Da Copernico all’iPhone

Un caro amico rischia di passare dal cellulare di destra (un Nokia dell’età della pietra) a quello di sinistra (un iPhone 4). Una seconda rivoluzione copernicana, insomma.
Ora, siccome tutti i grandi capovolgimenti storici comportano traumi psicologici e terremoti nelle coscienze, temo seriamente per l’incolumità della moglie.

Signori o dottori?

Tremendo è il laureato che si firma, si fa chiamare e, addirittura, si presenta col titolo di dottore. Peggio ancora è il non laureato che millanta e si fregia di qualcosa che non merita: ricordo un corrispondente di provincia che, esagerando, si faceva chiamare direttore.
Campioni mondiali di povera presunzione,  in tal senso, sono alcuni (pochi) medici, i magistrati e commercialisti, possibilmente neo laureati dopo una navigazione fuoricorso decennale. Ostentano il loro titolo di dottore come un elemento di distacco: del resto il loro rapporto con l’altro necessita di un balcone, di un predellino che renda evidente il dislivello, la differenza di altezza. Io guaritore, tu paziente. Io giudice, tu cittadino. Io esperto, tu cliente.
Anche tra le altre categorie c’è un grottesco orgoglio nel fregiarsi di un’abbreviazione di quattro lettere: dott e il portinaio ti rispetta; dott e la segretaria è più motivata; dott e la vita ti sorride.
Non cerco il colpo a effetto e vi dico una cosa scontata. Alcune delle persone migliori che ho conosciuto hanno schivato con grande attenzione il sistema della finta meritocrazia del “dottoresimo”. Come si dice? Signori si nasce, di sicuro. Dottori lo si diventa, forse.

Menzogne ministeriali

Il ministro dell’innovazione Renato Brunetta dà la sua versione dei fatti sulla vicenda dell’insulto ai precari.

Al termine del mio intervento, una signora tra il pubblico ha chiesto di poter prendere la parola. L’ho quindi invitata a salire sul palco, nonostante dovessi recarmi entro pochi minuti al Quirinale per la cerimonia di conferimento del Premio Nazionale per l’Innovazione, alla presenza del presidente Napolitano. Quando capisco che la signora voleva parlare di precari e pubblica amministrazione, dico: “Scusi l’argomento è troppo complicato e lungo, non ho il tempo per trattarlo”. Mentre scendo dal palco vengo insultato: “Buffone!”. Compare uno striscione. Cominciano gli spintoni. E a questo punto dico: “Voi siete l’Italia peggiore”.

In realtà, come si vede in questo video, appena la signora sale sul palco il ministro le chiede di presentarsi. Non dice “Scusi l’argomento è troppo complicato bla bla bla”. No. Lei si presenta e il ministro, appena sente la parola “precari”, si gira sui tacchi e se ne va, dicendo:

Grazie, arrivederci, buongiorno, questa è la peggiore Italia. Grazie.

Quindi Brunetta mente sulla parte cruciale della vicenda, che è quella della provocazione. Non è vero che c’è stata un’offesa preventiva, che è  l’architettura di tutta l’autodifesa. Cioé: non c’è stata alcuna azione squadrista, non c’è stata nessuna trappola.
Brunetta ha offeso prima che qualcuno reagisse e lo offendesse. Non ci sono stati spintoni prima che lui se la prendesse con l’incolpevole precaria, non c’è stata nessuna aggressione prima che lui trattasse coi piedi quella donna.
Non sono dettagli, questi. Perché è fondamentale sapere se un ministro è in grado di dire la verità oppure no. Ovunque, tranne che in Italia.

 

Date a Cesare quel che è di Battisti

Da anni cerco qualcuno o qualcosa che mi convinca del fatto che, in fondo, è giusto liberare un assassino.
Al momento però fin quando  non mi verrà puntata una pistola alla schiena – vivendo in Italia e non in Brasile – nessuno riuscirà a estorcermi una folle intenzione: resto dell’idea che un delitto è un delitto a qualunque latitudine. Insomma, tra gli ideologi di una sinistra complottista e i parenti delle vittime scelgo quest’ultimi.

Il ciclista del faro

Foto di Daniela Groppuso

Se avete un fine settimana libero o avete in programma di fare una vacanza in Francia, ho un consiglio da darvi. Prendetevi il tempo – bastano due giorni – per arrivare sino a Saintes Maries de la mer in Camargue. Lì affitterete una bicicletta – 10 euro per quattro ore, 15 per tutta la giornata – e pedalerete verso la riserva naturale. Dopo circa 15 chilometri arriverete al faro de la Gacholle, scatterete una foto come quella che vedete in questa pagina, ringrazierete Dio per avervi regalato due gambe solide e un panorama inaudito, e inizierete la pedalata di ritorno.
A Santes Maries de la mer vi accomoderete in uno dei tanti ristorantini che strillano i loro menù su colorati cartelloni in mezzo alla strada e con  altri 15 euro mangerete un’ottima paella che – incredibile ma vero – è una delle specialità del luogo (l’altra sono le moules et frites, cozze con patate fritte, roba per uomini di fegato, inteso come organo).

Sorridenti davanti alla fine

Leggo articoli come questo e sorrido. Certo, è difficile sorridere quando la barca sta affondando. Però, anche nel momento più drammatico c’è un dialogo con la propria coscienza che ti rasserena: ho fatto quel che potevo? Ho dato l’allarme per tempo? Ho lasciato che gli altri mi maledicessero per le mie infauste premonizioni? Mi sono dissociato in modo evidente? Ho messo la mia faccia e il mio nome a testimonianza di un dissenso civile ed eppure fermo? Sono stato sufficientemente chiaro?
Al bando le false modestie: ditemi se questo non è un allarme che avevamo lanciato anni fa.

P.S.
Quest’ultimo link necessita di un po’ di tempo per essere esplorato in modo completo. Vi chiedo scusa.

P.P.S.
Resta il celebre video dei Beati Cavoli a svelare il trucco del sindaco invisibile.

Nous en Provence

La Provenza è talmente bella che non basta scattare una foto per portarsela nel cuore. Viene spontaneo fotografare anche chi la fotografa.

Lo gioia dopo la tempesta

Dopo la delusione della notte romana, ma con la gioia del risveglio milanese, mi prendo qualche giorno di riposo al di là delle Alpi.
Comportatevi bene.

(…)

Siccome c’è un’odiosa sentenza che mette in dubbio la libertà di chi, come me, scrive con assiduità su un blog, preferisco tacere per oggi. Tanto per togliere elementi a chi vorrebbe accusarci di stampa clandestina.

In Italy we almost have a dictatorship of left judges

Obama, quello abbronzato, ascolta annuendo come un pupazzetto a molla. Una larga fetta dell’Italia spera disperatamente in una debacle dell’interprete e, alla fine, si aggrappa a un dato di fatto: il presidente Usa non risponde.
Due considerazioni.
1) Berlusconi, dicono i suoi accoliti, in fondo ripete ciò che ha sempre detto. Come se riproporre orgogliosamente un’ossessione fosse il motivo sublime del concetto: straparlo (strapenso?) ergo è giusto quello che dico.
2) Che caspita gli racconta al presidente del più potente stato del mondo, uno che ha una scala di emergenze molto diversa dalla sua (uno che, tanto per dire, fino a qualche giorno fa era rinchiuso nella situation room a occuparsi di cose ben più delicate)?