Né Tears né Fears

Sono uno fortunato. Nella mia vita, per passione e soprattutto per mestiere, ho assistito a molti concerti dal vivo. Quello che ho visto sabato scorso al Forum di Assago lo ricorderò per due motivi contrastanti: era in cima alla lista di quelli che mi mancavano (e dovevo assolutamente mettere nel carniere) ed è stato qualcosa di molto diverso da ciò che mi aspettavo.
Parliamo dei Tears for Fears e del loro “Rule the World Tour”, (la tappa milanese che doveva essere recuperata dallo scorso anno quando fu annullata per indisposizione e/o bizze degli artisti). La mia avventura non era iniziata benissimo dato che il biglietto acquistato per oltre il triplo del suo valore, a causa di un secondary ticketing selvaggio che ho provveduto a segnalare per tempo alla Guardia di Finanza, aveva già messo a dura prova la mia pazienza. Tuttavia mi sono presentato all’appuntamento con passione e curiosità di ordinanza e, da un punto di vista strettamente musicale, non sono rimasto deluso. Il fatto è che Roland Orzabal e Curt Smith propongono uno spettacolo molto serrato e, diciamolo, abbastanza breve: un’oretta e mezza scarsa (bis compreso) di musica con quel repertorio lì è un antipasto, altro che cena completa. I Tears for Fears mettono su una macchina molto professionale – troppo, al limite del freddo – per concentrare in un tempo relativamente breve una carriera di successi stellari. Gli arrangiamenti poco lasciano all’emozione live poiché raccontano esattamente la storia che conosciamo tramite il prodotto discografico: precisione, compostezza e rapidità. Anche nella scenografia, uno schermo grande ma non troppo propone il déjà-vu di immagini note (e apprezzate) nei loro prodotti e quasi ostenta la pigrizia di tralasciare telecamere a favore di chi, in uno spazio così ampio, vede il palcoscenico da troppo lontano pagando un biglietto salato.
Insomma ci si diverte, si balla e si canta per la forza delle canzoni, non certo per quella dei loro autori e interpreti che probabilmente nascondono una stanchezza sotto una corazza di solida imperturbabile professionalità. Un compitino ben fatto, un sano artigianato di larga scala.
Voto 7+, si poteva fare meglio.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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