Chi mente sui libri?

"Il libro della giungla", foto di Cinzia Zerbini (da Flickr)
"Il libro della giungla", foto di Cinzia Zerbini (da Flickr)

Ieri al Tg1 delle 13,30 Gian Arturo Ferrari, direttore generale della divisione libri del gruppo Mondadori, ha detto che il settore librario non risente della crisi economica. Il parere è diametralmente opposto a quello di altri operatori del settore, agenti ed editor (peraltro non intervistati dal Tg1), che rimbambiscono gli autori con previsioni catastrofiche.
Ora dal momento che il sottoscritto (come molti protagonisti di questo blog) campa di scrittura, sarebbe utile scoprire chi è che dice bugie.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

151 commenti su “Chi mente sui libri?”

  1. Inutile dire che i due commissari, Capaci e Tocai, erano rivali. Se non altro per questioni campanilistiche.

  2. Gery, non so di cosa parli… E comunque, se l’ho scritto, va pubblicato. No?

  3. Quando seppe dell’assembramento di poliziotti al cimitero, Tindara Sottocoperta si affrettò a raggiungerlo. Era pur sempre una peripatetica e quando c’era una siffatta riunione di picciotti pieni di forza e di salute ci poteva anche scappare l’affare della giornata.

  4. D’altronde Tindara Sottocoperta era stata una pioniera delle gang bang. Lei, che era una donna d’altri tempi, non le chiamava così. Però le praticava, dato che – come è noto -nei piccoli centri non c’è mai troppo da fare e qualcosa ci si deve pur inventare per ammazzare il tempo. E a lei ammazzare il tempo faceva anche gonfiare le tasche.

  5. “Dove ha lavorato?”, tornò a informarsi Lampedusa.
    Calatrasi sventagliò il foglio. “Chi?”, disse senza staccare gli occhi dalla biro scintillante del conte che giocava con la sua impazienza.
    “Chistu. Allegra”.
    Calatrasi sudò freddo. “Per un giornale, mi sembra, ma non so se ancora…”.
    “Comunista?”.
    “Boh, forse… te-tempo fa… ” balbettò Calatrasi. “Ma non stiamo a sottilizzare… coi tempi che corrono…”.
    “Ora me lo ricordo, quel cognome”, masticò Lampedusa, amaro. “E un titolo che ebbe a che fare con lui e con altri quattro sciammannati che si credono spiritosi. “Il grattopardo”. Un pasticcio senza rispetto”.
    “Satira, conte…” minimizzò Calatrasi. Il foglio dell’esproprio gli si stava infradiciando tra le mani ormai sudate.
    “Ed è con questa mentalità che ci stiamo rovinando con le stesse mani. Oggi il grattopardo, domani chissà quale altro sfottò a noi che discendiamo dai normanni, il sangue nobile di questa terra!”.
    “Firma o non firma?”, disse Calatrasi in un moto d’impazienza, forse un rigurgito di ideale stantio.
    Lampedusa tornò finalmente a guardarlo. Nel viso, una malinconia senza fondo, che ricordava gli abissi del Vallone di Lampara. “Sono i sedara come te che hanno fatto di noi gattopardi rampanti volgari gRattopardi di cui ridere sui blog e sui giornali comunistA”.
    “Comunisti”, lo corresse Calatrasi.
    “Comunisti, comunista… che importanza ha? E poi… picchi’, esistono più?”.
    Il conte firmò, ma Calatrasi non si sentì sollevato come immaginava. Su quella carta, gli sembrò d vedere sangue rosso che si scuriva, avvelenato dal tradimento. Fu fiero ed ebbe vergogna di sè. Ma in silenzio.

  6. @Mister mister. La Contessa ha citato un pilastro della letteratura noir italiana (ancora sconosciuto) di cui parleremo presto. Se l’autore se ne accorge mi chiede i danni (in litri di vino, suppongo).

  7. Il commissario Capaci stava riposando.
    Aveva i piedi gonfi. 15 ore di omicidi.. Era morto di stanchezza. Adesso anche il becchino s’ea suicidato e bisognava trovarne un altro.
    S’era appena tolto le scarpe.
    Toc toc
    Chi è?
    Una testa pelata fece capolino
    Montalbano sono.
    E che palle! Anche qui.
    Capaci impugnò la pistola d’ordinanza e in un attimo Montalbano si spiaccicò a terra.
    1. continua

  8. @Gery: riunione di produzione. Ci manca una sigla musicale, una canzone di apertura. Sui testi, io butto qui un’ideuzza, un paio di strofe.
    Grattopardo soffi ancor
    Il tuo orgoglio contro il vento
    Non c’è gabbia che ti tenga
    Né catena che ti umiliA
    Nel sole di Lampara
    Ruggirai….

  9. E sull’ultima lirica si sente un ruggito e si vede un gRattopardo stilizzato che ghermisce l’aria controluce, nel tramonto.

  10. Il commissario capaci non riusciva a capacitarsi e cominciò a ingurgitare bicchieri di tocai a digiuno

  11. @gery
    oggi c’è luxuria a palermo, vladimir è intonata, si potrebbe chiederle se vuol cantare la sigla, la prima volta che ho ascoltato quella di “agrodolce” ho pensato che la cantasse un trans…

  12. Gilda Donnafugata era riversa sensuale e scomposta sul letto insaguinato. Tommaso la accarezzava come fosse ancora viva. Piangeva silenziosamente Lampedusa. Piccoli sussulti lo scuotevano e grandi lacrime gli rigavano il volto. Che ricordava quello di Alain Delon da giovane, ma più virile, più vissuto, più mediterraneo. E, fatalità, Gilda somigliava incredibilmente a Claudia Cardinale, poco più che adolescente. Ma era più sensuale Gilda Salaparauta. Anche da morta. Per strada, dopo aver girovagato per chilometri e chilometri, Tommaso Lampedusa ritrovò se stesso. Entrò al Blue Magic Night. Non guardò in faccia nessuno (doveva essere perlomeno un felino per mettere a fuoco quei volti e quei corpi occultati dal buio nero pece). Sprazzi di luce fioca e improvvise fiammate abbagliavano la fauna molle e impigrita che affollava il locale. Rosi Peloritano con acrobatici movimenti del corpo mozzafiato eccitava anche i morti. E Tommaso Lampedusa si sentiva uno corpo senza anima ora che non poteva più baciare Gilda. Ordinò un whisky con ghiaccio. Lo trangugiò d’un fiato. La gola gli si arroventò. Le mani gli si riscaldarono. Il corpo tornava a sentire sollecitazioni di ogni tipo. Sentì addosso gli sguardi torvi dei clienti. Il desiderio finto delle ballerine mercenarie. L’ironia del sorriso da cerbiatta di Molly, la tipa che stava al bancone a far ubriacare i clienti. Le movenze pigre e sensuali di Rosi Peloritano gli facevano tornare in mente gli ultimi attimi di passione violenta e i bagliori fragorosi del piombo sputato dalle pistole. C’era un quarto uomo da mettere a tacere. E Lampedusa sapeva perfettamente chi era quel killer veloce come una pantera e malefico come un serpente, dalla mira infallibile: Gilda era la sua ultima vittima. Luciano Partinico, si chiamava. Uno degli sgherri di Salaparuta. Povero Lampedusa, doveva far tornare i conti e risolvere un problema irrisolvibile. Non visto, vide entrare Salaparuta e i due sgherri. Uno era Partinico. Rosi Peloritano si tolse il perizoma e con un movimento perlvico mostrò il pube rasato un attimo prima che le fioche luci si spegnessero del tutto. Un “Oooohhhhhhhhh” accompagnò quell’attimo leggendario. La luce illuminò troppe cose e troppe persone. Pino Romitello, sempre distratto (per essere un guardaspalle), Bastiano Salaparuta, sempre più somigliante a Burt Lancaster, ma in versione ridotta e tarchiata, e quel caimano di Luciano Partinico (un Paolo Stoppa ma allungato e giovane). Che si accorse immediatamente di Tommaso e del brillìo di una pistola di troppo. Fu rapidissimo, ma la morte lo fu anche di più. Due colpi. Uno tra gli occhi e uno al cuore. Partinico era velocissimo e infallibile con le armi. Tommaso Lampedusa però di più.

  13. L’economia di Lampara prese a correre. L’edilizia cimiteriale aveva innescato un giro virtuoso. Sorsero come funghi botteghe di marmorai, epigrafisti, ritrattisti. Pittori e scultori furono chiamati per abbellire le nuove tombe. Fiorai e fioristi furono costretti ad ampliare le serre. La domanda crescente di casse da morto fece lievitare i prezzi. La Casse da morto SPA finì con l’essere quotata in borsa.

    La crisi economica endemica di Lampara era ormai un ricordo.
    Chi c’era dietro tutto questo? Chi tirava i fili? Cominciò a chiedersi il commissario Capaci tra i fumi del tocai

  14. Lampedusa attendeva il segnale: un doppio trillo del cellulare avrebbe annunciato che Giò Brunello era giunto a Lampara. Il guaio però era che la suoneria di Lampedusa non era a squilli ma riproduceva un intero pezzo dei Dire Straits, Romeo and Juliet. Il cellulare di Lampedusa si illuminò e attaccò lo splendido giro di chitarra di Mark Knopfler…

  15. Giò Brunello giunse a Lampara (provenienza Montalcino). Compose il numero di Lampedusa e pigiò il bottoncino con l’iconcina verde del telefono. Due squilli come concordato.
    Erano già due le chiamate senza risposta e con numero privato non rilevabile sul display all’indirizzo di Tommaso Lampedusa. In rapida successione. Qualcosa non quadrava. Una goccia di sudore colava dalla fronte di Lampedusa. Gocciolò dal naso e cadde sulla mano che già impugnava il revolver. Ancora l’attacco dei Dire Straits. prolungato: si direbbe almeno cinque squilli. Anonimi anche questi. Lampedusa non avrebbe cambiato suoneria per tutto l’oro del mondo.

  16. Michele Geffer, un farmaceutico del nordest, intanto incontra Salaparuta per chiedergli la possibilità di impiantare una succursale della sua impresa a un costo di manodopera di certo inferiore a quello cui si è dovuto abituare. Salaparuta fa il prezioso e tentenna. “Non lo so” dice. “Quando mai un Geffer e un Salaparuta sono andati d’accordo…”.

  17. Salaparuta non aveva tutti i torti a titubare. La produzione a basso costo di Michele Geffer avrebbe potuto tamponare l’effervescenza economica che aveva investito Lampara

  18. Si affacciava minaccioso all’orizzonte lo scontro feroce tra la ditta Benex di Salaparuta e il Malox di Peppe Pachino, detto Cabernè.

  19. I due però, così facendo, favorivano il Geffer che, informato dei fatti, decise di stare a vedere l’evolversi dei fatti, fregandosi le mani.

    Il commissario Capaci intanto continuava a bere tocai e sperava in una illuminazione o allucinazione, dipende da quanto tocai sarebbe riuscito a ingurgitare

  20. Il commissario Capaci aveva un confidente di cui si fidava ciecamente. Nofrio Paceco, si chiamava, ma per tutti era Merlò, per via del fatto che beveva merlot come fosse acqua. E Capaci questo non lo sopportava: a lui il merlot faceva schifo come l’acqua.

  21. Presidente Lombardo cosa pensa di Tommaso Lampedusa?
    La domanda investì il Governatore della Sicilia come un fulmine in mezzo a un aranceto. Si girò fissò a lungo il giornalista e gli disse:
    Tommaso Lampedusa pensi a fare il presidente della Mandorla secca e della cotognata che al mio Governo ci penso io. Vogliamo dirlo? Diciamolo. Il mio governo è il peggiore degli ultimi 100 anni. Ma almeno abbiamo un primato
    Il giornalista continuò: Presidente, Tommaso Lampedusa dice che era un bell’uomo e veniva dal mare.
    Lombardo ebbe un brivido il che era già una notizia.
    Ditegli che lo aspetto allo scoglio dello Zio Monaco, dietro la via Foga. Con la O.

  22. Rosi Peloritano si sfilò il reggiseno: Tommaso Lampedusa restò a bocca aperta. Pensava non lo portasse, il reggiseno. Tolse con una torsione del bacino e con un tocco leggero delle mani la vertiginosqa minigonna rosso fuoco. Non portava gli slip. Il perizoma, ma solo negli spettacoli. Era un gran pezzo di mora. Lampedusa aveva posseduto numerose centinaia di donne, ma come quella, pochissime. Si contavano sSulla punta delle dita di una mano, anche meno. Solo Gilda Salaparuta in arte Donnafugata poteva competere. La prese da dietro senza tanti complimenti. Selvaggiamente. Se ne pentì perché era maestro di preliminari, Tommaso Lampedusa. Indietreggiò, titubò, arretrò decisamente, uscì da lei. Rosi non approvò quella improvvisa timidezza: “Ma che fesso che sei, Masino!”. Lampedusa sentì il sangue arrivargli agli occhi e fuoriuscire. Ebbe un orgasmo nel tentativo di riappropriarsi della preda. Perdeva colpi, il bel Tommaso. “Sei stressato, Masino, non ti preoccupare, ora ci penso io”. “Zitta, statti zitta, buttana!”.

  23. fortunatamente l’occhio buono del ciclope era annebbiato dall’ira. Il primato che aveva non era di suo gradimento e non vide passando davanti l’ammezzato l’ammuina tra Peloritano e Lampedusa

  24. Un lampo omicida balenò negli occhi di Rosi Peloritano mentre pensava “puttana a me, bastardo! a me che sono miss Escort di Sardinia! Me la pagherai, lascia che arrivi ad occupare un ministero e vedrai” e intanto continuava a strusciarsi a Lampedusa come se niente fosse

  25. Nell’aria tremula del circondario di Lampara brilla un binario solitario, cigola un cartello con il nome della stazione ma con la “r” e la “a” finali cancellate da una pessima manutenzione. L’unica voce è quella del vento. Poi, come crescesse dalle viscere della terra, arriva lo stantuffare di una locomotiva. E’ l’accelerato che fa breve fermata nel paesino. Porta con sé solo tre anime. Una è quella del controllore, l’altra è quella di una vecchina immobile e con la guancia schiacciata sul sedile di finta pelle: probabilmente vittima di un malore e già morta. La terza delle anime è torva è una sagoma scura, magra ma forte, un fascio di nervi, alta, resa ancora più alta dai tacchi di un paio di stivali di serpente bruno, mangiati dalla polvere. Somiglia a quell’attore con la faccia di cuoio, come si chiama, Charles Bronson. Non per caso.
    Erano anni che Carlo Bronzo non si faceva vedere a Lampara. Ha giurato che sarebbe tornato solo per consumare una vendetta, e c’è motivo di credergli. Tutti lo chiamano “marranzano” per via dello strumento siculo che porta sempre incollato alle labbra e con cui commenta, col tipico doing-doing che solo il marranzano può produrre, ogni sua giustificabilissima malefatta. C’è un uomo nel mirino della sua colt. Colui che uccise senza pietà suo fratello quando lui era bambino. E’ bene che quest’uomo , tale Frenchi (da tutti nomato Frenchi Frenchi, per via della grottesca risata) cominci a tremare.

  26. – Ti sei divertita?
    Bastiano Salaparuta sedeva nel buio del salotto barocco-veneziano, seminascosto dalla Venere di gesso, regalo di nozze della buonanima di Don Ciccio ‘u Cannonau, uomo d’onore di origini sarde, suo mentore e padrino.
    – Hiii… giò, mi hai fatto spaventare!
    Rosy Peloritano quasi moriva di paura.
    Quasi, però. Doveva fare ancora un paio di puntate e la produzione non si sarebbe sbarazzata di lei così facilmente. Insomma, era un po’ spaventata, ma si sentiva benissimo e quindi non morì.
    Non era riuscita a farsi una doccia dopo l’incontro con Tommaso Lampedusa, e sapeva che suo marito, cane da caccia com’era, quell’odore lo avrebbe sicuramente riconosciuto.
    – Ti ho chiesto se ti sei divertita?
    – Ma che domande mi fai? Lo sai che ho lavorato.
    – Perchè non vieni qua da me, ti faccio fare qualche straordinario.
    Disse Salaparuta slacciandosi la cintura dei pantaloni e indicando alla moglie l’imponente divano in broccato rosso e oro, che troneggiava nella stanza di rappresentanza…

  27. Frenchi Frenchi portava rispetto solo a due esseri nella sua vita; il primo era San giovese, protettore di tutti i marmorari fuori sede e in particolare di lui, personalmente! il secondo era un curato di campagna, un buon prete affabile e molto paterno, in paese tutti lo chiamavano fra’ pato, per via dei suoi motti di spirito, gioia e delizia di presbiteri e paesani.
    Frenchi era emigrato in toscana da lampara e precisamente a Massa Carrara, all’ età di sedici anni appena compiuti. Suo padre Alfio, detto Fi Fì (per via della sua grottesca risata, ereditata dal nonno Mi Mì ) accortosi del talento, sebbene ancora grezzo, del figlio di lavorare la pietra , il tufo, la lava, la roccia, la ciaca di fiume…
    lo impacchettò con spago grosso e lo spedì alla bottega di un suo compagno di camerata, scultore e marmoraro in toscana.

  28. Masino Bronzo, detto Mosè per quella barbetta bianca che, alla tenera età di diciotto anni ,gli innevava il mento volitivo eun po’ anche il mascellone, già abbastanza strutturato,era esperto nuotatore, bagnino e aspirante modello…

  29. Intanto lo spettro della crisi aleggiava su Lampara. Non moriva più nessuno. I fiori appassivano nelle serre, i serti di gigli e di rose appassivano nelle vetrine dei fiorai e qualche tarlo cominciava ad attaccare le casse da morto. Molti medici legali persero il lavoro. Non avendo firmato il cartellino per mancanza di cadaveri da sezionare furono licenziati per assenteismo (di cadaveri)

    Il commissario Capaci smise di bere tocai. Aveva le idee confuse.

  30. Bastiano Salaparuta era proprietario di oltre metà delle imprese e degli esercizi commerciali di Lampara (qualcuno sosteneva, e non a torto, che in realtà era proprietario di tutta Lampara), di svariate emittenti televisive (enumerarle sarebbe fatica sprecata: ne acquista una al mese), dell’emittente radiofonica Radio Dillo Chiaro e di due free press: Lapmpara News e Lampara Informa. Ma non era facile saziare la sua bulimia di potere. L’ingordo magnate era anche appassionato di cinema. Da giovane non aveva perso un solo film di cappa e spada, aveva visto oltre cinquecento western, tutti i film di Burt Lancaster e finanche il Gattopardo. Gli era piaciuto, ma con riserva. Non tollerava che un capolavoro di quella levatura, campione di virilità, fosse stato girato da un omosessuale (lo chiamava in un modo più pittoresco, in realtà). E da produttore aveva piazzato l’amata Rosi Peloritano in film che vengono definiti B Movie per il semplice fatto che non sono realizzati da Kurosawa e nemmeno da Bergman. Apprezzava molto Bertolucci, ma per L’Ultimo Tango a Parigi: la scena del burro spalmato e adoperato per quello scandaloso coito lo eccitava tutte le volte. Adorava Bertolucci perché negli anni settanta aveva offerto la più bella chance che si possa offrire ad un giovane attore di talento: amava l’Olmo di Gerard Depardieu e aveva visto cinquantasei volte la scena di Stefania Casini che prima di farsi venire l’attacco di epilessia masturba in simultanea Roberet De Niro e il giovane Gerard. Voleva che Depardieu lavorasse accanto alla sua bella Rosi. Ma il regista, Toni Marina di Ragusa, voleva, senza appello, che il maturo attore francese dimagrisse di almeno trenta chili. Salaparuta sapeva che l’unica dieta possibile per l’attore d’oltralpe era una terapia farmacologica. E un prodotto della sua azienda farmaceutica Benex sarebbe stato in grado di dimezzare i chili di troppo del Depardieu. Occorreva il controllo medico però. E chi, meglio di Pasquale Settecannoli, poteva piegare Gerard al dettato rigoroso e al tempo stesso sostenibile del Magrix?
    Rosi aveva saputo della possibilità di lavorare con Depardieu ed eccitatissima lo aveva comunicato a Tommaso Lampedusa. Che, lo sanno tutti, era amico (amico fraterno) di Pasquale Settecannoli. Complicazioni in vista. Grosse complicazioni…

  31. Bastiano Salaparuta nell’ars amatoria non era certo un artista. E neppure un umile artigiano. Un cane assatanato, più che altro. Insignificante e insipido nella baraonda inconcludente di quell’ansimare come in preda ad un attacco d’asma. L’ennesima eiaculazione precoce lo sfinì più del solito procurandogli una senso di frustrazione insoppoirtabile coniugato ad una prostrazione fisica spaventosa. Pareva prossimo alla dipartita. “Badtiano, ti senti male?” con un soffio di voce Rosi. “No, non sto morendo, Rosi…” disse Salaparuta con un filo di fiato proveniente dall’oltretomba. E aggiunse esausto: “Te l’ho detto che domani verrà a cena da noi Gerard?”.

  32. Toni Marina di Ragusa, il regista, era raggiante: mangiava quelle belle olive ascolane voluttuosamente. Bevve mezzo bichiere di quel vino dorato e freddissimo (un bel mix inzolia-catarratto) e cominciò a sudare vistosamente. La fronte alta e abbronzata si imperlò e brillò come una gioielleria a cielo aperto. Gerard Depardieu sbottonò il secondo bottone della bella camicia bianca di misto lino, bevve un sorso generoso di quel vino incantevole e assaggiò una panellina e poi una crocchetta. E parlava in un italiano fluente intercalando “oui” molto spesso e qualche parolina francese che rendeva l’eloquio elegante ed estremamente gradevole. Rosi era attratta da quella musicalità sensuale e vagamente effeminata. Non seguì mai il filo del discorso e quel bla-bla costellato di frasi accentate (uì, uà, uò)la eccitava e la rendeva luminosa quasi quanto la fronte di Toni Marina di Ragusa. Bastiano Salaparuta, beveva e mangiava gli antipasti rumorosamente: mai era stato capace di curare i canoni estetici minimi. Era penoso quel suo masticare a bocca aperta e quel parlare e sputacchiare pezzetti di panelle, pane, crocchette e qualche spruzzo di quell’inzolia-catarrato davvero meraviglioso. Rosi era incantevole e poteva sicuramente definirsi una splendida padrona di casa. Invitò tutti ai loro posti assegnati. Il primo piatto era sontuoso. Bucatini con broccoli arriminati. Tutti spolverizzarono abbondantemente la mollica abbrustolita (Salaparuta la chiamò “atturrata” più volte: era un sicilianista convinto). Prima del secondo a base di pesce, i commensali fecero una pausa. Ridevano, parlano amabilmente e i loro occhi luccicavano: il vino dorato cominciava a dare i suoi effetti. Rosi si ritrovò una mano sulla coscia scoperta. Avvampò di piacere. Era Toni Marina di Ragusa, seduto alla sua destra che armeggiava, ormai prossimo al settimo cielo. Alla sinistra della Peloritano il sudatissimo Depardieu, vecchio lupo di mare, si era accorto del traccheggio e per non imbarazzare il padrone di casa si allontanò di qualche centimentro dalla focosa padrona di casa. Bastiano Salaparuta invocò il pesce, magnificò le doti culinarie della consorte e sorrise con la bocca storta e luccicante quando gli ospiti fecero un fragoroso applauso alla paata con i broccoli arriminati della bella Rosi.
    “Gerard, ti va di rivedere quella scena in cui Stefania Casini ti acchiappa l’uccello?” disse dopo un generoso sorso di vino Salaparuta. “Ma era una scena finta…” balbettò arrossendo violentemente l’attore francese. “Noi faremo scene hard vere, verissime, invece!” si lasciò andare Toni Marina di Ragusa infilando la mano tra le cosce di Rosi Peloritano, che disse sussurrando : “Bastiano, il pesce servilo tu”.

  33. il commissario Capaci decise di fare un bagno di mare per fugare gli ultimi fumi di tocai. La presenza di Mosè Bronzo seduto e pensoso su uno scoglio lo rassicurò e si immerse nelle acque gelide della marina rischiarate dalla luna.
    Uscì ritemprato e si avviò a passo lento verso il commissariato deserto, vista l’ora tarda. Passò davanti il “villino” illuminato di Bastiano Salaparuta. Dalle finestre aperte ma protette da pesanti tende si sentivano voci e risate. Fra tutte distinse la risata gutturale e piena di Rosi Peloritano. Un rivolo di sudore gli attraversò, serpentino, la schiena. Quella donna gli faceva sangue; l’aveva vista ballare una sera e non era riuscito più a dimenticarla.
    Ma che ci faceva tutta quella gente a casa Salaparuta?

  34. La festa era finita a casa Salaparuta. Tutti alticci, lucidi di sudore, occhi a mezzasta, camicie sbottonate, cravatte allentate e cinture rilassate. Rosi si congedò con un saluto fugace degno di una nobildonna. Salaparuta, un po’ curvo e leggermente barcollante, l’accompagnò, galante. Toni Marina di Ragusa, alticcio e altezzoso, ruppe gli indugi. “Gerard, se vuoi fare questo film, devi dimagrire di trenta chili… Sì, lo so, sono tanti… Ma col Magrix della Benex ce la farai in meno di un mese!”
    “Toni, mon ami, ma che diavolo dici? Trenta chili… Mi volete uccidere?”
    “Abbiamo un amico medico che col Magrix ti farà nuovo!”

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