Palermo senza Orlando

La chiusura dell’era Orlando a Palermo è importante più per quel seguirà che per ciò che è accaduto sin qui. Perché Orlando è stato Palermo e adesso senza di lui la città deve scegliere cosa o chi essere. I palermitani sono purtroppo esperti di indolenza, maestri in quell’arte storta del lasciarsi trasportare senza manco pagare un biglietto. Quindi oggi, alla vigilia di una tornata elettorale i cui unici spunti che resteranno sono gli arresti per questioni di mafia e l’endorsement di Heater Parisi per una aspirante sindaco che crede a Putin e non crede ai vaccini, va riconosciuto ad Orlando di aver fatto ciò che un sindaco, nel bene e nel meno bene, può fare: imprimere un’orma e farla diventare sentiero.

L’ormai ex sindaco ha molti meriti, civili, culturali, sociali. E altrettanti demeriti, amministrativi, caratteriali, politici. Ha incantato con la sua “visione”, dimostrando di saper guardare lontano, ma non ha brillato nell’affrontare l’ordinario, snobbando ciò che è vicino. Soprattutto – ed è un suo vizio antico – non è stato in grado di scegliersi una squadra fidata ed efficiente (salvo rarissime eccezioni).
Il risultato è che oggi il panorama è talmente sconcertante che è più chiaro per chi non votare che per chi schierarsi. Perché Palermo, questa Palermo, deve avere la forza di trovarsi una narrazione senza il dio-demone Orlando, senza qualcuno da amare e maledire allo stesso tempo.
Non è mai stato così nella storia di questa città. I sindaci o si odiavano o si amavano, o si rispettavano per ruolo o per convenienza. Dal pugno di ferro del sindaco boss al pugno di salatini del sindaco aperitivista a go-go, Palermo è stata comunque ostaggio: della mafia, dell’ignoranza, del gioco di specchi di una politica cialtrona. Con Orlando no. Con lui Palermo è stata finalmente Palermo, con le sue possibilità inespresse, con le sue gioie improvvise, con le sue insopportabili contraddizioni, con il suo posizionamento mediatico. Con le sue rinnovate vergogne.
Perché ovunque vai, nel mondo, quando dici Palermo dici Orlando. E tutti conoscono spesso prima lui della sua città.

Ora i palermitani devono mostrare di saper nuotare in mare aperto, da soli. Quello stesso mare che Orlando ha reso ponte anziché confine, battendo, con un’intuizione politica che solo i grandi hanno, un ministro che chiudeva i porti con un tweet: la forza della ragione è il grimaldello dei cuori migliori, quelli che la diversità la cercano e non la sfuggono, quelli che allargano le braccia non per negarsi ma per accogliere.
Chi verrà a Palazzo delle Aquile dovrà ricostruire una macchina comunale allo sfascio, dovrà soprattutto sfuggire alle trappole di una politica gretta e pericolosa che usa il Consiglio comunale come un’arma di ricatto.
Soprattutto dovrà dirci dove andremo.
E rassicurarci che la primavera è una stagione che torna, torna sempre.

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Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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