Il tramonto di Alitalia

Due o tre cose sull’ Alitalia e sull’alitosi politica che ammorba l’aria di questa primavera pazzerella.
Il dramma economico che la compagnia di bandiera sta vivendo – e non da oggi o da ieri – è il risultato di scelte palesemente sbagliate, di sprechi, della vista corta dei suoi amministratori. Non ci vuole una grande esperienza per capirlo, basta fare due più due. In qualunque società del pianeta se i conti non tornano la colpa è di chi quei conti non li ha fatti o li ha fatti male. A meno che non si sia affetti dal morbo del complottismo e si abbia il coraggio di sostenere che il colpevole è il registratore di cassa.
Mi preoccupa la sorte di migliaia di lavoratori, ma mi preoccupa anche il populismo di chi attribuisce allo Stato il ruolo obbligato di salvatore dell’Alitalia. Ci sono, nel nostro Paese, molti cassintegrati, migliaia e migliaia di precari, eserciti di disoccupati: perché mai un governo dovrebbe preoccuparsi solo di quelli (eventuali, e incrociamo le dita) della compagnia di bandiera? E’ una domanda antipatica, lo so. Dà fastidio persino a me che la scrivo: però è una domanda legittima. Qui trovate un altro punto di vista, non proprio dissimile dal mio.
Berlusconi ne ha fatto, ovviamente, una questione elettorale. In modo malcelato, come è suo costume. Ha annunciato cordate italiane che si manifesteranno in tutta la loro lungimiranza e potenza economica solo dopo il 14 aprile. E’ un caso?
Non è un caso che a ogni sua dichiarazione la borsa traballi, i titoli oscillino come equilibristi ubriachi, l’aria si faccia sempre più irrespirabile. Qualcuno dovrebbe ricordare a questo signore che quando si ricoprono importanti cariche politiche e/o istituzionali le parole non sono pietre, ma qualcosa che vale molto di più.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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