Professionisti della disoccupazione

La foto è di Paolo Beccari
La foto è di Paolo Beccari

C’è una categoria di giornalisti che, con premeditazione, lavora sei mesi e percepisce lo stipendio per un anno.
Le regole prevedono infatti che un giornalista professionista disoccupato che lavori per sei mesi con regolare contratto a termine abbia diritto, a contratto scaduto, ad altri sei mesi di disoccupazione: in pratica gli si paga mensilmente circa il sessanta per cento dell’ultimo stipendio. E questo meccanismo può andare avanti all’infinito: sei mesi al lavoro, sei mesi di riposo, sei mesi al lavoro, sei mesi di riposo…
La conseguenza è che alcuni giovani professionisti hanno imparato a gestire con disinvoltura questa “situazione d’emergenza”, trasformandola in un reale privilegio. Provate a chieder loro di lavorare stabilmente con un fisso mensile superiore a quello che ufficialmente percepiscono e vi sentirete mandati a quel paese: tra guadagnare un tot senza muovere un dito e guadagnare di più avendo la noia di dover lavorare, cosa credete che scelgano?
Naturalmente non mi sogno di criminalizzare chi fa ricorso all’assegno di disoccupazione, ci mancherebbe (anch’io ne ho usufruito quando ero a spasso). Credo comunque che da parte dell’Ordine dei giornalisti, dell’Assostampa e dell’Inpgi servirebbe una maggiore attività di vigilanza. Anche perché chi fa questi giochetti è allergico alle regole: evade il fisco, si vende in nero al migliore offerente (che spesso coincide col peggiore interlocutore), lavora molto volentieri quando la categoria è in sciopero, insomma danneggia tutti i giornalisti (soprattutto economicamente).
Ah, quando il saprofita ha un contratto di sei mesi e un giorno, la disoccupazione si moltiplica fino ad arrivare a due anni. Tutto pagato, naturalmente.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

55 commenti su “Professionisti della disoccupazione”

  1. Bel temino scottantino, per le ore del mattino…
    Caro Gery, sai come la penso sui precari del giornalismo. Alcuni dei quali – magari – sono più bravi di chi scalda da anni una poltrona in redazione a stipendio e sbadiglio fissi. Ma sono diventati una delle tante questioni morali di questo mestiere, una delle più grosse e forse insanabili. Ma di chi è la colpa? Chi ha consentito tutto questo? Noi, caro Gery, nostra la responsabilità in quanto Ordine dei Giornalisti e Federazione della Stampa (oramai due siparietti – e neanche tanto divertenti – da Villa Arzilla, una politica da categoria Dilettanti, e lo dico con tutta l’angoscia del mondo). Gli editori in fondo hanno fatto il loro mestiere, a loro sta bene così, manovalanza stagionale, come i vendemmiatori d’autunno nelle vigne, e vvvai! Ma noi, noi che l’abbiamo consentito lungo questi ormai non più ultimissimi anni? Il mostro l’abbiamo creato noi, un Frankenstein da laboratorio. Dovrei ancora avere nelle tasche pochi spiccioli di anni per andare in pensione ma ti giuro che, per chi come me è entrato nel giornalismo a metà anni ’70, il panorama è da fitta al cuore. Colpa nostra, Gery. Anche mia.

  2. @Totò: apprezzo il tono del tuo intervento e l’acuta e sensibile autocritica. Però mi aspetto anche una proposta, una strategia anche minima di riparazione. Altrimenti i sensi di colpa li smaltiamo ammettendo solo le colpe. Un affettuoso saluto.

  3. Caro Toto, evidentemente non sono stato sufficientemente chiaro. Non ce l’ho con i precari, naturalmente. Ce l’ho con chi sguazza in una condizione che dovrebbe essere d’emergenza, provvisoria. Ce l’ho con molti giovani demotivati – e non per colpa nostra, che c’entriamo noi? – che si beano della loro triste condizione.
    Ce l’ho con quelli che preferiscono campare con pochi euro, senza fare un tubo, magari a casa di papà e mamma, e si dicono giornalisti. Ce l’ho con i mediocri che affollano gli uffici stampa senza conoscere la consecutio temporum. Ce l’ho con chi a 25 anni non ha entusiamo e pretende di fare un mestiere che al 70 per cento è fatto di entusiasmo.
    Di tutto questo, caro Totò, né io né te abbiamo colpa.

  4. Purtroppo non è facile stabilire, in questi casi, chi lo fa per scelta propria e chi per scelta degli altri.

  5. Si Gery, mi era perfettamente chiaro il tuo pensiero. Volevo solo puntualizzare che purtroppo è un cane che si morde la coda. Se si fa un’intervento per dare un’aggiustatina alla cosa, alla fine, piangerà sempre il giusto per il peccatore, che saprà bene come continuare a sfruttare la situazione.

  6. Chi comincia questo mestiere dovrebbe galoppare. Invece talvolta parte spento. Così, non mi spiego dove si creda di arrivare. E non sto parlando di grandi mete o ambizioni. Parlo di lavoro, impegno e passione.

  7. Grazie per quest’altra “battaglia”. E che nessuno si offenda, per favore, nel rispetto di tutte quelle persone – e ce ne sono, per fortuna ce ne sono ancora – animate da entusiasmo e talento, e convinte da una visione romantica di questa professione, a lavorare tutti i giorni con ostinazione e passione, a dispetto di semplici contratti di collaborazione sempre più avvilenti e di retribuzioni che sfiorano il ridicolo se rapportate (ma anche no) all’impegno quotidiano in cui si fa ricorso alla creatività spesso mortificata, in cui non si risparmiano energie fisiche ed emotive, nè, talvolta, anche risorse economiche…Mi piacerebbe di più mantenermi sul vago, puntando alla vocazione e agli ideali…ma è innegabile che, talvolta, per dar vita ad un pezzo di cronaca decente, in cui le informazioni si distinguano realmente dalle supposizioni, è necessario adoperarsi in telefonate e avvicinamento di fonti, i cui costi sono anche superiori alla retribuzione finale dello stesso pezzo…Tutto questo, naturalmente, per i precari…che non usufruiscono di disoccupazione nè di garanzie di altro tipo.

  8. @gianni e @tutti

    Hai ragione ma mi cogli in imbarazzo. Ho poco senso pratico. Spinto dall’emotività potrei azzardare: aboliamo Ordine e Sindacato? Però, non è questa la soluzione.
    Rivediamo l’accesso alla professione, invece. E in termini severissimi. Vogliamo evitare di sfornare centinaia di professionisti “senza tetto” (ovvero senza un giornale che li abbia definitivamente assunti) sol perché – tra un contratto e l’altro, oggi-qui-domani-là – hanno raggiunto il numero di mesi indispensabile per andare a sostenere l’abilitazione a Roma? Sono diverse centinaia ogni anno, dicono. E, come dice Gery, hanno fatto di necessità virtù e, spesso, del bisogno intrallazzo.

  9. Invece, la mia esperienza è diversa. Di solito i più spenti sono quelli assunti da dieci anni, col posto fisso e lo stipendo a fine mese.

  10. @roberto puglisi

    … Alcuni dei quali – magari – sono più bravi di chi scalda da anni una poltrona in redazione a stipendio e sbadiglio fissi…

    scusa l’autocitazione, Robè, a distanza di poche ore…

  11. Scusate ma l’argomento del mio post non sono i precari bravibravissimi e gli assunti lobotomizzati.
    Mi indigno nel constatare che ci sono precari (alcuni precari, ripeto) che non vogliono lavorare e riescono in quest’intento grazie a un sussidio che dovrebbe essere calibrato in modo più efficace.

  12. Tempo fa leggendo un giornale, riuscivi a centrare due bersagli con un solo colpo: formazione ed informazione. Ora né l’una né l’altra: forma, grammatica e sintassi sono in coma profondo, le vere notizie un optional. Nelle redazioni circolano molti giornalisti che cercano uno stipendio, pochissimi la notizia, lo scoop. Troppa fatica la fatica che comporta , pochissima l’abilità a supporto. Le poche notizie che finiscono in pagina sono uguali a quelle di tutti gli altri, vomitate quasi esclusivamente da agenzie stampa o dettate dalla macroscopica contingenza. Ieri tutti a contare i morti dell’Aquila e di Messina, oggi della pandemia che fa meno vittime della comune influenza, ma che, grazie ai media, terrorizza mille volte di più. E, soprattutto, fa aprire più portafogli davanti agli edicolanti.
    E le altre notizie? Quelle che quotidianamente nascono e muoiono senza palcoscenico in ogni anfratto del nostro vastissimo Paese? Perse, irrimediabilmente, senza nessuno a cercare di identificarle, valorizzarle, traghettarle su carta.
    Un esempio? In estate, col jackpot del superenalotto al galoppo e l’Italia in attesa del Gastone che si aggiudicasse la più grande vincita di casa nostra, in una tabaccheria di Roma fu realizzato un 5+1 fantasma che avrebbe regalato ad una quindicina di persone a Roma qualcosa come 2 milioni e 400 mila euro. Avrebbe, perché la schedina non è mai sta registrata dal sistema di convalida. Truffa? Madornale dimenticanza?
    Fatto sta che la vincita d’incanto è sparita, ma dopo un paio di giorni è sparita anche la notizia dai giornali che sul fatto avrebbero potuto e dovuto “camparci” anche mesi. L’episodio in sé andava seguito passo passo e in parallelo andava fatta un’inchiesta sulle licenze sospese e ritirate da Sisal e Lottomatica per truffe o scorrettezze. Sicuramente qualcosa di interessante sarebbe venuta fuori.
    Tutto questo, caro Gery, per sottolineare che questo è un mestiere in liquidazione, sopraffatto – dici bene – da professionisti della disoccupazione, e da giornalisti “de facto”, tali solo perché hanno avuto la ventura di strappare un contrattino, di frequentare una redazione o di aver messo su un blog, o una pagina su web.
    L’entusiasmo di cui parli non è più ingrediente principe della ricetta di questa professione. Tempo fa si era disposti anche a pagare per avere la firma su un giornale, ma è anche vero che giornali e giornalisti un tempo avevano ben altro carisma.

  13. Cmq, Gery, ti abbiamo ripreso su livesicilia col tuo permesso. A Toga, che non conosce questo mestiere, consiglierei prudenza. E meno supeficialità. I giornalisti lavorano, tirano la carretta e muoiono anche per lui.

  14. Palazztto, per anni ha lavorato in un posto dove si usa questa pratica. E lo sa benissimo. Adesso che non sta più lì dentro viene a fare la predica a tutti. Sempre. Lei e altre persone che hanno sputato e continuano a sputare nel piatto dove per anni hanno mangiato. E ora questi post…voi avete avuto la fortuna di capitare in una diversa epoca e generazione, altrimenti anche lei, che parla tanto da saccente, starebbe in questa condizione precaria. Non si crea migliore di quello che è, anche perchè per anni a quanto mi risulta ha intascato golosamente l’aspettativa…voi “grandi vecchi” el giornalismo vi credete migliori di noi “precari fannulloni”. ma siete solo più fortunati.

  15. @ Roberto. Proprio con queste due righe sei tu a fare sfoggio. ed in grande copia, di superficialità. In compenso devi avere enormi capacità divinatorie per essere certo di rivogerti a qualcuno che non conosce la professione.

  16. Non c’è bisogno di auruspici, Toga. Mi è bastato leggere quello che hai scritto in abbondanza. Un trattato di non conoscenza della materia. Da studiare nelle scuole, per comprendere cosa non sia il giornalismo. Una intemerata demagogica e facile che non considera i fatti e il momento. Tanto è facile – ha ragione in questo Marrat – sparare sulla Croce rossa.

  17. @Puglisi. Un concentrato di presunzione. Tipico dei giornalsiti superfilciali (quindi non giornalisti) cui basta leggere poche righe per acquisre l’inossidabile certezza di avere la verità in tasca. Purtroppo ora devo andare. Più tardi, se vuoi, possiamo continuare lo scambio di opinioni. Della qual cosa – stà certo – puoi solo trarre beneficio, egregio guru.

  18. @marrat. Innanzitutto se vuole scrivere su queste pagine usi un linguaggio diverso.
    Le faccio notare che da giornalista (precario o no) ha già commesso alcuni gravi errori.
    Primo. Contestare un metodo non significa fare la predica.
    Secondo. Non ho parlato del Giornale di Sicilia quindi non ho sputato nel piatto in cui ho mangiato.
    Terzo. “Intascare l’aspettativa” non c’entra nulla con l’argomento del post e nemmeno con la logica traballante alimentata dal suo astio. L’aspettativa non si intasca, semmai si riscuote la liquidazione. O chissà… Lei è abbastanza confuso.
    Quarto. Io sono un precario.

    Insomma in poche righe ha fatto del pessimo giornalismo.

  19. Sig. Marrat, mi scusi: “intascare” l’aspettativa? A me non risulta che si venga retribuiti. A lei si?

  20. Vorrei sottolineare una cosa….. pro Gery, per fugare ogni dubbio lo dico prima.
    Mi pare eccessivo il tono, non sono un giornalista, non conosco cosa sta dietro quest’astio, ma posso dirvi che leggendo il post non mi sono scandalizzato più di tanto. L’ambiente lavorativo è pieno di gente del genere. Quando ho letto, mi sono venuti subito in mente certi forestali, voi giornalisti forse potete aggiungerne tranquillamente altri. Qui è la cultura del precariato che fa acqua, anche quella del posto fisso, ma è una questione di coscienza personale, cultura e basta. Si diceva una volta- “Chi se la sente…”

  21. Toga, se lei avesse opinioni sarei lieto di scambiarle. Non rispondo, per abitudine e perché è una perdita di tempo, a chi si qualifica – come ha fatto lei – con gli insulti. La saluto cordialmente.

  22. è un problema vecchio e peraltro molto diffuso nei paese dove c’è un welfare generoso.
    ricordo chein Francia un ristoratore mi raccontava di come certi scansafatiche che campavano di sussidi e non volevano lavorare manco quando lui il lavoro glielo offriva.

    il fatto è che in Italia l’indennità di disoccupazione (buona, nel senso di corposa) è una cosa rara e non universale. i giornalisti ce l’hanno e allora stiamo a parlare dei giornalisti.

    l’avessero le altre categorie, ci sarebbero anche in quelle tanti che si comporterebbero allo stesso modo.

  23. @Puglsi. Non ho insultato nessuno, ho solo risposto per le rime, dando del superficiale a chi, in prima battuta, mi aveva tacciato di superficialità. Se poi si è offeso per il “guru”, chiedo umilmente ammenda, ma il tono saccente delle sue asserzioni, la sua lezioncina di professione e di vita impartita urbi e orbi meritavano, a mio avviso, una ampollosa gratificazione. Per inciso, questo mestiere, con tutta probabilità, l’ho cominciato prima di lei. Cordialmente ricambio i saluti.

  24. Scusate l’intromissione, ma visto che mi hanno segnalato che nel blog di gery c’era un po’ di carne al fuoco, da appassionato profondo della grigliata, eccomi qua.
    1) Desidero ricordare che la storia dei 6 mesi di contratto e 6 mesi di disoccupazione è cosa nuova perchè prima bastava anche meno per ottenere il trattamento di disoccupazione (es. 3 mesi di contratto e 3 mesi di disoccupazione), così l’Inpgi ha deciso di portare giustamente a 6 i mesi minimi per acquisire il diritto alla disoccupazione. Il fatto che ci siano colleghi che si crogiolano nella disoccupazione non mi stupisce, in tutte le professioni esistono i cosiddetti “lagnusi”. Dovrei stupirmi di più per il fatto che da 11 mesi, dopo l’azzeramento di fatto dell’ufficio stampa del Comune di Palermo, per esempio non ho ricevuto alcun tipo di proposta di lavoro, nemmeno in estate per 3 mesi. Certo non sono Montanelli, Scalfari, ecc. ma dopo 18 anni di lavoro un minimo di esperienza penso di averla maturata. Ho chiesto anche una mano a qualche collega, che con imbarazzo, mi ha dovuto allargare le braccia perché siamo in un momento difficle. La verità è che questa professione attraversa un momento di grandissima crisi non solo occupazionale ma anche esistenziale. E a questo va aggiunto che gli editori cosa offrono? Dettano legge proponendo un contratto di 6 mesi e il fortunato si accontenta pensando che poi avrà la disoccupazione: una consolazione: Forse magra, ma meglio che niente di questi tempi. Poi ci sono i raccomandati di ferro che improvvisamente si trovano a lavorare a Rai, Mediaset e nelle grandi aziende editoriali. Magari sono bravi e meglio se raccomandati. Diciamo le cose come stanno, con i concorsi nascosti nelle pagine dei siti internet, oppure con le limitazioni d’eta artificiose, cose indecenti.
    2) Sarebbe utile se trovassimo anche una soluzione per i giovani colleghi che dopo anni di lavoro anche nelle più importanti testate regionali guadagnano ancora 3 euro lordi a pezzo, facendo le telefonate a telefonino da casa loro per scrivere pezzi anche da 50, 60 e 70 righe. Una cosa che definire indegna è poco.
    Oggi una collaboratrice domestica prende 6, 7 euro l’ora, vuole il rimborso delle spese di autobus e se possibile vuole essere messa in regola anche ad ore. Ad un ragazzo anche laureato che mette la benzina in auto o in moto, che mette le telefonate, che comunque offre una prestazione cosa si dà? Tre (3!!!) euro lordi. Vergogna. E nessuno Vi prego chieda cosa fa l’Assostampa. Vi posso assicurare che di questi tempi si lotta per mantenere a tutti i costi i posti di lavoro, la dignità professionale, ma le lotte non può farle solo il sindacato, perché ritengo che il sindacato dei giornalisti è fatto da giornalisti che tutti assieme si devono tutelare, remando tutti dalla stessa parte. Cosa che io in tanti anni davvero non ho avuto modo di constatare. Ognuno si fa i fatti suoi e una piccola minoranza prova a difendere le posizioni, anche con il sindacato.
    3) Infine, siete a conoscenza che il Giornale di Sicilia, proprio qualche giorno fa, ha perso una causa per comportamento antisindacale nei confronti del Cdr per la mancata pubblicazione di un comunicato sindacale dopo la manifestazione di Roma dello scorso ottobre? Ebbene il ricorso sollecitato dai colleghi è stato firmato dal sottoscritto e dal segretario regionale Assostampa A. Cicero che ci hanno messo la faccia e grazie all’avv. Croce abbiamo vinto. Ma ancora attendiamo la pubblicazione del comunicato nelle pagine del Giornale così come intima la sentenza del giudice. Attendiamo fiduciosi. Il Sindacato deve fare questo e lo fa. Ma si occuperà anche delle tariffe, cosa di cui però si dovrebbe occupare l’Ordine dei Giornalisti, che ha un tariffario fatto per non essere rispetatto!!!
    Scusate se mi sono dilungato…
    Un saluto a gery e a tutti

    Roberto Ginex, giornalista disoccupato
    segretario provinciale
    Assostampa Palermo

  25. Provo a intervenire senza urtare la sensibilità altrui e, se non ci riuscissi, chiedo anticipatamente scusa.
    Condivido al 100% quanto ha detto Tanus nel suo ultimo commento. Per quel che “sento”, la situazione delle redazioni non ha nulla di peculiare rispetto agli altri ambienti lavorativi. Precariato, assenza di motivazioni nei più vecchi, disillusione e inflazione di cinismo nei più giovani stanno infestando il lavoro in Italia (con i rischi di generalizzazione che la sintesi impone). La differenza sta nella cosicenza ed educazione di ognuno. Anhe sul lavoro. Lo dico con i limiti di chi non ha mai lavorato in una redazione, ma anche da chi – con diverso percorso formativo – si occupa pure di ufficio stampa da anni (e per questa ragione, con un tesserino dell’Odg in tasca di cui si ricorda solo in occasione della quota annuale). Dico anche che non condivido il primo post di Toga, ma neanche mi sento di accusarlo di superficialità. E’ un peccato che la discussione si accenda troppo, da una parte e dall’altra, facendo perdere valore a quanto detto prima. A mio modesto e non richiesto parere. Al contempo però, da soggetto affetto da “sindrome dell’emigrante”, ancora irrisolta dopo anni, trovo un nonsoché di sicilianissima e “divertente” atmosfera in quanto avvenuto: mancava solo un “ma chi ficimu ‘u surdatu ‘nsemula?” e un”ma picchì tu cu sì?” e sarebbe stato perfetto (con il sorriso e senza alcun intento di irrisione).

  26. Scusate, non voglio ferire la sensibilità di nessuno. Ma stiamo discutendo della macchia di unto sull’ascensore delle Torri Gemelle un attimo prima del crollo. Il tema proposto da Gery sarà anche corretto. Però, francamente, lo trovo residuale rispetto al problema della stampa in questo Paese. E non è collegato con la (cattiva, buona?) qualità della stampa italiana. I precari descritti da Gery sono riprorevoli? Però è anche vero che non si può chiedere sempre ai giornalisti di essere “eroici”, mentre tutti gli altri si fanno i fatti loro. Siamo al facile capro espiatorio. O ci si pone davanti al problema in chiave complessiva, o è meglio non discuterne affatto, perché si rischia di essere fuorvianti, nonostante le ottime intenzioni.
    Ps. Vorrei dire che, almeno, io mi firmo con nome e cognome, non con lo pseudonimo dei soliti “coraggiosi”. E questo – a mio parere – fa già la differenza. E che differenza…

  27. Non sono d’accordo. A me sembra un approccio molto concreto e poco teorico, invece. E per nulla residuale.
    Parlare del “problema della stampa in questo paese” è un tantino generico e a rischio divagazione.

  28. @Puglisi. Se il “coraggiosi” era riferito a me puoi anche togliere le virgolette. To.Ga. è la sigla con cui siglavo e siglo i pezzi, non un paravento. Parecchi in questo blog sono in grado di decriptarla. Comunque, nessun problema a firmare per esteso. Sempre con cordialità, Tony Gaudesi

  29. Io credo che Roberto Ginex abbia centrato il punto più di altri: le tabelle dell’Ordine rispettate da pochissimi sono un buon motivo per accontentarsi della disoccupazione, piuttosto che fare 300 telefonate per un pezzo che verrà pagato – vogliamo essere generosi? – 10 euro. Io non l’ho mai fatto perché se non lavoro per troppo tempo tendo ad annoiarmi, ma onestamente non posso biasimare chi lo fa. Di più: non credo siano tanti i posti che offrono sei mesi di contratto all’anno e quindi la garanzia della disoccupazione. Io, ai tempi in cui ero al Giornale di Sicilia, sono stato abbastanza fortunato con i contratti, ma ogni volta era un terno al lotto: lavoravi per sei mesi, ok, ma in quel periodo pensavi a mettere i soldi da parte perché non eri certo che il contratto successivo avrebbe avuto la stessa puntualità del mutuo. Sinceramente credo siano pochissimi i colleghi che possono fare affidamento su un contratto di sei mesi all’anno, e allora sì che ha ragione Roberto Puglisi: affrontiamo un problema residuale prendendocela con una categoria – i precari del giornalismo – che per lo più è bistrattata. Che insegue per anni un obiettivo, l’assunzione a tempo indeterminato, che per pochissimi arriverà. E allora pensi di focalizzare le tue attenzioni su quel che può garantirtela, quell’assunzione, oppure decidi che è il caso di vivere, piuttosto che perdere i capelli e – come mi fece notare un collega del GdS nei miei ultimi mesi da precario, prima che un colpo di fortuna mi regalasse un contratto a tempo indeterminato – la felicità.
    Ecco: la felicità. Questo è il punto: la crisi d’entusiasmo è anche figlia della situazione. Siamo franchi: fare giornalismo oggi, salvo le dovute eccezioni, è quasi sempre frustrante, proprio per effetto del clima che si vive nelle redazioni, dei tariffari mai rispettati. Non dimentichiamo questo: ognuno di noi ha diritto ad aspirare alla felicità. Quando ti scontri contro una situazione di questo genere è anche legittimo pensare che la vita sia altrove.

    Scusami per essere stato prolisso, Gery, ma il tema mi tocca particolarmente.
    Claudio Reale

  30. Ritengo che il comportamento delle classi dirigenziali, di qualsiasi realtà produttiva si parli non solo la vostra, negli ultimi decenni, abbia centrato pienamente il suo obiettivo. La creazione di posti di lavoro precari e la gestione allegra dei contratti ad personam, ha definitivamente distrutto il collante che una volta riuniva i lavoratori. Il risultato è chiaramente visibile in questo post. Più che attaccarsi tra colleghi, sarebbe opportuno attaccare chi ci ha messo in questa situazione. Cesare diceva “divide et impera”, il principio è ancora amato e messo in pratica a diversi livelli. Dividere i lavoratori e metterli continuamente in competizione fornisce diversi vantaggi ha chi ha intenzione di sfruttarli.
    Cercate la radice del problema, combattetela magari scrivendoci un bell’articolo voi che fate questo mestiere. Di Roberto Ginex ho apprezzato “Quando il Banco era Cosa loro”, a cui ho ripensato recentemente, visto che si riparlava di Banca Del Sud. Potrei suggerire a qualcuno di voi di scrivere qualcosa del tipo “Quanto i giornali sono cosa loro e le idee non più cosa nostra”. Ma non vorrei esagerare, poi dice che internet e i blogger stanno distruggendo l’informazione.
    Scusate il doppio sfogo di lavoratore e lettore. Come vedete il discorso di Gery calza a pennello in qualsiasi siuazione lavorativa. Lui parla di quella con cui è in contatto come io potrei parlare della mia ed il risultato è assolutamente identico.

  31. a tutti e in particolare “a due”
    Dispiace che il clima si sia così surriscaldato, anche perché voglio bene (li ho visti “nascere”) ai due più accalorati contendenti. Se avessimo la stessa foga, io per primo, come categoria, penso che le cose, forse andrebbero meglio (nonostante abbia quasi per paradossi proposto l’abolizione di Ordine e Sindacato).

    al collega Ginex
    chiarissimo, limpidissimo, bravo.

    @roberto e claudio
    con tutto il bene che vi voglio (e sapete anche quanto vi stimi) appena scrivete di nuovo “residuale” vengo lì e vi prendo a calci in culo (e con questo vi rivoglio bene e vi ristimo come da sempre).

  32. Per Contessa. Quello che per lei è generico per me è la visione di insieme, da cui non si può prescindere. Quel comportamento che Gery ritiene deprecabile si fonda su altri comportamenti molto più deprecabili. Pagare un precario con pochi spiccioli a pezzo è deprecabile. Non dargli nessuna fiducia per l’avvenire è deprecabile. Sfruttarlo, spremerlo come un limone, e poi gettarlo via, dopo avere illuso i suoi anni migliori, è deprecabile. Lei pensa che tutti abbiano la vocazione al martirio perenne, Contessa? Lei pensa che un ex ragazzo macinato per dieci anni da un sistema vizioso (che Gery conosce benissimo per averlo visitato dal di dentro, e mi piacerebbe sentirlo anche su questo) non si ponga il problema di una sopravvivenza più tranquilla fatta di minori sforzi e di pari gratificazione? Certo, c’è disillusione in questo e non è un bene. Ma la disillusione nasce da quel sistema complessivo che la fabbrica, non è insita nelle persone che spendono anni d’amore – a zero tituli – per un mestiere dannato e bellissimo. Vede, Cara Contessa, il ricorso al particolare, in questo caso, è fuorviante. Lei da che parte sta? Sta dalla parte di chi ruba nei supermercati, o di chi li ha costruiti, rubando?

  33. E’ scandaloso! … magari ci fosse una simile regola nel mio contratto di lavoro!!! ( scherzo, scherzo!!!!)

  34. @Roberto Puglisi. Io ho denunciato un sistema che non mi piace. Per far ciò ho scritto un post. So bene cosa sta dietro questa pratica, ma ciò non mi impedisce di dissociarmi da cosa sta davanti ai miei occhi.
    Il fatto che una pratica deprecabile sia figlia di altre pratiche deprecabili non mi impone di scrivere un trattato sull’argomento, che magari sia controfirmato da te. Al momento ho affrontato questo aspetto, quando sarà e se lo riterrò opportuno tornerò sulla vicenda.

  35. @Roberto Puglisi.
    Io sto dalla parte di chi osa e non basa il suo futuro esclusivamente sul concetto “minori sforzi e pari gratificazione”. Sto dalla parte di chi si mette in gioco, di chi mostra entusiasmo di fronte alle sfide e si costruisce le occasioni migliori. Le sembra martirio questo? Perchè, se non ho inteso male il senso del post, è di questo che si parla.
    Il deprecabile sistema che genera disillusione tra i giovani (giornalisti e non solo) non può e non deve essere un alibi: ogni particolare va messo al suo posto, perchè una visione d’insieme cos’altro è se non una concatenazione di particolari?

  36. Ho capito, Contessa. Quando vuole affrontare un discorso concreto, io sono sempre qua. Simpaticamente.

  37. Io sto dalla parte di chi ruba nei supermercati, non di chi li ha costruiti, rubando; sto con Roberto Puglisi e Roberto Ginex.
    Non sto invece con Gery Palazzotto, paladino che mai e poi mai si pronuncia su certi argomenti, come lo sfruttamento a costo zero del lavoro. Non sto con le principali aziende giornalistiche che pagano una miseria, indistintamente, gente brava e gente che sconosce la grammatica minima. Dicesse, Palazzotto, una volta in modo chiaro e tondo quando (non) pagano il Giornale di Sicilia, Trm, Tgs, siti e situcoli. Denunciasse il malaffare su cui si reggono interi sistemi editoriali. Sottolineasse che i suoi amici di I Love Sicilia ragionano con gli stessi metodi del Giornale di Sicilia. Leggendo questo blog ci si aspetta uno scatto d’orgoglio, un po’ di politicamente scorretto, ci si aspetta un po’ di forza contro i forti e non contro i deboli. Ma forse è tempo perso…

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