Orfani del cassonetto

cassonetto palermo

Qualche giorno fa ho ricevuto la visita a casa di una gentile signorina che mi ha consegnato cinque tipi di sacchetti, di diversa dimensione e composizione, e due contenitori per i rifiuti.
Questo perché è stata avviata una campagna che si chiama Palermo Differenzia e che si annuncia come una rivoluzione nella raccolta dei rifiuti.
Sul modello delle grandi città europee prima di buttare un barattolo di pelati dovremo lavarlo e ragionare su qual è il sacchetto giusto nel quale gettarlo: quello di carta, quello in amido di mais, quello di plastica-finta-plastica o quello che ha l’aria di essere un vero triste sacchetto dell’immondizia ma che nasconde una voracità da pianta carnivora?
Mi è stato detto che i cassonetti spariranno presto dalle strade e il mio pensiero è andato ai lavoratori del settore: a Palermo un abitante su 259 lavora per l’Amia. Vi sembra poco? O molto?
Certo, a giudicare dallo schifo che invade le strade della città in queste ore uno potrebbe pensare d’istinto che gli organici andrebbero potenziati. Poi però basta fare qualche ricerca per scoprire che a Torino, che ha quasi il doppio della popolazione di Palermo, c’è un dipendente dell’azienda che si occupa dei rifiuti ogni 577 abitanti. E sul totale dell’immondizia raccolta in un anno da ciascun dipendente i numeri sono ancora più eloquenti: 164 tonnellate a Palermo, 220 a Genova, 491 a Torino.
In conclusione, sono molto felice per la speranza accesa da questa nuova campagna ambientale, ma sono anche preoccupato per il destino di quei poveri lavoratori che rischiano di rimanere orfani del cassonetto. E dato che Palermo ha il primato (che Gian Antonio Stella ha definito “planetario”) di uno spazzino ogni due chilometri di strada da pulire, temo un esaurimento nervoso collettivo all’Amia. Stai a vedere che senza i cassonetti adesso da quelle parti si dovrà addirittura lavorare?

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

5 commenti su “Orfani del cassonetto”

  1. Ho letto Gian Antonio Stella e rabbrividisco:
    ma no! anche i giudici della Corte dei Conti sono di sinistra! Facciamo un lodo apposito che li espropri dalla prerogativa di dare un occhiata ai conti! Magari li promuoviamo alla corte dei Baroni! Ma allora sarebbero giudicati “fannulloni” da Brunetta! Non se ne esce proprio.

  2. Lavare il batattolo dei pelati?
    E con cosa, se in estate qualche volta manca pure l’acqua?
    Ah che scemo, l’hanno privatizzata, si paga il triplo ma almeno esce ogni giorno dal rubinetto…

  3. Forse c’è qualche differenza sui servizi aggiuntivi dell’Amia – tra le altre cose, comunque, peccano pure quelli -, tipo rifacimento strade, questo potrebbe falsare i numeri.
    Il problema non è il numero di impiegati, il problema è farli lavorare bene.
    Per esperienza lavorativa personale, se uno non fa’ il suo al meglio, la maggior parte delle volte la colpa è della dirigenza.
    Amia “è” amministrata male… sempre si possa dire che lo è, amministrata.

  4. Intanto guardo piovere e mi preoccupo. La strada dove abito – in periferia – è in discesa, a monte due cassonetti “circondati” da sacchetti da più una settimana. L’ultima piovuta seria che è capitata – quando è franato un quartiere di Palermo -, i sacchetti, trascinati dall’acqua hanno spinto e aperto il cancello automatico dei garage. Si è allagato lo scantinato, con mezzo metro d’acqua. Tirava via l’acqua abbiamo dovuto togliere un centinaio di sacchetti di immondizia fradici…
    Mi viene il voltastomaco solo a ripensarci.

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