L’inganno dell’imprenditore furbetto

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

A Palermo un importante imprenditore della ristorazione, e manco l’unico, rubava l’energia elettrica. Scoperto e arrestato, ha ammesso l’errore, si è giustificato dicendo che “c’è la crisi” e ha patteggiato una pena di quattro mesi e 200 euro tornando subito in libertà. La sua pasticceria sforna dolci molto richiesti e nemmeno nel giorno dell’arresto del titolare ha mancato di effettuare le consegne ai clienti che avevano prenotato cassate e cannoli vari. Sin qui, la cronaca.
Se non esistesse uno scenario alternativo, si sarebbe legittimati a pensare che, vabbè, chi sbaglia paga, che lui ha sbagliato e ha pagato, che esistono reati peggiori, che il momento è difficile, e via giustificando.
Ma lo scenario alternativo esiste ed è imbarazzante da rievocare, tanto è dimenticato e spiazzante nella sua semplicità. E’ quello che vede protagonisti altri imprenditori della ristorazione che l’energia elettrica non la rubano, la pagano sino all’ultimo centesimo e che non si sognano di fare i furbi anche se la tentazione è forte. Perché la loro politica dei prezzi risente dei cosiddetti costi della legalità, che sono alti eppure invisibili al cliente: se non pago le bollette e le tasse posso vendere i miei prodotti a meno e in questo modo entro a gamba tesa nel mercato fregando tutti.
La tentazione è forte, sì. Perché il rischio, tutto sommato, è minimo. A fronte di un risparmio di migliaia e migliaia di euro, uno se la può cavare con qualche mese di pena sospesa e con una multa di poche centinaia di euro.
Ecco, questo scenario è quello che scombussola la tentazione giustificazionista che ci attanaglia quando siamo davanti a notizie come quella del pasticciere alla moda o del ristoratore di lungo corso che rubano l’energia elettrica come se fossero abusivi di un campo nomadi. (…)
In “Senza un soldo a Parigi e Londra”, George Orwell scrive del denaro come banco di prova del valore: “In questa prova i mendicanti falliscono e per questo sono disprezzati. Se si potessero guadagnare dieci sterline alla settimana con l’assiduo accattonaggio, immediatamente l’accattonaggio diventerebbe una professione rispettabile”. Allo stesso modo, attualizzando il concetto Orwelliano, l’imprenditore che riesce a non farsi beccare dai carabinieri si propone come uomo di successo, poiché in salute economica, e come strenuo difensore dei propri dipendenti il cui posto di lavoro è salvaguardato grazie proprio agli introiti illeciti. In realtà sa benissimo che il suo ruolo è molto diverso, in quanto è lui stesso ingranaggio di un meccanismo inceppato, causa concreta della crisi che, una volta scoperto, brandisce come scusa. Non servono nuove leggi, pugni di ferro e squadre speciali per cambiare le cose. Serve piuttosto una nuova consapevolezza che ci indichi sempre lo scenario giusto, che ci guidi anche nelle sensazioni epidermiche quando ci troviamo dinanzi a queste vicende. Bisogna innanzitutto raccontarsela giusta. Una cosa è la storia, un’altra le storielle.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “L’inganno dell’imprenditore furbetto”

  1. Ciò che inoltre mi infastidisce è che l’enel sa benissimo chi e dove si ruba la luce, perchè ho verificato sistemi di controllo a monte molto efficienti, ma interviene molto sporadicamente ricaricando quanto non remunerato sugli utenti paganti.

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