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Racket e tatuaggi

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Nella retata che inchioda mafiosi ed estortori del Borgo Vecchio di Palermo c’è un’immagine che è simbolo e nemesi, alibi e ragione. La invoca sgraziatamente un boss che, intercettato, consiglia a un cantante neomelodico di “tatuarsi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” in modo da prendersi alla bell’e meglio una patente di antimafioso. Al contempo la brandisce come uno scudo l’imprenditore Giuseppe Piraino dinanzi a un farfugliante esattore del pizzo: “Ecco Falcone e Borsellino”, dice mostrando un foglio con la celebre immagine dei due magistrati, “vada a studiare e si vergogni”. Non è la prima volta che l’antimafia viene usata come tuta mimetica dai mafiosi e non è la prima volta quell’imprenditore strapazza con la sola imposizione della ragione un delinquente. È la prima volta però che questi due usi opposti del simbolo Falcone e Borsellino vengono fuori contemporaneamente detonando nella coscienza molle della città. Il passaggio dall’antimafia di facciata a quella decorata sulla pelle ci dice molto dei nostri tempi e del mutato uso dell’ago che un tempo sanciva fedeltà a Cosa Nostra e oggi la dissimula. Il tentativo di mimesi grottesca  – il tatuaggio come il lasciapassare di “ Fracchia e la belva umana” – magari farà luccicare per il rimpianto gli occhi di chi manifesta nostalgia per la “vecchia mafia che difendeva il territorio”, ma può strappare un sorriso in tutti quelli che s’immaginano i nuovi strateghi dei boss con trucco e parrucco impegnati a travestirsi da attivisti antimafiosi, tipo Stanislao Moulinsky. Il problema dei simboli è che sono armi a doppio taglio: ma sempre armi sono. Bisogna saperli maneggiare. Così il comandante provinciale dei carabinieri Arturo Guarino che, in video, si toglie il cappello per ringraziare gli imprenditori che hanno denunciato fa un gesto simbolico che va oltre l’omaggio personale. Perché sa che “il coraggio non ci manca, ma è la paura che ci frega”. Lo disse Totò: forse è un’idea più calzante come tatuaggio per quel cantante.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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