Duran Duran, trent’anni dopo

Duran_duran_ticket_palermo_italiaL’articolo pubblicato ieri su Repubblica.

Chissà quanti dei quattromila e passa spettatori che stasera assisteranno al concerto dei Duran Duran a Taormina era allo stadio comunale di Palermo, quella sera di fine maggio del 1987 quando Simon e compagni infiammarono i cuori di trentamila spettatori. Perché solo chi c’era allora può tracciare, un po’ per gioco e un po’ no, una linea ideale che unisce quegli anni con questi. E magari scoprire che le cose non sono andate come ci aspettavamo.
Gli spettacoli in Sicilia nel 1987 godevano ancora di finanziamenti a pioggia, soprattutto regionali: il che ci consentì di vedere dal vivo giganti come Miles Davis o Frank Sinatra, ma innegabilmente contribuì al dissesto economico e, diciamolo, morale che di lì a poco sarebbe esploso nei mille scandali tangentizi che conosciamo. Erano ancora gli anni della finta ingenuità politica, di una crisi di lucidità collettiva che silenziava lo stupore davanti a un assessore al Turismo che fondava coi suoi parenti una società di produzione di spettacoli e si autoassegnava, due mesi dopo, una rassegna estiva. Il tutto rimanendo a piede libero.
A Palermo i Duran Duran arrivarono in una pompa magna al cubo dato che la Sicilia era la prima regione del loro primo mega-tour italiano. David Zard, che allora organizzava l’evento, dichiarò che anche a stadio esaurito sarebbe andato in perdita. Non gli credette nessuno, ma per poche ore i giornali lo dipinsero come un benefattore delle folle. Due maxischermi furono fatti installare dall’assessore comunale dell’epoca, Benito Vella, a Tommaso Natale e in piazza Magione: si disse per motivi di ordine pubblico, si intuì per motivi elettorali dato che dopo qualche giorno si votava per le Politiche e Vella era candidato al Senato. Leoluca Orlando, già allora sindaco, non perse tempo a polemizzare col suo amministratore che inanellava slogan tipo “Palermo non è solo mafia”, dicendo che il Comune non avrebbe mai uscito una lira per il concerto. Intorno allo stadio c’erano le casupole diroccate di via Resuttana e i mitra dei poliziotti che dalle “Tre torri” vigilavano su una città impegnata nel primo maxiprocesso alla mafia. Insomma, la Palermo dei Duran Duran era una terra di trincea non ancora attraversata dalle trincee vere: i lavori di Italia ’90 e le bombe di Cosa Nostra; terra smossa, coscienze immobili.
Chissà quanti di quelli che stasera affolleranno il Teatro Greco di Taormina si guarderanno alle spalle non per perfezionare l’inquadratura del selfie, ma per capire se lo spettatore vicino ha più ricordi o più speranze. La musica è ottima come catalizzatore di emozioni. Quella dei Duran Duran, in particolare, ha il pregio di non essersi incatramata in cliché fastidiosi dal momento che negli anni si è rinnovata con sorprendente vigore. E poi c’è la fame. Fame di musica, di cultura, di suggestioni artistiche. In una Sicilia in cui la chiusura dei rubinetti dei contributi ha portato a tutto fuorché al risanamento dei conti, anche un filo d’erba fa giardino. I quattromila di Taormina oggi pesano più dei trentamila di Palermo di ieri, a cominciare dal prezzo degli ultimi biglietti disponibili, 55 euro: chi di noi si sarebbe potuto consentire un biglietto da centomila lire nel 1987?
Anche tra gli organizzatori sono cambiati i codici e i linguaggi. Ad esempio nella gestione del rider, l’elenco delle richieste (quasi sempre folli) degli artisti. Un tempo questi fogli erano riservati ed erano per questo il trofeo ambito dei cronisti. Oggi vengono pubblicizzati nei comunicati stampa, probabilmente per coinvolgere sempre più pubblico, per alimentare thread nel web. Sappiamo quindi che i Duran Duran a Taormina hanno chiesto “champagne francese, vini pregiati italiani e francesi ed acqua minerale Fiji, proveniente dalle omonime isole del pacifico”. Che a giocare con la memoria è un’inezia rispetto alla limousine che ai tempi Miles Davis aveva chiesto per fare il suo ingresso sul manto erboso dello stadio di Palermo; richiesta ritenuta irricevibile non per l’auto, che era stata trovata facilmente, quanto per la protesta dei responsabili del Palermo Calcio che erano pronti a sdraiarsi sul campo pur di impedire la messinscena. Per non dire delle richieste dei Van Halen, classificati amichevolmente come i più capricciosi e molto più prosaicamente come i più stronzi, la più leggendaria delle quali è quella delle M&M’s marroni: il gruppo chiedeva chili dei celebri confetti colorati e guai se ne avessero trovato uno marrone. Ma erano altri tempi, altre storie. Oggi la musica è cambiata, innanzitutto per quantità: quindi teniamoceli stretti i Duran Duran. Vedrete, la prossima volta si accontenteranno di un buon Bianco d’Alcamo.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

Un commento su “Duran Duran, trent’anni dopo”

  1. Io c’ero, anzi…io e la mia attuale metà, allora amichetta, c’eravamo. E non dimenticheremo mai la richiesta del carabiniere che ci perquisì all’ingresso, di mostrargli “il zainetto”. Bei tempi.

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