Vendola, il nuovo che avanza

Ieri sera da Fazio c’era Nichi Vendola, che è uno che mi piaceva per un’inconfessabile pulsione modaiola sinistrorsa: quando non si sa che pesci prendere e si è avversi al centrodestra ci si rifugia dalle parti del governatore della Puglia che è uno colto, verboso quanto basta e dalle tonalità giuste, un po’ come negli anni ottanta si votava Pannella quando si era a corto di trovate originali.
Tutto regolare, tutto previsto. Intervistatore gregario, intervistato solista, domande soft, risposte da bignamino. Mi sentivo come quando leggo un romanzo ultra popolare (di quelli che a me piacciono tantissimo e non me ne vergogno): mi cullavo nell’attesa comoda di un finale scontato.
Poi però Vendola ha pronunciato due parole: classe operaia.
E lì tutto è cambiato.
Mi sono reso improvvisamente conto che stavo vivendo uno psicodramma dove le coordinate spazio-temporali non esistevano più.
Si parlava della Fiat di Marchionne, uno che è in grado di far paracadutare tremila operai dell’est Europa in provincia di Torino e di rendere operativa una linea di assemblaggio ferma da otto mesi con un paio di sms ben piazzati. Uno che si mostra in camicia e maglioncino e che ti sodomizza il primo capitano d’azienda che gli capita senza neanche sbottonarsi la patta. Uno che chiede una cosa a Washington e che ancor prima di riscuotere la risposta è a Tokio.
Si parlava di quell’uomo lì. E Nichi Vendola, colto e verboso quanto basta per non farci rimpiangere Pannella quando non sappiamo per chi votare, tira fuori l’argomento della “classe operaia” senza avere il sospetto di usare l’alabarda in un conflitto nucleare.
Qualcuno dovrebbe spiegare al governatore della Puglia che la classe operaia esiste e lotta insieme a noi, ma non può essere più definita così. Non ci sono più quegli elementi di rilevazione che ce la facevano distinguere, austera e solenne nella sua povertà, come venti-trent’anni fa. Oggi quelle persone possono essere chiamate lavoratori o impiegati o precari o diversamente felici. Fanno parte di un bacino immenso di cittadini insoddisfatti, malpagati e sfruttati da inventori di miracoli e finti messia in maglioncino di cachemire.
A quelli che parlano ancora di “classe operaia” si dovrebbe spiegare che il vero miracolo italiano si verifica ogni qualvolta queste persone riescono a metter su la pentola con la pasta per il pranzo.
Detto questo mi rendo conto che per me Vendola, da ieri, è il nuovo che avanza. Cioé che rimane, che eccede.

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Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

16 commenti su “Vendola, il nuovo che avanza”

  1. Caro Gery, purtroppo sono sempre più i politici ad avanzare, nel tuo senso ed in tutti i sensi. Più che di una nuova classe politica avremmo bisogno di politici di classe. Che non vedo assolutamente in giro.
    P.S. Post perfetto, as usual.

  2. Vendola con il suo linguaggio forbito ed elegante
    è scivolato preso dalla foga in una buccia di
    banana. poteva esprimersi riferendosi, sic et
    sempliciter al “POTENZIALE DI LAVORO”.
    Un suo infortunio: che ne pensa l’on.Antonio di Pietro che anela ad uno schieramento multiforme
    che passi da Vendola a lui stesso?

  3. Egr.Sig.Battaglia,
    perché mai non si dovrebbe usare l’espressione “classe operaia”?

  4. Non ci sono classi operaie, termine e concetto desueto anche nella Sinistra italiana

  5. Caro Signor Battaglia, perchè mai non si dovrebbe più adoperare l’espressione “classe operaia”? Dovremmo anche sopprimere espressioni come “classe medica” o “classe forense” o, ancora, “classe dirigenziale”? E a qual fine? Per chiamarli, come in maniera orripilante scrive lei “POTENZIALE DI LAVORO”?
    La prima cosa che mi viene in mente, se mai passasse una simile aberrazione, sono i campi di concentramento nazisti. Poche settimane fa ho fatto due passi a Dachau, ci vada per piacere e poi mi dica, se le rimane un po’ di fiato, se è ancora convinto dell’espressione infelice che ha coniato.
    Operaio, invece, trae origine dalla lingua toscana che così definiva coloro che lavoravano presso la fabbriceria detta appunto “opera”.
    E allora, per favore, se ne ricordi quando la mattina va in panetteria a comprare il pane fresco e croccante, quando chiama qualcuno a ripararle qualcosa, quando guida la sua macchina.
    Sono stati sempre degli operai che le hanno evitato di sporcarsi le mani. Lo hanno fatto loro al suo posto, magari alzandosi nel cuore della notte, per consentirle di fare una succulenta colazione comodamente seduto nella sua cucina con un profumatissimo croissant e leggendo il giornale. Anche quello lo ha stampato un operaio durante la notte e lo ha trasportato un autista che ha viaggiato, sempre di notte e con qualsiasi tempo. Tutto per la nostra spocchiosa comodità.

  6. Il termine POTENZIALE DI LAVORO è adottato nei
    testi di economia politica, testi autorevoli:
    FORZE DI LAVORO. IL POTENZIALE DI LAVORO.
    IL POTENZIALE ATTIVO DI LAVORO:
    LO SCOPERTO INATTIVO DEL POTENZIALE DI LAVORO.
    Nei testi più qualificati di econpmia politica e
    di politica economica.
    Che c’entrano i campi di concentramento?

  7. Anche il rapporto STECHIOMETRICO è un termine adoperato nei testi di chimica, ma non per questo lo si può definire un termine poetico. Così come TRONISTA quando si parla di certa gente seduta su una poltrona.
    La sostanza, gentile signore, non sta nella scelta del termine, ma nel pensiero che traspare, trasuda direi, dalle sue parole. Quando non si ha nulla da dire, scrivere tanto per massaggiare i polpastrelli sulla tastiera di un computer, è solo tempo sprecato, tolto verosimilmente ad accupazioni più gratificanti.
    E se fà anche un piccolo sforzo, vedrà che i campi di concentramento c’entrano col suo ragionamento. C’entrano, altrochè!
    N.B. A proposito: l’autorevole testo di economia politica, l’avrà mica scritto Tremonti? Se così fosse, poveri noi.

  8. Uno dei testi più interessanti è del prof Giuseppe Mirabella, a suo tempo ordinario di economia politica pressol’Università di Palermo.
    Per quanto attiene il retropensiero che mi attribuisce, mi creda, sono stato e sono attento
    e assai rispettoso dei temi afferenti l’occupazione,i ritmi migratori, la formazione
    professionale, la sicurezza nel lavoro, le
    malattie professionali.
    Perchè mi giudica in modo preconcetto e approssimativo solo perchè ho espresso il modesto
    parere che il termine classe operai è desueto anche anche nelle correnti di pensiero post marxiane.?

  9. La famiglia della “classe operaia” esiste eccome, e si è pure allargata. Il problema è riconoscersi. La classe dei “potenziali di lavoro”, o le “risorse umane” si vergognano della propria schiena curva e della propria dichiarazione dei redditi, mentre la “classe operaia” crede ancora che il lavoro sia dignità e non carità. Le “risorse umane” sono democratiche e moderne, e vogliono lo stesso maglione di Marchionne, la “classe operaia” invece vuole lavorare senza dover ogni volta abbassare la testa.
    M a parte gli scherzi, credo ci sia una sorta di utile furbizia e paraculismo politico nell’usare questa o quella espressione per parlare di lavoratori che in fondo in fondo si disprezza. “Cittadini insoddisfatti”, come dice Gery, è il termine più appropriato, sfido chiunque a non riconoscersi almeno un po’ in questa classe. Per il resto, l’operaio con la tuta blu è quello di Cipputi.

  10. o k. grazie per le delucidazioni.
    Me ne vado a letto sereno e soddisfatto.
    Buona notte

  11. D’accordo con “Cinema and Cigarettes”: il fatto che il termine “classe operaia” non venga più usato non significa che la medesima non esista più.

    Anzi, se ci poniamo in un’ottica “globalizzata”, la classe operaia è senz’altro più numerosa rispetto a qualche decennio fa.

    Forse da noi si è persa una parte del significato del termine: la coscienza di far parte di quella classe.

  12. Sono cattolico, che ha votato DC ma è “passato” dal Concilio. Ho sempre votato per il centro-sinistra, ma vedo che la confusione vi regna sovrana. Vedo un “barlume” di novità in chi, come Nichi Vendola, propone una sinistra di governo, anche se non tutte le sue posizioni sono da me condivise. Qui, secondo me, per battere “questo” sedicente centro-destra (ma dove sono i centro-destra europei, moderati e
    ligi alle regole?) non ci vogliono aggregazioni posticce, mai realizzabili; ma qualcuno che si prenda il carico di fare una proposta e portarla avanti coraggiosamente. Se questa proposta è infarcita di termini che possono apparire desueti, pazienza! Non si può storcere il naso ad ogni piè sospinto, per poi ritrovarci Berlusconi per altri trent’anni!

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