DalLavitola in giù

Quando non hai i soldi la gente non ti calcola più. Quando li avevamo, avevamo i centralini telefonici eravamo invitati ovunque e tutti ci volevano, quando siamo caduti in disgrazia a noi la gente non ci guardava più in faccia… lo dissi al Presidente, “sono stanca”… Io mi sono dovuta vendere tutto, dai vestiti, gioielli, orologi, borse…

Così Angela Devenuto in Tarantini spiega la sua caduta in disgrazia ai magistrati di Napoli. E’ l’ormai celebre interrogatorio in cui la signora, agli arresti, afferma che è molto difficile per lei campare con “soli” ventimila euro al mese. E in cui si manifesta in modo completo la storta filosofia del tarantinismo: io sono quel che guadagno, non importa come e perché.
La Devenuto in Tarantini è addolorata per il voltafaccia della “gente” che seguiva la sua scia di denaro, che sfilava elegante alle sue cene pantagrueliche, che ammirava i suoi gioelli. E in questo tragico risveglio c’è tutto il limite culturale, l’illogica concatenazione di concetti di un modo di vivere che ha nel sotto vuoto spinto il migliore contenuto. La vita imbastita di cose non nostre è come una scultura di ghiaccio, appena cambia il clima si trasforma, si appella alla materia primordiale, che sia fango o acqua. Se esistesse il brevetto della felicità l’invenzione non sarebbe di un miliardario, ma del suo opposto che vive di quello che ha, senza sprecare energie nel chiedere, ma godendo nell’ottenere. Del resto chiunque (o quasi) sa che per aumentare il livello di serenità basta incrementare il tasso di indipendenza.
Soldi disgraziati, amicizie interessate: cosa ci si aspetta da un mercato delle frequentazioni drogato dalla insana pulsione di essere tutto tranne che se stessi?
A tutti piace il denaro, però non tutti hanno disprezzo del denaro quanto chi non ha mai sudato per ottenerlo. La Devenuto in Tarantini  cade in crisi quando il sistema si è rimesso in equilibrio, azzerando i rapporti falsi e le complicità innaturali. Il mondo vero è quello in cui lei sta male, e il suo meravigliarsi è in fondo un risvegliarsi.
DalLavitola in giù ci sono solo incubi.

 

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “DalLavitola in giù”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *