Le lezioni americane

Una buona notizia. Il centrosinistra sembra aver finalmente capito che le primarie non sono uno strumento di faida, ma un’occasione di crescita, di ostentazione di democrazia se vogliamo.
La mano tesa di Bersani a Renzi in risposta all’apertura di quest’ultimo dopo la sconfitta, è un raggio di sole nel buio della politica italiana. Gli ingranaggi dei partiti hanno bisogno di una buona passata di lubrificante: serve innanzitutto un rinnovato collegamento con la base elettorale che si illude di contare ancora. Le primarie sono preziose in quest’ambito. Non a caso negli Stati Uniti, dove sono state inventate, servono non a dividere ma a consolidare. Ci si affronta più o meno lealmente, si va allo scontro nell’interesse del Paese, si rispetta il verdetto dell’elettorato e alla fine si lavora tutti insieme. Finora dalle nostre parti non girava esattamente così: le divisioni restavano dopo il verdetto popolare e anzi si accentuavano quando c’era da costruire la squadra del vincente.
Oggi pare che i due nemici, anzi “nemici”, abbiano imparato la lezione americana. Il vincitore recluta lo sconfitto, lo sconfitto appoggia il vincitore.
E’ un ottimo spunto di sogno davanti a un centrodestra che non sa ancora svincolarsi dal padre padrone. E’ l’occasione inseguita dopo vent’anni di quel crudele masochismo intellettuale che trasformava in sconfitte anche i gol a porta vuota.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “Le lezioni americane”

  1. Verissimo, hai perfettamente ragione. E se Bersani, come Obama con la Clinton nominata al Ministero più importante, includerà Renzi nella squadra di governo con un incarico di peso riuscirà nella impresa di “fare politica” dopo un ventennio di risse berlusconiane.

  2. Perfettamente d’accordo.
    Una bella pagine politica, profumata.
    Speriamo in una dinamica coerente e trasparente.

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