Gli occhi

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

di Willy

Ho guardato i tuoi occhi. E mi sento come davanti a un pianoforte scordato. O sono davanti a un pianoforte perfettamente accordato. Solo che le dita hanno il reuma. Non possono nemmeno improvvisare una scala. Altri tempi, altri concerti ci furono, quando le dita correvano più del pensiero. Anzi, le dita erano il pensiero stesso. E sapevano luccicare di semitoni, grondare di cascate azzurre sbocciate a garganella sul pentagramma. E sapevano suonare sinfonie per gli occhi. Ora, invece, non possono più comporre nemmeno un coro muto. Ricordi? Quando avevi gli occhi così lontani, io mi mettevo al pianoforte e suonavo, giurando di strapparti un sorriso. Mi avvolgevo nella dodecafonia di un’idea, la sviluppavo per semplificarla e renderla commestibile. All’ultimo gradino, la dissonaza diventava assonanza, correzione, armonia. Il mondo esplodeva in una spuma di coerenza e felicità.
Adesso non più. Adesso non è cambiato nulla nell’apparenza del viso. Appena appena gli occhi rivelano il taglio di un coltello che non abbiamo avvertito a pelo della carne. La cesura. La cacofonia. Tutta colpa degli occhi che guardano gli altri correre su binari incomprensibili. E come appaiono leggeri e luminosi (gli altri), nella grassezza delle fandonie che accumulano, nell’opulenza della menzogna. I loro occhi sanno tornare a casa, una volta eseguito il crimine e lavata la coscienza. I tuoi occhi vagano nello specchio in cerca di misericordia e perdono. I tuoi occhi. I miei occhi.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

4 commenti su “Gli occhi”

  1. Che bello questo post! Willy.” Mi ha fatto venire in mente Le affinità elettive di Goethe. ( uno dei miei classici preferiti insieme alla rivolta degli angeli di A. France )
    “Abbiamo commesso una pazzia: ora lo vedo fin troppo bene. Chi, giunto ad una certa età, vuole realizzare sogni e speranze di gioventù, si inganna sempre, giacché nell’uomo ogni dieci anni cambia il concetto delle felicità, cambiano le speranze e le prospettive. Guai a colui che, dalle circostanze o dall’illusione, viene indotto ad aggrapparsi al futuro o al passato! Abbiamo commesso una pazzia. Dovremmo, per una sorta di scrupolo, rinunciare a ciò che i costumi del nostro tempo non ci vietano? In quante cose l’uomo ritorna sui suoi propositi, sulle sue azioni, e non dovrebbe farlo qui, dov’è in gioco tutto e non un dettaglio, dove si tratta non di questa o di quella condizione di vita, bensì della vita in tutto il suo complesso? »

  2. Grazie sia a Willy che a Faguni, per le parole inconsuete e bellissime che servono ad agitare pensieri profondi.

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