa. In questa sottocategoria si trovano esempi di stupidità clamorosa, perché il perdente puro è talmente immerso nella propria valenza negativa da illudersi che ci sia qualcuno ancora peggio di lui (su cui trionfare): accade quasi mai.
C’è un altro tipo di perdente però che non mi ispira nessuna simpatia ed è il perdente impuro. Ha vinto quasi sempre nella vita, anche giocando scorrettamente, ma quando compie la mossa falsa che lo fa cadere pretende di sovvertire le regole del gioco. Non si arrende all’evidenza, non ammetterà mai un suo errore, fabbricherà nuove e nuove realtà che lo vedono grottesco trionfatore, seduto a un tavolo dove non c’è nessuno. Grande inventore di complotti, il perdente puro parla sempre di sé benissimo, s’inventa un passato fulgido e ha sempre qualcuno a cui dare la colpa della propria sconfitta. Anche se lui stesso lo ha appena strangolato.