Una tv da leggere

Ho visto “Vieni via con me” e mi è sembrata una bella trasmissione, ben scritta. Forse troppo. Nel senso che si capisce che è una trasmissione scritta, quindi da leggere più che da vedere.
Però la bontà del prodotto sta nell’accoppiamento tra il rigore ingessato di Roberto Saviano e l’arte debordante di Roberto Benigni, tra la solennità imbarazzata di Claudio Abbado e la felice tempistica di Fabio Fazio.
In tempi di vacche magre, anzi di vacche e basta, per una tv di raccomandati, di urlatori, di opinionisti improvvisati e di talenti in esilio, un programma in  cui ci sono artisti in grado di svolgere il loro mestiere in modo canonico è un evento da festeggiare.
Viva!

Il traffico

Sono in un Paese in cui il traffico stradale è un’emergenza (altro che Johnny Stecchino), in cui ci sono i metal detector all’ingresso degli alberghi, in cui se nomini Berlusconi tutti ti sorridono soddisfatti. Ovviamente non è l’Italia.

Santo quasi subito

Qui si dice che Raffaele Lombardo è un ottimo governatore perché non abbandona mai gli amici, perché la sua segreteria si ricorda degli onomastici di quelli che (per lui?) contano, perché lavora molto, perché non bacia nessuno nelle sue stanze (chissà all’aperto), perché non ispira “sentimenti neutri”, perché è capace come nessuno di rinascere dalle proprie ceneri.

Uno contro 60 milioni


Il dilemma italiano sta tutto nelle seguenti frasi.
“Amo la vita e le donne”.
“Il premier è malato e fuori controllo”.
Sapete tutto.
La prima frase è la giustificazione di un tale che non ha ancora deciso se studiare da statista o invecchiare da viveur.
La seconda affermazione è di un settimanale cattolico che esprime il disagio della platea verso quello che un tempo era il suo attore preferito.
Tra l’amore per la vita e l’ossessione patologica c’è uno spazio largo quanto un Paese spaesato da colpi di scena ambientati all’ombra di una gran quantità di sottane. Ci sarebbe solo un modo per ricomporre il tutto. Pacificarci nel nome della separazione delle carriere: gli anziani miliardari che vogliono governare con la stessa disinvoltura con la quale vogliono scoparsi tutte le minorenni che incontrano, da un lato; il resto della popolazione dall’altro.
Insomma sarebbe una separazione netta: uno solo contro 60 milioni di persone.

Contraddittorio zero

Ieri i telegiornali hanno dato conto della colorita replica del nostro premier alle nuove accuse di reiterata disinvoltura sessuale (con minorenni).
Come al solito, il raffinato Berlusconi se n’è uscito con una battuta. Della serie: non replico e faccio come Annozero, cioè contraddittorio zero.
Tutti a ridere con lui, Bertolaso in testa; molti a indignarsi, nel resto del mondo.
Anche i bambini conoscono la differenza tra la televisione e la politica. Il primo è il mondo del relativo (ma non diteglielo così ai bambini sennò vi guardano male), il secondo è il mondo dell’assoluto.
Mai sentita una verità in tv, mai visto un dubbio sulle labbra di un politico.
Quando il premier godereccio si rifiuta di rispondere alle domande dei giornalisti, offende innanzitutto i suoi elettori, poi tutti gli altri (dei quali gli importa poco, ma che esistono). E il paragone con una trasmissione giornalistica è uno strafalcione logico di cui, in un paese civile, gli si dovrebbe chiedere conto in Parlamento.
I giornalisti e i politici non hanno niente in comune, e per fortuna. Sono distanti negli articoli di legge, nella somma Costituzione, nei contratti e nei privilegi. Se Santoro non rispetta il contraddittorio (berlusconiano) – una regola discutibile perché imposta con clausole che sono state studiate proprio per essere impossibili da rispettare – può andare incontro a una sanzione. Se non lo rispetta il capo dell’esecutivo, c’è un tetto che si sbriciola sopra le nostre teste. Ed è il tetto sotto il quale alberga una cosa che si chiama democrazia.

Buone nuove

Oggi il Corriere della Sera, nelle pagine della cultura, fa un’ottima recensione di un noto romanzo.

Ecco il colpevole

Pazzo per Repubblica ha scoperto chi ha aggredito Capezzone.

Io, tu, noi

Sul comodino di mia moglie “Lei e lui” di Andrea De Carlo. Sul mio “Io e te” di Nicolò Ammaniti.
E, vi giuro, tra noi va tutto bene.

Il pentito di McDonald’s

Prendo spunto dal dibattito del precedente post per confessarvi una debolezza dell’età. Da qualche tempo mangio la robaccia di McDonald’s.
Sono stato pseudovegetariano per vent’anni, ho odiato quegli hamburger che secondo la pubblicità rendono felici le famiglie e fanno crescere sani i bambini.  Se proprio volevo farmi del male abusavo d’altro, fritture e cocktail prima di tutto (a proposito, vi invito a cedere a un aperitivo di cocktail Martini e panelle). Mai stato salutista, capriccioso sì.
Un mio amico, quand’eravamo piccoli, mi raccontò che gli americani negli hamburger ci mettevano le mucche tritate, coda e zoccoli compresi.  Ovviamente non era così, o almeno lo spero. Però mi rimase il dubbio: se quella era carne genuina, perché sminuzzarla tanto e non tritarla normalmente come fa il macellaio sotto casa?
Probabilmente avevo abboccato a una leggenda metropolitana e magari il mio amico d’infanzia aveva capito che ero un soggetto non troppo acuto.
Fatto sta che non mi trovai mai a tu per tu con un Big Mac e preferii sempre la via solitaria per casa quando la comitiva sceglieva l’approdo di McDonald’s.
Due anni fa, durante una vacanza all’estero, mi imbattei in un McChicken o qualcosa del genere. Avevo maturato una fame pazzesca e una certa indulgenza nei confronti della carne bianca.
Lo addentai e fu l’inizio di un’epoca.
Oggi non mi interrogo su quel che mastico quando mi trovo da McDonald’s, mi curo esclusivamente dell’effetto meraviglioso di certe porcherie sull’umore. E poi, da tirchio, volete mettere la soddisfazione di strafogarsi con un CBO a pochi euro?

Tenetevi forte

Oggi su Sette, l’inserto del Corriere della sera, a pagina 86 si parla di un noto matrimonio