Il rito millenario e la città insofferente

Foto di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

In tutte le città del mondo la maratona è una festa.
Nella mia vita ho corso un po’ qua e là e quando mi è capitato di avere l’onore di partecipare a una gara ufficiale – sempre come l’ultimo dei dilettanti – sono rimasto affascinato dal ruolo del pubblico.
Dovunque ti incitano, ti chiamano per nome (il numero di pettorale), ti danno pacche: tutti, quando ti vedono passare, ti trattano come un campione, anche se sei piegato dalla fatica, se piangi per i dolori ai polpacci, se sei ultimo, o vecchio, o grasso, o scoordinato. A New York addirittura ti accompagnano con la musica, diversa per ogni strada che percorri.
La maratona è una gara antica come l’umanità, e però non ha nulla di umano. Il nostro organismo infatti non è stato progettato per sopportare un simile sforzo. Però fa parte dell’indole umana la volontà di sfidare i limiti, di vincere le scommesse più importanti, quelle contro se stessi.
Per questo molti corrono. Corrono fino a sfiancarsi. Per meta hanno un numero: 42,195. I chilometri che consumeranno sperando che le loro scorte di glicogeno durino oltre il fatidico 33esimo chilometro e confidando nel sospiro di un vento favorevole.
La maratona è la corsa dell’uomo verso l’impossibilità di un traguardo valido per tutti. Ogni atleta è una storia a sé, ogni passo è una scommessa, ogni goccia di sudore non è mai sprecata.
Ecco perché in tutte le città del mondo la maratona è una festa.
Ieri a Palermo la corsa silenziosa di quegli uomini che sfidano un rito millenario è stata inquinata dalle urla degli automobilisti imbottigliati agli incroci, dai clacson, dai grugniti di insofferenza e soprattutto dall’indifferenza generale.
Vergogna.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

14 commenti su “Il rito millenario e la città insofferente”

  1. Probabilmente quello che è successo ieri dipende dal fatto che una città come Palermo non è adatta ad ospitare una manifestazione del genere.
    Lo è dal punto di vista climatico, ieri c’era una bellissima giornata di sole e immagino che correre con la pioggia non sarebbe stato piacevole.
    Il punto è che le persone che magari non hanno fatto attenzione ai cartelli pubblicitari sparsi per la città (non tantissimi a dire il vero) o non hanno letto i giornali o semplicemente non lo sapevano perchè non si può sapere tutto quello che succede in giro, si sono trovate imbottigliate nel traffico senza una possibile via di fuga. Si, perchè non è che per gli automobilisti viene pianificata una strada alternativa a quella attraverso cui passano i maratoneti (che tra l’altro impiegano un certo tempo visto che sono tanti), per cui capita di rimanere bloccati senza la possibilità nè di andare avanti nè di tornare indietro (mi viene in mente il film Tre Uomini e una Gamba in cui Aldo incastrato su una roccia non riesce “nè a scendere nè salire, nè scendere nè salire” e cerca l’incavo a forma di zoccolo di gnu…).
    Di certo non è giusto inveire contro gli sportivi, ma purtroppo il nervoso di stare fermi, senza poter fare nulla, sale alla testa.

  2. Come ho accennato ieri, io ero tra quelli che grugnivano. Per il semplice fatto che avevo un’urgenza (raggiungere in auto mia madre che ha ottant’anni, aspetta come una festa la domenica in cui la vado a prendere in auto per un pranzo in compagnia, e richiede alcune cure della persona delle quali nei giorni di festa mi occupo io). Egoista? Ogni tanto sì, ma per motivi non banali. La casa di mia madre dista dalla mia poche centinaia di metri. Uso pochissimo l’auto, e solo quando vado a stare in compagnia di qualcuno che non cammina a piedi. Mi sono ritrovato in un cul de sac. Però ho solo grugnito, non ho investito nessuno. Una riflessione: parto dall’idea che una festa è tale, caro Maestro, quando si è invitati e non obbligati a subirla. Un’idea potrebbe essere quella di non organizzarla proprio nell’asse viario centrale di una città che già patisce nevrosi da ingorgo giornaliere (la centralità magari fa parte delle regole della maratona, ma non tutti, come me, lo sanno). Detto questo, chi vuole assistere a una maratona, può scegliere di farlo. E io probabilmente vi avrei assistito con curiosità e persino entusiasmo, lo stesso che ho espresso per le foto di Daniela. Ma sempre con facoltà di scelta. Cosa della quale ci privano spesso, in questa città.

  3. Carissimo maestro Cacciatorino, non è il caso singolo che si può giudicare. Probabilmente in molti, ieri, come te avevano qualcosa di importante da fare. Ma non è questa la direzione che la discussione deve prendere. Il fatto è che la maratona è una festa in tutto il mondo, ripeto in tutto il mondo, proprio perchè per un giorno soltanto costringe le metropoli a cambiare ritmo, a fermarsi. E in tutte le città del mondo ci si ferma, in onore della più antica delle celebrazioni sportive dell’umanità. E nessuno si sogna – tranne che a Palermo, of course – di considerarla come un evento per specialisti. Perché sarebbe come considerare la lettura una roba esclusiva degli scrittori.

  4. Capisco, certo. Allora diciamo che un evento così meritava ben altra pubblicità. Io, per esempio, non ne sapevo nulla. Non sapevo nemmeno che era un evento internazionale (è così, se ho ben capito) che toccava anche la nostra città. Magari è una mancanza mia, ma se la cosa avesse avuto maggiore rilevanza sui media, sarei uscito con uno stato d’animo diverso. Da persona informata. E, ripeto, sicuramente mi sarei fermato a vedere la manifestazione con grande curiosità. Resto però dell’idea che tutto è molto -ahinoi – legato alla soggettività, compreso il criterio di maggiore o minore “specializzazione”. Un paradosso: potrebbe esserci qualcuno che si incavola, che ne so, per una kermesse di registi horror che blocchi il traffico al politeama, e io sarei pronto a gridare “vergogna”. Ma a tanti altri non passerebbe nemmeno per l’anticamera del cervello. E magari tra gli intervenuti ci sono Romero e Carpenter che nessuno al mondo si sogna di considerare “registi per specialisti”, se non addirittura illustri sconosciuti. Credo che sia soggettivo, sì. Fermo restando, ripeto, che vedendo le foto ho subito capito l’intensità dell’evento. E che a Palermo si capisce poco di tutto, in genere.

  5. La mia “panza” inizia a essere di un certo peso.
    Il mio fiato, ormai, mi può permettere di fare di corsa al massimo 42 metri (altro che chilometri).
    Eppure, non mi privo di fare ogni anno la mia “maratonina” di Roma, quella cui partecipano circa 100.000 e passa amanti della camminata (di quello si tratta), desiderosi di condividere una festa.
    E Roma è una città in cui il traffico è feroce. Ma, in occasione della maratona, il rispetto degli sportivi(che è cosa ben diversa dalla tolleranza) si tramuta negli applausi e nelle pacche descritte da Gery. O negli “ahò gli artri te fanno ‘na…” rivolti a mio figlio, seduto nel passeggino con il suo bel numero di pettorale. E sai che se scegli di uscire un auto o vorresti prendere senza fatica la metro 8gratis per chi ha il pettorale), è solo un problema tuo. Giuro che non è retorica. Lo scorso Natale, quasi un anno fa a Palermo, accompagnai mia madre dal suo macellaio (ooops… carnezziere): vennero fuori la mia residenza romana e la sua passione (quasi professionale) per la corsa. “A Roma ci vengo ogni anno, non mi perdo mai la maratona. Ma le faccio anche in altre città d’Italia. Mi creda, però: io ormai la maratona di Palermo non la faccio più da quando mi sono beccato gli insulti mentre correvo. ‘un semu cuosa…” Ecco perché, pur comprendendo come il fastidio cui si è fatto cenno sia cosa ben diversa (molto diversa) dagli insulti, resta il dubio che Palermo sia una città in cui l’evento è tale solo se ne faccio parte personalmente o se non intralcia minimamente i miei piani. Spero di sbagliarmi.

  6. Caro Cacciator, mando subito il tuo ultimo intervento (paro paro) a mio figlio Mimmo a Torino (“malato” come te, come sai, di virus cineorrorifico).
    Ps: a proposito ieri mi ha comunicato d’aver assistito a “pacco cileno che solo Amelio poteva scegliere”. Gli ho detto di selezionare meglio i film da vedere al TFF.
    II ps: bravo Gery, comunque. Nonostante io non sia uno sportivo, uno straccio di cittadinanza è pur giusto conferirlo a chi pratica uno sport. E cittadinanza è anche simpatica accoglienza (certo, con tutto quel che ne consegue a livello organizzativo). Mi sei piaciuto, Gery: anche perché stavolta ci hai messo anche la faccia. E il polpaccio.

  7. @totorizzo: e sì. Io ormai diffido dai film dove si vede – cito la gustosa uscita di un mio caro amico giornalista – “gente con la mappina in testa”. Si fa per scherzare, ovviamente. Invidio tuo figlio. Mi piacerebbe un PPf, tanto per rimanere in tema di manifestazioni, ma qui il massimo che ci spetta, tranne eccezioni, è la trasformazione dell’embassy a/b in “multisala holiday”. Che di “multi” ha solo l’antimuffa, e scarso per giunta. Meglio quando c’era il doppio spettacolo: poliziottesco/ horror al pianterreno e “film di pelo” in quello superiore.
    A margine: sarà chiaro, spero che io non ce l’ho con i maratoneti. Ho visto tre volte il famoso film con Dustin Hoffmann, e mi sono pure commosso…
    Però ditelo.

  8. @Giacomo:
    Ma sei sicuro? (E giù una trapanata a vivo di un dente di Dustin).
    Sicuro?… Ma sicuro di che? Ahhhhhhhh!
    Sei sicuro!
    Ahhhhh! Sì, sono sicuro, sono sicurissimo!

  9. Una scena che ho sognato mille volte, con varie facce a scelta sulla sedia di Hoffmann.

  10. @gianni allegra

    psssttt… gianni, te l’ho detto sono malati (loro non lo sanno ma non vanno comunque contraddetti): quello che sogna ripetutamente la scena del dentista del “Maratoneta” con le faccine “impiccicate” ti sembra normale??? e quell’altro (mio figlio) la cui tesi di laurea fu “trucchi, make-up ed effetti speciali nella tetralogia dei morti viventi di Romero” ti sembra forse più affidabile???

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