Il pedigree del politico

monogamia
La vignetta è di Gianni Allegra

Una volta, fino a una quindicina di anni fa, i politici erano trasparenti, pur nella loro opacità. Si sapeva chi rubava, chi era onesto, chi era spalleggiato dalle cosche, chi prometteva bene e chi manteneva male. E la cronaca era ancora il regno della verosimiglianza.
Oggi non c’è certezza neanche di un’opacità deludente. Nella corsa all’ultimo veleno, spioni e gaffeurs fanno a gara a chi alza più veli,  scoperchia più pentole, sfonda più porte, registra clandestinamente, filma di nascosto, trama, tratta, rivende.
Il dubbio è: per offrire adeguate garanzie all’elettorato servirà più un certificato penale o un pedigree?

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

4 commenti su “Il pedigree del politico”

  1. Ma io mi domando e dico, tornando al nostro Beniamino: un presidente del consiglio ha notizia (tramite il suo gruppo editoriale, e già ci sarebbe di che discutere) di un video evidentemente ricattatorio ai danni di un presidente della regione. Cosa fa? Invita il potenziale ricattato a denunciare immediatamente il fatto. E lui stesso, data la carica che riveste, si sente obbligato a fare lo stesso, che il ricattato lo voglia o no. Questo nel mondo normale. In quello nostro, il presidente del consiglio telefona al ricattato in via privata, gli parla come un papà-padrino, non denuncia un bel niente, e poi va anche a dire in giro: “io l’avevo avvertito”. Ma nessuno dei sostenitori di Berlusconi si è ancora reso conto di con chi hanno a che fare? Ma siamo impazziti?

  2. @Bar: ma con totale assenza di stile, direi.

    Qualche giorno fa Gery ha pubblicato un post molto interessante sulla dose di “cronaca” quotidiana minima consentita… Io ho già raggiunto la saturazione e sono in fase di disintossicazione: consiglio l’ultimo libro di Ohran Pamuk, “il museo dell’innocenza”.

  3. Dose minima, saggia regola che non riesco a rispettare: la paura dell’assefuazione m’induce paradossalmente al rischio di overdose.
    Cerco di riequilibrare con un insufficiente ricorso ad integratori culturali. Come l’appena avviata rilettura di “Tenera è la notte” (dopo troppo poche pagine, l’impudico dubbio: ma com’è che mi era piaciuto tanto?)

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