Mai più casual

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di Raffaella Catalano

Ricevo questa mail pubblicitaria:
“La nostra società, commercializza e confeziona olio extra vergine di oliva, olio di alta qualità,proveniente dalle olive coltivate e raccolte nella Regione Sicilia, olive, da noi selezionate , e raccolte nel periodo di ottobre e novembre di hanno solare, ottenendo un prodotto di poca resa ma di altissima qualità organolettica, avendo un acidità bassa che consente di usare l’olio sia per i piatti freddi che per i piatti caldi, e un prodotto che si può usare sia per frittura essendo di baso contenuto di colesterolo”.
Segue una descrizione per punti delle caratteristiche del servizio offerto, di cui vi riporto solo alcune voci:
·        spedizione in tutta Italia, spese esluse.
·        consegna entro 7 giorni da l’ordine
·        pagamento contrasegno,
·        campione gratuito per assagio

A tutti gli strafalcioni che avete letto, si aggiungono quelli meno evidenti ma non meno gravi: la punteggiatura, che definirei come minimo “casual”, gli spazi mancanti o in eccesso e le numerose ripetizioni.
Questo per dire a cosa servirebbe il lavoro di un editor o anche solo di un correttore di bozze. E non per tirare acqua al mio mulino, ma perché credo che dovrebbero informarsi soprattutto le aziende e dotarsi di un professionista del settore. Di boiate così ne leggo ogni giorno (e forse sarà capitato anche a voi) sulle confezioni e sulle etichette di infiniti prodotti di industrie anche notissime: pasta, cosmetici, jeans, passate di pomodoro. Per non parlare di siti, riviste, dépliant, volantini promozionali, progetti d’architettura, insegne e quant’altro.
Non sono un’esperta di marketing, ma credo che per vendere bene un prodotto lo si debba presentare in modo adeguato e che per essere credibili sia fondamentale comunicare correttamente. Pensare che una piccola o grande azienda sconosca l’italiano o lo prenda sottogamba mi fa rabbrividire. E a volte sghignazzare.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

49 commenti su “Mai più casual”

  1. Io sono un esperto di menu di ristoranti! Vi si trovano molti gustosi pasticci.
    G.Mancuso

  2. Io nel menu di un ristorante ho trovato una frittata definita “omolette”.

  3. Hai ragione! E’ difficilissimo far comprendere quanto sia importante la presentazione.
    Azzardo:soprattutto in Sicilia!

  4. Negli anni ho potuto constatare che il leviatano dei menù dei ristoranti di Palermo è la parola wurstel (ci vorrebbe la dieresi, ma non fateci caso). Si va da “Frustel” a “Gustel” a “Iuster” a “Wustell”. Ma anche la rucola non ha sorte migliore: “Rugola”, “Ruchetta”… Poi andiamo alla Krapfen: “graf”, “graffen”, “kraf”; per non tacere delle marche di birra: (Forst): “Fost” “Frost” “Forster” “Forest” , (Kronenburg): “Kromburg”, “Kronen”, “Cronemberg” (come il regista). Un sempreverde, poi, è il “parmiGGiano”. O lo spek, spesso anglicizzato in “speak”.

  5. La migliore che ho visto, ora che ci penso, è la BROSCH (brioche), poi corretta a pennarello in BRIOSCH.

  6. Dimenticavo: brava abbattiamo. Ovviamente sottoscrivo su tutta la linea, come C. E’ una cosa molto siciliana, sì, probabilmente. Prova ne sia che basta dare un’occhiata a una qualsiasi delle “riviste” sponsorizzate da Regione, Provincia o Comune (e pagate da noi) per capire quanto poco importante sia la cura della sintassi, della grammatica e della correttezza grafica. Si limitano a usare la carta patinata (costosissima) ma di assumere un correttore di bozze o un editor nemmeno a parlarne. E se ci sono bestialità sulle riviste che dovrebbero essere il biglietto da visita ufficiale dell’isola, che cosa vogliamo aspettarci dal resto?

  7. A me arrivano mail che pubblicizzano Viagra e altri medicinale cone errore incriboli
    ;-)

  8. A Palermo si trova anche uno dei pochi casi al mondo di Menù con strafalcioni recitati. Hostaria Lo Bianco (un luogo mitico per il sottoscritto e per molti altri palermitani oltre la quarantina). Il cameriere (lo stesso da 50 anni) si avvicina e comincia, con tono da robot filodrammatico: “alora, abiamo, pasta ala caretiera, ajo&ojo, grassa di polo (glassa di pollo), bolognesse, col tritato in bianco, al pomodoru…” . Chi non c’è mai stato vi si rechi. A margine: la pasta arriva in tavola prima che tu possa dire “vorrei”… Io non ho mai fatto in tempo a completare la parola “bologn…” che già gli spaghetti erano lì. Un mistero che sfida le leggi spazio-temporali. Mai vista una cosa simile altrove.

  9. Ogni volta che scrivo o parlo di errori di insegne ricordo una spaventosa “granita ALL’IMONE”. Mi lascia sempre senza fiato.

  10. Un Kilo di NOCE 3 euro al Kilo. Un kilo di MANDORLI 2,50 euro al Kilo.

  11. Bar sotto casa mia. Si vendono piatti di pasta “a braciamella” (leggasi besciamella) e “prociutto”.

  12. A proposito di Trattorie e simili:
    Zio Enzo alla Vucciria ” Io sono iscritto all’album degli attori”

  13. @Giacomo e tutti: non ridevo così da un bel po’.
    Pomodori di Pechino dolcissime: mi sto scompisciando! Ma Gery, scusa, la salama è più buona del solito salame. E che mi dite della checia? Ho litigato furiosamente per imporre IL Ketchup e non LA Checia.

  14. Imporre linguisticamente, perche il ketchup mi fa un po’ schifo. De gustibus.

  15. Un depliant di una specie di villaggetto turistico nei pressi di Caronia, decantando l’amenità del luogo faceva pregistare tramonti ingentiliti dall’EBBREZZA MARINA!!!

  16. Confesso che la mia mitologia familiare tramanda uno splendido strafalcione orale di fine anni ’60/inizi ’70.
    A mia madre che le chiedeva “mamma, chi ha vinto ieri sera la puntata di Canzonissima?”, mia nonna rispose “u nìvuru e a biùnna, WESS E DONIZETTI”.
    (è degna di “Suocerando”)

  17. L’altro giorno mi è capitata tra le mani una repellente rivistina catanese che si chiama Zona Franca (una leccata continua su carta al governatore Raffaele Lombardo). Non avevo mai visto tanti refusi clamorosi tutti insieme. Se vi capita, date un’occhiata. I redattori di Zona Franca l’occhiata non l’hanno data di certo.

  18. Un conto è quando gli strafacioni li scrive il fruttivendolo sul cartellino delle banane, altro è – come faceva giustamente notare Raffaella – quando lo strafalcione è in bella mostra in depliant o, peggio, manifesti 6mtx3 di affermate aziende o in grosse insegne (ricordo “quì il prezzo è giusto”). E che dire della punteggiatura: virgole tanto al chilo e puntini di sospensione a iosa. In un volantino ne contai una volta ben diciannove.

  19. … ma insomma… a che… cavolo servono…. i punti di… sospensione?…

  20. ………ad……….abbondare……………!!!!………………….

  21. Frase rimasta scolpita nella mia mente e poi ripetuta in varie occasioni in diversi ristoranti.
    Cameriere (servendomi il primo): “Le porto anche il parmigGiano, se lo PREFERISCE”. Domanda del secolo: preferirlo A CHE COSA?

  22. Non è strafalcione, ma resterà per sempre indelebile nella mia memoria. Via Malaspina, negozio di “toilette” per animali domestici. L’insegna: “L’eleganza del cane e del gatto”.
    Piazza Diodoro Siculo, minuscolo centro di bellezza. L’insegna: “L’esteta”.

  23. Lo sono! Il “pittore” sta finalmente rifinendo il bagno! Non potete immaginare che cosa significhi per me. Mi sento MOLTO particolarmente.

  24. E che dire allora di chi millanta un gusto eccezionale e si proclama “estetista”?

  25. A Sciacca, fino a qualche settimana fa, all’ingresso di un supermercato si poteva ammirare un enorme striscione con la scritta: “QUI PREZZI VERGOGNOSI”.

  26. @Gery e tutti: allora, il “particolarmente”… un episodio molto semplice e, come tale, di raro impatto e con infiniti livelli di lettura, a mio modesto parere. Tv locale, trasmissione della maga Maria Landolina. Il taglio del “format” ha ambizioni documentaristiche e divulgative. Praticamente la Landolina fa vedere i filmati dei suoi viaggi per il mondo e li commenta regalando al pubblico “pagine” di antropologia e storia delle tradizioni popolari. A un certo punto mostra un occhio di ceramica, spiegando di averlo comprato in Grecia (o Turchia) e aggiunge: “Questo occhio di ceramica, in Grecia, è… è… è particolarmente”. Punto.

  27. Sono cresciuta con la presenza di un signore, impiegato di mio padre, che era praticamente un tuttofare in famiglia.
    Carletto. Lui nasceva indoratore, pare fosse anche bravo, ma si adattava a fare un po’ di tutto.
    Quando gestivamo un cinema lui staccava biglietti o vendeva i gelati e la
    mattina, infrangendo la ferrea regola, imposta da mia madre, di non rispondere al telefono, si dilettava nel dare informazioni sul film che era in programmazione. Carletto non sapeva ne’ leggere ne’ scrivere ma aveva una fantasia spiccata.
    Il film ” la bibbia ” diventata ” la bibbita ”
    ” airpotr 75″ era ” l’ aereporto nel 75 ”
    ” il dittatore dello stato libero di Bananas ” era ” il dittatore ri banane ”
    interpretato da… ” BUTALI!!” leggasi Woody Allen.
    ” Zardoz ” diventò ” l’ azzardo ” e potrei continuare…

    Poi ci seguì pure quando aprimmo un vivaio.
    nel 1990 ci furono i mondiali di calcio e noi vincemmo l’ appalto per gli allestimenti floreali. Immense strutture in ferro decorate con fiori dai colori brillanti, più di 2000 garofani che Carletto, uno per uno dovette dipingere!
    So di dire una cosa un po’ così ma è la verità.
    Successe che, per uno sbaglio, dal paese di Vittoria ci mandarono 2500
    garofani ma tutti bianchi, non c’era più tempo per fare un altro ordine e così
    Carletto lanciò la sua sfida : Franco, disse a mio padre, ci penso io!
    E così fu.
    Tutte le televisioni commentarono che le decorazioni floreali di palermo erano fantastiche e noi battezzammo Carletto IL PITTORE DEI FIORI D’ ITALIA.
    E lui ne fu sempre orgogliosissimo.

    Carletto chiamava le petuni ” picuni ”
    Le begonie ,” bivone ” le felci, ” frecce ” le yucche ” trunzi “, le beucarnee, ” trunzi muoddi ”
    E, cosa davvero imbarazzante, le ciotole, ” ciolle “

  28. Mia telefonataal cinema Marconi, anni fa: “Che film c’è in programmazione, oggi”?.
    Cassiere: “Paffì!”
    Sfido tutti a indovinare il vero titolo. Inizio il conto alla rovescia.

  29. Sono morta dalla risate e vi ringrazio per questo più del solito, il sollazzo di questo blog è veramente da prescrizione medica per i depressi irreversibili: qui si rinasce.
    Oggi comunque tornando a casa ho sentito un signore che stava suggerendo ad alcuni turisti in visita a Marsala per i riti della settimana santa alcuni BREND e breakfast per il loro soggiorno…

  30. Io cito sempre uno strafalcione da premio Nobel che mi è capitato di ascoltare: “Oggi, anche se è inverno, fa un caldo agostiniano”. Per dire “come se fosse agosto”.

  31. Vabbé, eccedo con la mitologia familiare sperando che l’anima di mia nonna Angelina (donna che ho adorato e tantissimo pianto, 50 anni di magazzino sulle spalle alla pari con suo marito, ovvero mio nonno Totò) non me ne voglia. Metà anni ’60. Un giorno le telefona una delle sue sorella, preoccupata perché non troppo convinta del nuovo “filarino” della figlia, giovane universitaria. Mia nonna rapportò a tavola: “Avi a ièssiri unu puvirièddu, fa ‘u picuràru…”. Considerata la famiglia medio-borghese, pensammo che la cugina si fosse fidanzata ufficiosamente con uno che, quantomeno, possedesse un allevamento, decine di capi di bestiame, una piccola azienda. Insomma, proprio “picuràru” non poteva essere… Il dubbio lo sciolse mia zia,pochi giorni dopo, con una telefonata a mia madre: “Ca quali picuràru… Ci rissi a tto suòggira che sono preoccupata perché è un poco di buono, passa tutto il tempo tra macchine da corsa e vacanze a Taormina. Insomma, non lavora e si gode la vita, è un vero EPICUREO…”!!!!!

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