C’è del bello in Danimarca

Uno scorcio di Ribe, in Danimarca
Ribe, nello Jutland. La città più antica della Danimarca

La Danimarca è il Paese ideale per una vacanza non lunghissima, basta una settimana o poco più per visitarla senza che vi prenda quella strana sindrome da “eccesso di civiltà” ben nota a chi, come il sottoscritto, è nato e vissuto in un posto come la Sicilia.
Il dato fondamentale mi pare questo: la Danimarca è un posto ordinato, bello e semplice che  fa della regolarità – civile, geografica, politica, persino storica – un monumento.


Sono stato allo Smukfest, un imponente festival del rock che si svolge in una foresta, una foresta vera con alberi, radure, eccetera. Decine di migliaia di giovani (e meno giovani) ogni anno si incontrano in questa immensa area verde nei pressi di Skanderborg, bevono ettolitri di birra, assistono a concerti di artisti danesi e internazionali (quest’anno c’era Prince, di cui magari vi parlerò un’altra volta, preceduto sul palco da un altro principe, quello vero, Federico di Danimarca che non ha suonato ma ha augurato ai suoi concittadini una felice serata), cantano, ballano come in una Woodstock del terzo millennio e non si fanno troppo male. Mai visto ubriachi così composti, in vita mia.
A Copenaghen sono stato in uno di quei pub trendy segnalati dalla Lonely Planet il cui nome non prometteva niente di buono dato che si chiama Ruby. Al barman ho chiesto un cocktail Martini classico. Lui: “Classico quanto?”. Io: “Sai come si fa?”. Lui sorridente: “Ok, facciamolo assieme”. Mancava il bicchiere adatto, ma è venuta fuori una cosa accettabile.

Le ragazze sono davvero belle e non è un luogo comune (lo sono anche i ragazzi, ma dell’argomento dovrebbe scrivere mia moglie e non so se mi va di leggerne). Ben curate, vestite con gusto raffinato, poco trucco, molta sostanza. Solo che ho avuto l’impressione che invecchino male. C’è una sorta di confine generazionale tra una bella donna e una vecchia non proprio bella, ed è netto: mi è parso che questo genere di bellezza regolare che ha nella freschezza il suo punto di forza a un certo punto non si limiti a svanire, come avviene alle nostre latitudini, ma si disintegri.
A Copenaghen come ad Aarhus e in tutte le principali città danesi impera lo stile minimal. Nel design, nell’architettura e nell’abbigliamento la linearità è una costante quasi maniacale. Il risultato è una visione delle cose, intese come oggetti ma anche come progetti, rassicurante e fluida. Il danese è mediamente regolare, si diverte, lavora, viaggia, si nutre, compra, con la stessa ferrea razionalità con la quale i suoi artisti compongono e progettano. Solo in Danimarca si incappa nell’incosciente ottimismo di celebrare come eroe uno che dalla Danimarca è fuggito facendo la fortuna negli Usa.

Soldi. Si spende molto, due caffè costano almeno sette euro, ma con un po’ di attenzione si può viaggiare comodamente e risparmiare quanto basta per evitare il tracollo familiare. Con gli alberghi, ad esempio. Molte catene di hotel offrono un servizio basic – camera spartana ma pulita, prima colazione da caserma, bagno con doccia e ovviamente niente bidet – a prezzi abbordabili: 70 euro a camera per notte. Poi rivaluterete il tinello di casa vostra.
In Danimarca si pagano molte tasse, come da noi, e l’iva è al 25 per cento. Però pochi cittadini evadono il fisco perché i servizi forniti dallo Stato valgono il tributo fino all’ultima corona. Le autostrade sono gratis, il wifi negli aeroporti è libero, le biciclette, ovvero il principale mezzo per spostarsi, sono gratis.
Le città sono pulite in modo, per così dire, discreto, senza cioè l’ossessività svizzera: può accadere di vedere una cartaccia per terra, ma è impossibile che quella cartaccia resti lì sino al giorno dopo. Le isole pedonali sono praticamente ovunque, ma anche qui non ci si imbatte in quel fondamentalismo urbanistico che vuole la criminalizzazione delle auto. Persino a Copenaghen si circola tranquillamente in macchina e il traffico è scorrevole: per addentrarsi nel centro città bisogna ovviamente posteggiare pagando un ticket di poche corone (le multe per chi cerca di posteggiare gratis sono invece salatissime) e andare a piedi.

Per finire, qualche consiglio sui posti da visitare.
A parte la capitale, che merita al massimo un paio di giorni, vi consiglio Aarhus, con un delizioso porto turistico nel quale è bello sorseggiare una birra Royal Classic, da cui potrete fare una puntatina a Ribe e nella regione dei laghi. Facilmente evitabile il museo delle navi vichinghe a Roskilde, mentre una zona da vedere è quella delle spiagge della Zelanda settentrionale e del castello di Kronborg (quello dell’Amleto) a Helsingor.

The Boy, opera simbolo dell'Aros Aarhus Kunstmuseum
The Boy, opera simbolo dell’Aros Aarhus Kunstmuseum

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

8 commenti su “C’è del bello in Danimarca”

  1. Insomma, ve la siete proprio goduta ‘sta Danimarca. Tutta salute! Bravi!

  2. Vi consiglio la visione di un recente film danese, Royal Affair (http://en.wikipedia.org/wiki/A_Royal_Affair), che narra proprio la più recente storia della monarchia danese che dal famoso “c’è del marcio in Danimarca” ha visto ri-nascere una monarchia costituzionale moderna dove tanto l’interesse generale è divenuto centrale quanto l’individuo.
    Comunque, sicuramente la Danimarca è un bel paese, ma piange il cuore – soprattutto a noi italiani “esuli” all’estero – pensare che la nostra Italia potrebbe essere un paese bellissimo solo se non avessimo un tasso di corruzione generalizzato che ormai ha raggiunto limiti insopportabili anche in alcuni paesi africani e che non si vede nemmeno in Sud America. In Italia, abbiamo un clima magnifico, il mare insieme alle montagne e alle campagne più belle d’Europa; una patrimonio culturale e artistico senza eguali al mondo; senza dubbio la migliore cucina del mondo; potremmo avere la migliore agricoltura biologica del mondo; abbiamo il più elevato senso estetico e della bellezza che tutto il mondo ci invidia; ma, abbiamo anche la peggiore classe politica e dirigente del cosiddetto mondo occidentale e sicuramente, non solo del G8, del G20!

  3. Ottima scelta. Magari aggiungendo una gita a Malmoe dopo aver percorso il ponte sull’Oresund e un’altra a Billund per vedere Legoland, paradiso di noi bambini di una certa età.

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