Il calcio privato

Pare che la Lega Calcio, l’organismo più resistente all’evoluzione millenaria dopo gli squali, le tartarughe e una rara specie di lepidottero che vive sul versante sudest della seconda discesa a sinistra della prima porzione orientale della Papuasia, abbia deciso di vietare ogni forma di testimonianza umana delle partite, eccezion fatta per Sky, Rai (“Quelli che il calcio”, cioè la trasmissione che meno si occupa di calcio tra le trasmissioni sportive) ed eventuali network milionari.


Ciò significa che tutte le tv private perderebbero trasmissioni di punta, audience e spunti commerciali.
Sono un abbonato Rai, sono anche abbonato a un network privato: insomma pago tutto quello che c’è da pagare per vedere poche ore di tv all’anno. Per il calcio pago qualcosa in più, anche se io vorrei andare allo stadio, ma mia moglie (tifosa pure lei) ha un debole per la tribuna cuscinata del divano di casa.
Però un campionato senza i salottini delle tv private, senza la passione di telecronisti nostrani che farebbero quel mestiere anche gratis, senza il tifo verace che i media blasonati ci negano, senza il sudore vero che è il contrario di quello che appare prima e dopo il superspot, un campionato così io non me lo immagino.
Quella che la Lega calcio ha in mente è una competizione che si allontana, istante dopo istante, dalla gente, dal substrato del tifoso. E’ un modello che è sempre più Balotelli (un giocatore che se ne infischia del pubblico pagante della sua squadra, cioé di chi gli dà lo stipendio) ed è sempre meno Miccoli (uno che sceglie di rimanere in una piccola società pur di mantenere il piccolo scettro di piccolo re, anche a discapito dei guadagni).
La Lega Calcio è l’organo infetto di un Paese malato, dove neanche il divertimento si discosta per un attimo dalla logica del profitto sempre e comunque, dove la monetizzazione parte col primo applauso dell’ultrà borchiato e termina con l’ultimo sorriso di plastica di Simona Ventura.
Se fossi in campo saprei io contro chi scagliare la pallonata definitiva.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “Il calcio privato”

  1. Evidentemente non hanno mai abbastanza soldi. A cominciare da Zamparini (del quale comunque si riconoscono i meriti, perché senza di lui anche il calcio sarebbe agli stessi livelli del resto della città, per esempio nei servizi) che lo sa, ma ci tenta di prendere per pecoroni i tifosi; cioè sa che non hanno il dono dell’ubiquità da essere contemporaneamente davanti ai media e dentro lo stadio e pagare per entrambi nello stesso momento. Non ne hanno abbastanza per pagare i procuratori parassiti i quali mangiano una cospicua fetta degli introiti, ma nessuno, chissà perché, vuole regolamentare questo settore, ovvero “assicutalli” per eliminare questa forma di schiavitù e malaffare laddove non si rispettano i contratti e ricattano le società, contratti peraltro firmati con i privilegi tutti da una parte e i possibili danno solo per le società. Non ne hanno mai abbastanza soldi per arricchire un manipolo di ragazzi in mutande che scalciano un pallone e che salvo rare eccezioni sono molto discutibili moralmente ed intellettualmente. Più soldi più potere è superfluo e pure banale dirlo, potere in mano ad altri personaggi discutibili che si sono infiltrati dentro quello che era un bellissimo rito tribale, e l’hanno inquinato con i loro affari.
    Ecco, tgs (che vedo nella foto) e tutti i media simili devono pagare, ancora non l’hanno detto chiaramente, ma se queste fossero veramente le intenzioni sarebbe, paradossalmente, il male minore, altrimenti si tratta di un ulteriore tasselo del percorso che porta al… grande fratello di Orwell.

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