Berlusconi e i miracoli in Sicilia

Berlusconi a Lampedusa

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Datemi un’emergenza e vi stupirò. L’arte di Berlusconi è sempre stata quella di apparire come un messia nel momento immediatamente precedente al disastro e di esibirsi non in un normale salvataggio, ma come minimo in un miracolo. Per elementare conseguenza la Sicilia, che di miracoli si è sempre vanamente alimentata, è stata il suo tempio preferito, il luogo in cui celebrare il rito della promessa salvifica: né pani né pesci da moltiplicare, ma milioni di euro da far piovere dal cielo. E dopo decenni di dominio incontrastato sulla terra che le emergenze se proprio non le trova se le inventa, si può essere certi che non sarà una condanna seppur definitiva a cancellare la memoria di certi prodigi del Berlusconi più siculo dei siculi, camaleontico per furba sintonia coi problemi altrui.
A Lampedusa, nella primavera del 2011, in piena emergenza immigrazione, con quelli del centro di accoglienza costretti a stipare clandestini pure nei cessi, annunciò: “Sono diventato lampedusano anch’io, mi sono collegato a internet, ho cercato una villa e l’ho comprata”. Due milioni di euro di cemento sbrecciato con vista su cala Francese, soldi buttati dato che, come scoprì Repubblica l’estate seguente, Berlusconi in quella casa non ci mise mai piede.
L’uomo delle magiche illusioni ha sempre avuto una sua ferrea razionalità: dove c’è un problema c’è un serbatoio di voti. Nel 2002, la tremenda crisi idrica che piagò tre quarti di Sicilia gli fornì l’ispirazione per l’ennesima missione impossibile. In quattro e quattr’otto si trovò un tubo tra la diga Rosamarina e il potabilizzatore di Scillato, si convocarono i giornalisti, si deportarono in zona una mezza dozzina di sindaci azzurri e si allestì un palcoscenico mediatico attorno a un rubinetto. Il 21 settembre il premier arrivò col sorriso delle grandi occasioni, aprì il rubinetto e un getto d’acqua zampillò davanti alla piccola folla rincoglionita dalla calura. Applausi, strette di mano e arrivederci. Seguirono anni di sete, blocchi stradali e disagi prima che la situazione dell’approvvigionamento idrico di Palermo si avvicinasse a quella di una città civile, ma la datazione ufficiale del miracolo resta legata a quell’indimenticabile equinozio d’autunno.
Se si vuole indagare a fondo il modello di riferimento dell’interventismo berlusconiano occorre studiare il caso della Palermo-Messina, l’autostrada più inaugurata del mondo. Passi che dalla posa della prima pietra sono passati oltre 40 anni, ma l’escalation di festeggiamenti attorno a questa struttura nell’anno di grazia 2004 rimarrà indimenticabile. A fine giugno aveva aperto le danze il viceministro Gianfranco Micciché benedicendo davanti alle autorità il completamento dell’ultimo viadotto. Cinque mesi dopo, il ministro Pietro Lunardi aveva celebrato l’apertura dell’ultima galleria. A dicembre, quasi alla vigilia di Natale si era materializzato lui, Berlusconi in persona, per annunciare l’apertura di una delle due carreggiate. E stavolta le cose si erano fatte in grande, come il prestigio del personaggio imponeva: 2.500 invitati, 980 mila euro di spesa per la cerimonia, di cui solo 120 mila per il tendone che avrebbe dovuto fungere da camerino del presidente e 100 mila per il servizio fotografico, manco che gli scatti li avesse fatti Patrick Demarchelier. Tutto a spese del Consorzio autostradale siciliano, cioè della Regione, cioè di tutti noi.
Da una crisi all’altra, la Palermo di Cammarata, sindaco simbolo del dominio berlusconiano nel sud, non si è fatta mancare niente. Nel giugno del 2009, con lo scandalo Amia appena deflagrato (Dubai, aragoste, bella vita a scrocco), la città si ritrovò sommersa dai rifiuti. Tra cassonetti in fiamme e montagne di immondizia maleodorante che intimorivano persino i topi, Cammarata chiese aiuto al premier. La situazione era drammatica sia sul fronte sanitario che su quello dell’ordine pubblico, ma Berlusconi bollò tutto come un “problemuccio”, garantì “un impegno finanziario per la soluzione del problema” e inviò Bertolaso a guidare le truppe cammellate dell’esercito per la liberazione di Palermo dalla fetenzia. Qualche giorno dopo Cammarata, ebbro di soddisfazione, sfoderò una dichiarazione epica: “Le risorse del governo Berlusconi ci consentiranno, oltre che di risanare l’Amia, di coprire progetti più ad ampio respiro per lo sviluppo della città”. L’unico respiro di cui si avrà contezza sarà quello, interrotto, dell’Amia che morirà di stenti quattro anni dopo.(…)

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

3 commenti su “Berlusconi e i miracoli in Sicilia”

  1. Ho già letto l’articolo di prima mattina:condivido in pieno le argomentazioni poste in essere.
    Ora che si va alla contrapposizione finale
    – e diventa urgente l’abrogazione del porcellum –
    si ponga una sola domanda agli italiani, che
    valutano la frode fiscale una evasione fiscale:
    Berlusconi giudicato e condannato in via definitiva è un delinquente? SI o NO!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *