Pokémon Go, Millennials e onanismo tecnologico

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L’articolo pubblicato qualche giorno fa su la Repubblica.

Se andate a leggere una qualunque bacheca virtuale degli appassionati di Pokémon Go o se riuscite a scambiare due parole dal vivo con qualcuno di loro, il verbo che incontrerete più di frequente sarà “socializzare”. Perché si sa con Pokémon Go si incontrano nuove persone, si vedono nuovi posti, si conoscono nuove storie.
Ma è davvero così?

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Tutto meraviglioso

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini con Zoff, Causio e Bearzot sul DC9 militare che li sta riportando da Madrid a Roma. Sul tavolo la coppa del Mundial, 12 luglio 1982.

E lo so che 34 anni fa vincevamo un Mondiale, anzi il Mondiale. So anche che molti di voi non c’erano e se c’erano dormivano (o poppavano). So che eravamo forti e affamati di vita. Tutti, giocatori e semplici tifosi. So che allora il calcio era una metafora della vita e non un suo surrogato. E che il mondo girava sempre a fatica, ma senza ansia di prestazione. So che coltivavamo il desiderio di lasciare un’impronta, e che la navigazione anonima era sinonimo di pirateria, quindi di qualcosa di sbagliato. Il migliore strumento di geolocalizzazione era il citofono: una risposta dava una certezza con la minima approssimazione umanamente immaginabile. So che ci si contava prima di armarsi ed eventualmente partire.
Nel 1982 eravamo campioni del mondo. Unici.
Nel 2016 siamo un campione del mondo. Qualunque.
Ma forse siamo solo invecchiati e tutto in fondo è meraviglioso, a nostra insaputa.

Sicilia, paradiso o inferno dei turisti?

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Su Repubblica Palermo qualche giorno fa.

Che si decidano, lassù in Europa. La Sicilia è il paradiso o l’inferno dei turisti? Le prossime vacanze conviene trascorrerle alle nostre latitudini o è meglio girare al largo (e trattandosi di isola andare al largo ha i suoi rischi soprattutto navigando verso Sud)? L’ultima notizia, cioè la più recente, è un’incoronazione di Ragusa e Cefalù: il Telegraph ha stilato una lista delle meraviglie italiane da scoprire, lontane dai tour consueti e, bontà sua, ha incluso le due cittadine siciliane. Facile sarebbe immaginare migliaia di turisti inglesi pronti a fare le valige se la memoria non inciampasse in un altro articolo di un altro giornale di quelle zone lì, il Daily Mail che, qualche settimana fa si è inventato nientemeno che una dichiarazione di guerra: quella della mafia contro gli immigrati che arrivano sulle nostre coste. Ha scritto il giornale in questione: le cosche stanno disperatamente cercando di mantenere la supremazia dopo l’arrivo di gang criminali con i barconi degli immigrati. E per sostenere la tesi, più traballante di un assessore crocettiano, ha citato il caso di Yusupha Susso, l’immigrato ferito a Palermo da un balordo che giocava a fare il boss di quartiere. Roba che se la mafia leggesse il Mail potrebbe sporgere querela.

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Riina, la famigghia e un po’ di noia

La statua del ''Cavallo morente '' di Francesco Messina, esposta all'ingresso della sede Rai di viale Mazzini a Roma, 18 luglio 2012. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

La polemica sull’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina che ha scritto un libro sulla sua famigghia ha un presupposto giornalistico sbagliato. La grande questione è sulla liceità della messa in onda o meno, quando dovrebbe essere un altro il parametro sul quale tarare il sistema di garanzie democratiche: le domande.
Quando si mette in moto il sistema mediatico, infatti, la visibilità è assicurata, sia che si vada in onda sia che si vieti la messa in onda. Quindi – lo capisce anche un bambino – sarebbe assurdo adesso bloccare la diffusione dell’intervista, perché si otterrebbe l’effetto opposto a quello desiderato.
Invece c’è un solo modo per dare corpo alla verità, per presentare un evento e collocarlo nella giusta dimensione. Affrontarlo con professionalità.
Con le domande giuste un fenomeno si crea o si distrugge. Con le domande giuste la ragione trionfa sempre. Con le domande giuste si risparmia anche un sacco di tempo e si evitano polemiche sterili e anche un po’ noiose.

L’atroce assassinio del tempo libero

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Avvertenza: probabilmente le considerazioni che seguono le avrete fatte prima di me milioni di volte.
Giustificazione: io provo a metterle in rapida concatenazione in modo da fare una sintesi che, chissà mai, potrebbe essere persino utile.
Argomento: nuove tecnologie.
Ambito: la nostra vita sociale.
Categoria: solite cose che non dovrebbero essere le solite cose.

Da quando i telefoni non sono più telefoni, i computer non stanno più soltanto nella scrivania dell’ufficio, e le informazioni non vengono più da mezzi certificati, la nostra vita, anzi la nostra esistenza, è irrimediabilmente stravolta.
Se pensate a come eravamo dieci anni fa – non dico venti e figuriamoci trenta, ma dieci – avete tutti i motivi per ritenere di essere stati catapultati in un pianeta diverso.
Non mi dilungo negli esempi che animano catene di solidarietà nostalgica sui social (tipo: “Come eravamo”, o “Hai quarant’anni se…”, o “Sei un perfetto cinquantenne?”), ma vado al sodo. Continua a leggere L’atroce assassinio del tempo libero

Il non perdono e le cicatrici dell’anima

salvatore quasimodoLa decisione del figlio di Salvatore Quasimodo di vendere il premio Nobel del padre per un’antica e irrimediabile offesa affettiva farà storcere il muso a molti. A me invece sembra un’incantevole e poetica vendetta, solidamente giustificata. La vicenda è semplice nel suo banale congegno: invitato alla cerimonia di consegna dei Nobel, Quasimodo non andò a Stoccolma con moglie e figlio ma con un’altra donna (che tra l’altro non fu ammessa in sala e alla cena di gala perché sconosciuta al cerimoniale). Continua a leggere Il non perdono e le cicatrici dell’anima

Alla ricerca dell’insoddisfazione perenne

12241271_964571823601554_2773164450726213996_nUno dei principali argomenti sguainati dai benaltristi che criticano la mobilitazione del mondo dinanzi agli attentati di Parigi è: dato che non vi indignate per i morti di altre parti del pianeta, questo fiorire di tricolore francese nelle piazze, nei monumenti, sui social è solo il frutto di una grande ipocrisia. Continua a leggere Alla ricerca dell’insoddisfazione perenne

Dalle notti magiche alle notti in bianco

rita bonaccorso schillaci

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Come in un pallonetto dell’ex marito, la traiettoria della vita di Rita Bonaccorso è da anni quella di una parabola discendente. E non trattandosi di storie di pallone è chiaro che nessuno si aspetta un gol, al contrario si resta spettatori attoniti davanti a certi capovolgimenti di un destino bizzarro.
Era la moglie del bomber di Italia ‘90. Era il simbolo ideale per rappresentare l’invidiata fortuna di diventare qualcuno pur essendo nessuno. Era la moglie di Totò Schillaci. Continua a leggere Dalle notti magiche alle notti in bianco

A chi non capita di avere un sospeso da 18.451 euro?

spesa-al-supermercatoAbituati come siamo a masticare notizie, a impastare aggiornamenti dopo aggiornamenti, a vivere l’attimo con l’occhio alla timeline quindi a non viverlo, spesso ci lasciamo sfuggire dettagli che in altri tempi, in altre vite, ci avrebbero accesi di indignazione o di risate, a seconda dei contesti. Continua a leggere A chi non capita di avere un sospeso da 18.451 euro?

L’Antimafia a scrocco

equilibrista-picC’è una storia che può aiutarvi a capire certi deragliamenti dell’informazione e certi meccanismi dell’antimafia. È una storia che conosco bene perché ne sono stato protagonista, in quanto componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia.
Ieri il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo firmato da Claudio Fava, Michele Gambino e Antonio Roccuzzo in cui si dice che Riccardo Orioles, tra i fondatori de I Siciliani di Pippo Fava, è stato radiato/sarà radiato (sui tempi non sono riusciti a mettersi d’accordo) dall’Ordine dei giornalisti per un “misero debito”di 1.384 euro. Orioles, in pratica, non può pagare la quota associativa da anni perché versa in condizioni economiche precarie. Nell’articolo Fava & company scrivono di “una paradossale ignominia che merita di essere raccontata”. E il racconto, in estrema sintesi, è questo: si caccia un giornalista antimafia e s’ignora invece la condotta di un giornalista come Mario Ciancio, direttore editore della Sicilia di Catania, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. La conclusione è: “Se Riccardo sarà radiato da quest’Ordine, ce ne andremo anche noi”.
Tutto chiaro.
Solo che c’è un problema: Orioles non è mai stato radiato. Continua a leggere L’Antimafia a scrocco