Non chiamiamoli scrittori

scritturadi Raffaella Catalano

Sono dell’idea che un romanzo ben scritto non possa prescindere da un editing professionale. E non perché faccio l’editor di mestiere, ma perché sono decisamente contraria alle varie iniziative promosse da siti e pseudo-editori che si limitano a stampare testi inediti senza nemmeno leggerli. Un caso clamoroso, ma non certo unico, è quello del sito ilmiolibro.it che fa spendere soldi a chiunque per “pubblicare” romanzi, racconti, saggi e poesie inqualificabili, si fa pagare un bel po’ di soldi dai clienti (non posso chiamarli autori, per rispetto degli autori veri) e soprattutto crea in chi si vede stampare un libro in quel modo selvaggio l’illusione di essere uno scrittore. Illusione che crolla – tranne casi rarissimi, che in quanto tali fanno notizia – quando il presunto Eco o Sciascia che ha pubblicato a suon di euro si trova al cospetto di una casa editrice vera, che legge, seleziona e corregge. Chi viene dall’esperienza prezzolata, la inserisce persino nel curriculum, quindi ci crede. E poi risulta sempre resistente, se e quando trova un editore serio disposto a prendere un suo inedito in considerazione, a qualsiasi intervento correttivo al suo testo. Perché ritiene che quel titolo in bibliografia – la dispendiosa opera prima con Pinco Palla Edizioni – gli dia la patente di autore che tutto sa, e che quindi non ha bisogno di nulla e di nessuno.
Per l’ennesima volta (l’ho fatto altrove, in interviste e articoli) mi permetto di sconsigliare a chicchessia di pagare per pubblicare, e di aspettare, invece, di essere pagato. E’ così che funziona. E’ così che si diventa scrittori. E vorrei suggerire anche di stare ad ascoltare chi lavora al servizio dei narratori, cioè editor ed editori, che con un po’ di esperienza e le dritte giuste magari non lanciano il nuovo genio della letteratura, ma almeno formano l’autore o lo affinano, e soprattutto non lo offrono scientemente al pubblico ludibrio. Io per prima confesso che sghignazzo quando leggo i pasticci letterari degli aspiranti scrittori su ilmiolibro.it, su siti analoghi o su alcune rivistine per esordienti. E di ridere non mi pento affatto. Anzi penso: peggio per loro. Mi dispiace solo che gettino via i soldi e con quelli anche i sogni di (vera) gloria. Ci vuole umiltà per crescere, ci vogliono indicazioni per trovare la strada. E’ nocivo farsi paracadutare a pagamento in mezzo a un traffico già sin troppo caotico. Infine, due parole anche per alcuni editori poco scrupolosi o con il portafoglio cucito: non affidate i vostri autori a editor improvvisati che si fanno pagare 50 euro per correggere un romanzo di 800 pagine. Se accettano cifre da saldo stagionale vuol dire che non sanno fare il loro mestiere e prendono in giro voi e i vostri autori. Un buon lavoro costa, in tutti i sensi. A chi lo fa e a chi lo paga.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

59 commenti su “Non chiamiamoli scrittori”

  1. Quando sono sull’autobus, mi capita spesso di ascoltare i discorsi dei ragazzini di oggi.
    E’ vero, mi riesce molto difficile credere che leggano. Addirittura poesie…magari a scuola ascoltano, qualcuno si interessa pure. Ma una volta fuori, la maggior parte di loro non si avvicina d un libro nemmeno sparato.
    Mi piacerebbe essere smentito…davvero.
    @Cinzia.
    Alla fine siete tornati ad essere la piccola squadra provinciale che conosciamo…;-)

  2. Rincaro la dose: non solo non leggono nulla (ma proprio nulla) ma non vanno manco al cinema, i ragazzi. Le eccezioni confermano la triste e desolata regola.

  3. @fabio. Per me il campionato è finito con la vittoria del derby…
    Saremo anche provinciali ma abbiamo vinto 4 a zero e questo va ricordato spesso perchè anche le future generazioni si sentano partecipi dell’evento.
    Ciarlibraun

  4. Il problema è che spesso si conoscono i ragazzi solo per sentito dire. E parlo soprattutto per me.

  5. Per caso vedo citato il mio nome in questo blog e, incuriosita, leggo i vari interventi. Devo dire che ho scritto anch’io qualcosa di simile in un blog su Kataweb. Nel mio articolo mi domando quando una persona si possa definire uno scrittore e con che criterio le case editrici prendono in considerazione i vari lavori, decidendo quando pubblicarli. Voglio specificare che io non mi considero uno scrittore, sono troppo modesta per farlo. Ho avuto la fortuna di trovare una piccola casa editrice che ha pubblicato un mio libro (devo dire con discreto successo) e mi hanno suggerito di inserire un racconto (destinato ai ragazzi) su ilmiolibro.it. Io scrivo semplicemente per passione, non ho la presunzione di definirmi uno scrittore e mi dà molto fastidio che qualcuno possa arrogarsi il diritto di giudicare la mia scrittura, dopo aver letto solo poche pagine. Invito quindi contessa, prima di giudicare una persona, a informarsi e documentarsi su quanto questa scrive. Quanto ai molti interventi che ho letto su quest’argomento, devo dire che sono assolutamente d’accordo: troppe persone s’improvvisano scrittori (non meritando quest’aggettivo) e molti pseudo – famosi vendono centinaia o migliaia di copie immeritatamente, solo per la fortuna di essere personaggi famosi. Grazie per l’attenzione

  6. Gentile Terry, nessuno si “arroga il diritto” di giudicare la sua scrittura, la si giudica e basta. E’ il mestiere di ogni lettore. Non c’è altro su cui io mi debba documentare. Leggo le sue pagine e scrivo che non mi piacciono. Mi pare legittimo. Nulla di personale, ovviamente.

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