Il Tg1, Bossi, il ponte sullo Stretto

Ogni sera, nel torpore agostano di un Tg1 che in quel torpore sguazza felice e realizzato, c’è un servizio su Bossi che biascica dittonghi senza esito e parla di un’entità geografica che non esiste, la Padania. Eppure, lui che è ministro per il Federalismo dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del geograficamente plausibile.
Poi ieri sera è andato in onda un servizio dal titolo: “Ponte sullo stretto, un’opera che divide” (lo trovate qui, al minuto 25,39, dopo una gaffe tecnica che mostra una demolizione militare al posto della costruenda opera). L’ho visto con curiosità. L’ho anche rivisto su internet, per essere certo di aver capito bene.
Un’opera che divide? Nel servizio, a parte due frame, non c’è voce discordante rispetto al progetto del governo: un altro errore da matita blu per Augusto Minzolini, soprattutto tenendo conto del titolo fuorviante. Eppure, lui che è direttore del Tg1 dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del giornalisticamente corretto.
A proposito di confini. Tra Bossi che invoca la supremazia della Padania e Berlusconi che vuole gettare ponti verso le propaggini dell’impero, io sono a favore del primo. Si dia ai padani quel che è dei padani. Ma si lasci agli isolani – che vivono da sempre di mare a nord, sud, est e ovest – la possibilità di essere lontani, difficili, isolati.
Quanto al ponte, non mi stanco di citare il meraviglioso articolo di Gesualdo Bufalino su la Repubblica del 19 settembre 1985. Che così si concludeva:

Con tutto ciò, come negare l’ esistenza del tumore Sicilia e delle sue minacciose metastasi d’esportazione? E’ un morbo vecchio di secoli, ma non saranno nè la segregazione nè l’ aggregazione a salvarcene: nè una chirurgia che ci amputi, nè un ponte che ci concilii. Occorrono cure diverse, e io dico timidamente: libri e acqua, libri e strade, libri e case, libri e occupazione. Libri.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

6 commenti su “Il Tg1, Bossi, il ponte sullo Stretto”

  1. Che dire ? Clap clap clap. Un applauso di cuore per questo post.
    Chi mi conosce sa bene quanto “mi costa” fare un complimento!

  2. Complimenti per il post, ma io sono fautore del ponte sullo Stretto e mi sono venuti un po’ a noia “la sicilitudine”, “la bellezza di stare isolati”, “la magia dello Stretto” (che rimarrebbe inalterata dalla realizzazione del ponte), e soprattutto i “piuttosto che il ponte sarebbe meglio bla bla bla…”. Ma in ogni caso finché ci sarà l’uomo dei dittonghi senza esito a capo del governo – così è di fatto – il ponte non si farà, e Minzolini scodinzolerà

  3. Grande Bufalino!!! per il ponte sono certa che faranno in modo di iniziare i lavori, fare disastri ecologici ed infine eviteranno accuratamente di finire i lavori per tenere un cantiere aperto nell’eternità… tutto un magna magna a prescindere dal fatto che è un disastro garantito!

  4. Un plauso a questo post ed al suo autore, credevo di essere l’unico ad essere rimasto sconcertato dopo la visione di quel servizio televisivo. Sì, perchè a parte il curioso refuso video, la giornalista ha esordito con parole come:”… dopo la posa della prima pietra a dicembre scorso…” e mi sono detto: “Sbaglio o mi son perso qualcosa?! Ma quando sono partiti i lavori del Ponte? E con quale progetto esecutivo?” Poi scavando a ritroso nelle notiziette, la scoperta dell’arcano: la cosiddetta posa della prima pietra era da imputarsi ai lavori di deviazione di un tratto ferroviario lato Calabria – http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2009/12/23/visualizza_new.html_1648922574.html – certamente altra cosa rispetto alla sostanza della notizia. Ahimè, il Tg1, il giornale della rete ammiraglia, continua a perdere di credibilità, proseguendo con la sua sciagurata opera disinformatrice sugli italiani.

  5. @Massimo Puleo. Io detesto tutta quella fuffa sulla Sicilitudine, i vari elogi dell’arancina o della panella, le menate sulle presunte esclusività dei siciliani (o peggio ancora dei palermitani). Il mio riferimento era a quei valori oggettivi degli isolani che sono certificati dalla geografia.

  6. @Gery Dal combinato disposto del post e della tua risposta mi pare di capire che il senso sia questo: nasciamo Isola e questo dobbiamo restare. Non sono d’accordo. Per niente. Collegarci al resto d’Italia ci toglierebbe da un isolamento autodistruttivo: aprirebbe menti, creerebbe nuove occasioni di sviluppo e forse un’entità geografica più definita per un sud che attualmente è un arcipelago. Non sono d’accordo nemmeno con Bufalino, ma bisogna dire che da quando ha scritto ciò che hai riportato ne è passata di acqua sotto ai ponti, costruiti o meno

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