Senza fiato (per altitudine e meraviglia)

Coi laghi californiani ci abbiamo preso gusto. Quindi decidiamo di addentrarci nei territori della Sierra Nevada, precisamente lungo il versante est, quello che prelude al Nevada.
A questo punto è necessaria un’avvertenza per chi soffre l’altitudine poiché seguendo il nostro itinerario per almeno un paio di giorni non scenderete al di sotto dei duemila metri e sfioreremo punte di tremila.
Da South Lake Tahoe imboccando la 395 in direzione sud si arriva a una successione di laghi di una bellezza sorprendente: Mono Lake coi suoi monumenti naturali di tufo; June Lake, raccolto e silenzioso; Mammoth Lakes che è un balcone su molti altri laghi. Uno su tutti: Horseshoe Lake, con il suo paesaggio lunare di alberi bruciati dalle esalazioni di anidride carbonica che provengono dal terreno vulcanico. Noi ci siamo arrivati al tramonto e l’abbiamo giudicato bello in modo struggente.


Il nostro viaggio è fatto di scelte radicali, se scommettiamo su un itinerario ben definito sappiamo bene di poter perdere qualche occasione preziosa. Con questa filosofia abbiamo serenamente scelto di evitare Yosemite National Park perché i chilometri, come i vizi, non sono gratis.
Altra avvertenza. Scegliendo, come abbiamo fatto noi, la 395 verso sud e superato il Tioga Pass, perderete ogni possibilità di accesso facile a Yosemite e al Sequoia National Park nonostante la cartina geografica ve li mostri a un tiro di schioppo. Colpa della barriera fisica della Sierra Nevada.
Una deviazione imperdibile è quella verso le White Mountains, sia per la strada che sembra fatta apposta per le foto da desktop, che per la tappa finale, l’Ancient Bristlecone Pine Forest. Non è roba per sedentari, ma comunque è un’escursione riservata a chi sa muoversi in altitudine. Il Visitors Center è poco sotto i tremila metri. Da lì avete la possibilità di scegliere vari itinerari. Noi abbiamo optato per quello light che arriva quasi a 3.100 metri. Ma tutti gli sforzi saranno premiati quando arriverete al cospetto dei pini millenari, piante di quattromila e passa anni che stravolgono le più elementari aspettative di noi turisti. Come ve li immaginate degli alberi risalenti a più di duemila anni prima di Cristo? Alti, larghi, possenti. Nulla di più sbagliato. Questi pini, classificati tra gli esseri viventi più antichi sulla terra, sono tutto sommato piccoli, compatti e hanno la più importante dote che un ospite di questo mondo possa avere: la resistenza, che è parente stretta della costanza. Gli scienziati vi spiegheranno che probabilmente il segreto della loro longevità sta nella ricchezza di resina che tiene lontani insetti e parassiti. Noi, che ci siamo sentiti granelli di sabbia davanti a questi simboli di un’eternità terrena, vi diciamo che c’è un motivo in qualche modo metafisico dietro la sopravvivenza record in un contesto ambientale così ostile (gelo d’inverno, caldo d’estate e vento, sempre vento). Se più laicamente cercate qualcosa di fenomenale – della serie “mai visto prima” o “incredibile ma vero” – fatevi un giro nelle White Mountains, sedetevi davanti a uno di questi pini. E pensate che il tempo che passa è solo vostro, non suo.

6 – continua

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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