Il non voto di scambio

Dopo una tornata elettorale la principale attività di quelli che non ce l’hanno fatta è andare a spulciare i voti conquistati, sezione per sezione. E’ un rito primitivo e crudele. Primitivo perché rimanda ai vincoli della tribù, dove un legame è indissolubile e una promessa si fa col sangue. Crudele perché si porta appresso un’inevitabile congerie di sentimenti negativi: generalmente si verifica perché si sente puzza di bruciato, ci si misura con il controllo se si teme di perderlo.
Vengono fuori scene di un tragico quasi grottesco: amici che non ti hanno votato nonostante la sera prima ti abbiano scroccato una cena; parenti che nemmeno si sono presi la briga di andare alle urne perché gli scocciava; conoscenti che hanno preferito chissà chi nonostante tu, candidato, li abbia ricoperti di attenzioni (magari interessate, of course).
La politica come arte del compromesso diviene così un esercizio di vendetta in cui l’elettore colpisce il candidato ancor prima che egli riesca a raggiungere la vittoria. Una sorta di giudizio sommario che miete vittime per lo più incolpevoli, o non ancora giudicabili.
In realtà gli aspiranti candidati traditi dai loro elettori fasulli traggono un vero vantaggio dalla loro brutta esperienza: tagliare i rami secchi tra amici e conoscenti senza dover ricorrere a scuse tediose e imbarazzanti non ha prezzo. Probabilmente in certi casi si potrebbe configurare il reato di non voto di scambio.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

Un commento su “Il non voto di scambio”

  1. Prezioso il pezzo. interessante lo scandagliare i
    sentimenti sommersi dei candidati delusi:una loro
    sofferenza spirituale irrisolvibile:il tradimento sempre in agguato

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