I giornalisti onesti

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di Roberto Puglisi

Io faccio un mestiere che gli altri trattano come una lingua morta. Lo faccio con le mani. Lo percorro con i piedi. Lo semino con il cuore. Lo aro con il cervello. Ma mi dicono che è morto, che tutto fu vano. Il giornalismo – dicono, appunto – è morto. Lo dicono vecchi padri nobili con la barba bianca. Lo dicono le casalinghe di Voghera. Lo dicono i militari di Cuneo. Lo dicono gli operai di Marx. Lo dicono i calciatori e le veline. Lo dicono, infine, i giornalisti.
Allora, mi chiedo: cos’è questo amore che mi brucia nel petto e che è identico alla scintilla accesa la prima volta? Cos’è questa gioia ribalda che mi afferra quando racconto una storia, pure se davanti ho un cadavere caldo? Cos’è questo cercare i dettagli: il riflesso dell’ultima cosa vista, le sigarette nelle mani dilaniate, il sorriso, le foto dei cari? Perchè per me il mio mestiere significa ricordare degnamente gli uomini valorosi e dare una corda vocale ai vivi senza fiato. E sono un maledetto precario, ma rifarei tutto, se me ne fosse dato modo. E non sono una mosca bianca, perché la maggioranza dei miei colleghi è come me. E sono stato perfido, cattivo e disgraziato, però sempre scodinzolando dietro l’etica della notizia. E le casalinghe di Voghera che non leggono i giornali come si permettono di giudicarmi? E i padri nobili dovrebbero cercarsi una lapide nel cimitero degli eleganti. Io conosco il colore del sangue che sputo, che sputiamo in tanti, per le vostre notizie da consumare in poltrona. Noi non abbiamo troppe poltrone. Siamo giornalisti da fanteria e da trincea. Siamo persone perbene.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

18 commenti su “I giornalisti onesti”

  1. Romp, forse è proprio perché le casalinghe di Voghera non leggono (in verità non l’hanno mai fatto) che il mestiere di giornalista sta estinguendosi. Sei un romantico, colto e sensibile. E questo già ti salva al cinquanta per cento. Non badare alla crisi: non puoi farci niente, ma continua a lavorare così. Bene, molto bene.

  2. Ma chi l’ha detto che il giornalismo è morto, che è un mestiere inutile?
    Forse i giornali moriranno, ma di giornalisti come te ce n’è bisogno eccome.
    Poi la sensazione di apparire inutili si ha ad un certo punto con qualsiasi lavoro, anche il più nobile. Ma poi passa se le scelte che ti hanno portato ad esso sono consapevoli e non casuali.

  3. Concordo in tutto con Mauro. Aggiungerei che a volte la sensazione di inutilità può derivare anche da capi ciechi e sordi, nel giornalismo come in qualunque altro lavoro. Però, persino in questo caso, spesso chi ha passione e consapevolezza riesce a non soccombere.

  4. Io vi ringrazio veramente dell’affetto. Ma il me stesso di questo pezzo vale solo se si tiene presente che di “me stessi” ce ne sono tantissimi. I meglio e i più.

  5. Ma ci sono anche giornalisti pessimi, ignoranti e che farebbero meglio a starsene a casa.

  6. Nobili, operai marxisti, casalinghe annoiate, militari e sfigati Alitalia sono telespettatori e protagonisti del mondo televisivo che non legge, e che vive anche quando l’apparecchio televisivo è spento. Però, se nel panorama pecoreccio della tivvù esistono anche ottimi giornalisti come Iacona o la squadra di Report, vuol dire che esiste anche un pubblico attento e numeroso. Anzi, forse più numeroso dei sudditi della De Filippi & Co. Se non si vedono e non si sentono è solo perchè non fanno baccano. Hanno di meglio da fare, come per esempio collegarsi a questo blog e leggere post interessanti scritti da persone interessanti.

    PS. La lettura quotidiana di questo blog non lo scambio neanche con un’abbonamento gratis a SKY per tutta la vita! …e sono serio.

  7. A proposito di giornalismo mi ha colpito una riflessione letta su” epolis palermo” dove si parla di un gerantocrazia che avanza oltre che nella politica anche nei giornali.Dal 1997 il sole ed il corriere non hanno prodotto un solo nuovo direttore.Cosi’ come accade a Republica dal 96.Le motivazioni non mi sono sembrate molto esaustive.Sarei curioso di sentire i pareri di alcuni di voi che siete giovani,belli (credo) e del mestiere.

  8. La lettura quotidiana di questo blog non la scambio neanche…con mille giornate di sole consecutive, allietate da buona musica, ottimo vino, cioccolata a go go e inimitabile relax creato ad arte per me dalla mia estetista del cuore.
    @Roberto: ti seguo come si fa con un ideale. Per chi ama questa professione sentirne parlare, e così, è un bisogno.

  9. L’hai detto tu stesso, Roberto. Questa cosa è amore, raccontare è amore. Magari è pretenzioso, raccontando il mondo, tentare di amarlo, anche nelle sue brutture, nei suoi abissi, nel suo lerciume. Perché siamo convinti (forse romanticamente, forse con un ingenuo idealismo) che anche nelle brutture, negli abissi, nel lerciume possa nascondersi un grammo di bello, e di buono. E possa, chissà, venir fuori dalle nostre trenta righe. Forse perché – egoisticamente – raccontando il mondo, e cercando di spiegarcelo (“racconta le cose ma chiediti sempre cosa ci può stare dietro, alle cose”, mi ha insegnato il mio ispido maestro di questo mestiere a metà anni ’70), ci illudiamo di raccontare noi stessi, e soprattutto di spiegare a noi stessi chi siamo. Di farci medium del mondo e di noi stessi vomitando parole da una tastiera a uno schermo. Nonostante il disincanto (credimi, è grande, grandissimo) ogni tanto mi commuovo anch’io, anche passando una “breve”, mi chiedo ancora a chi servirà leggerla, se gli farà piacere o no, se gliene fregherà niente o se colpirà la sua mente o il suo cuore. O anche soltanto la sua curiosità. Le trenta righe sono un disegnino del mondo e un distillato di noi, convinti, attraverso quelle stille, di farlo venir fuori il meglio che si può, quel disegnino, nella speranza che gli altri ne scorgano il più piccolo particolare, la più tenue sfumatura. L’amore per il nostro mestiere credo sia questo. Può assumere varie sembianze, avere momenti di stanca come gli amori tutti. raramente si estingue. I direttori e le loro cravatte passano. Forse anche loro, un tempo, provavano questo amore. Poi si sono persi tra un convegno e una visita da Dell’Oglio.

  10. Il mio ottimismo è in una fase terribilmente calante, ma provo ugualmente ad attingerlo da tutte le cose belle e vive che mi stanno intorno, realmente e virtualmente. La mia estetista del cuore è un rifugio sempre sicuro…basta pensare a lei per confidare in un sollievo ;-)

  11. Giornalisti di cuore, di vecchio stampo che non consumano soltanto le poltrone, ma anche e soprattutto le suole delle scarpe per raccontare le storie nella loro verità, calate nella realtà reale e non solamente virtuale…beh,Roberto, tra i giornalisti onesti mi ci sento anch’io!
    Grazie
    Mario Pafumi

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