Il mestiere di giornalista

A Palermo c’è un giornalista che è costretto a lavorare con la scorta. I contenuti di certe comunicazioni tra mafiosi e alcuni messaggi di minaccia lo rendono “persona a rischio”: sabato scorso hanno persino tentato di piazzargli una bomba sotto l’auto. Lirio Abbate scrive di mafia da molti anni, nonostante non sia un vecchio del mestiere: il vizio della cronaca lo ha preso infatti che era giovanissimo.
Dopo un periodo in cui, per motivi di sicurezza, ha accettato di trasferirsi a Roma, è rientrato in Sicilia, nella terra che più ritiene fertile di notizie, la sua terra. E, puntuali, ha trovato gli uomini delle cosche a dargli il bentornato.
Sono molto critico nei confronti della categoria dei giornalisti – di cui faccio parte da tempo – perché si è lasciata svuotare di ruoli e responsabilità. Ci sono più pensatori che cronisti, più tecnici di impaginazione che teste curiose, più poltroncine che tacchi consumati. La notizia non va più cercata, ma trattata. La verità esiste solo nella testa di certi direttori, che col giornalismo hanno poca dimestichezza. I dubbi, che sono il sale del giornalismo, sono privilegio di pochissimi.
Lirio Abbate – che, spero, non diventi mai un simbolo – mi riconcilia con questa professione. Perché lui ha dimostrato di avere l’ostinazione e l’onestà che mancano alla maggior parte di noi.
P.S.
Proviamo a scrivere dovunque questa frase: la mafia ha rotto i coglioni.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

25 commenti su “Il mestiere di giornalista”

  1. MAFIA = MUNIZZA

    La munizza Palermitana, lo annusata durante la serata dell’aperitivo brasiliano “Desafinado”…evento “mondano” d’una parte della Palermo salottiera che si definisce anti mafia
    e si comuove leggendo Gomorra di Roberto Saviano o davanti alle imagini Youtube del funerale di Giovanni Falcone.
    Questa stessa munizza lo vista pubblicata dopo qualche giorno sul blog Palermo & Co. diretto da una certa Loredana Mannina.Infatti questa donna palermitana, ha pubblicizzato all’interno del suo articolo Un successo…di amici al “Desafinado”! il figlio del Boss Calogero Di Caro; vi ricordo che la cosca Di Caro ha provocato una guerra di mafia che lasciò sul campo una lunga scia di sangue nell’agrigentino.
    Hanno assassinato il giudice Saetta assieme al figlio Stefano sulla statale Agrigento-Caltanissetta.
    Sono stati i carcerieri per conto di Salvatore Riina del piccolo Giuseppe Di Matteo,strangolato e sciolto nell’acido da Giovanni Brusca con la loro stessa complicità.
    Famosi in Sicilia per il racket del pizzo,minacce e lo scandalo ALTA MAFIA 2004.
    Diego Di Caro a differenza di Rita Atria e Peppino Impastato,non si è mai schierato contro la sua FAMIGLIA mafiosa.
    La DIA nel 2006 ha sequestrato a questo ragazzo e sua sorella beni immobili per un valore di 2 milioni e 400 mila euro.
    Allora la domanda inquietante è : Cosa vuole dire ANTI MAFIA ? E un fenomeno di moda come l’IPHONE o un impegno civile ?
    Cosa pensereste se nello stesso articolo fosse nominato allegramente il figlio di Salvatore Riina ? Quale è la differenza ? Diego Di Caro non è diverso da Giovanni Riina,perché entrambi non hanno mai preso distanze dai loro padri sottoposti al regime carcerario speciale del 41-bis.
    Allora che qualcuno abbia il coraggio di chiedere a Loredana Mannina che conosce benissimo l’appartenenza famigliare di Di Caro,come osa pubblicizzare il rampollo della cosca canicattese all’interno di un Blog che vuole rappresentare Palermo ?
    Alla fine dell’articolo sopra citato la Mannina conclude parlando di “originalità, eleganza e storia” preferirei concludere con un NO COMMENT !

    http://palermo.spazioblog.it/148408/Un+successo…di+amici+al+%22Desafinado%22%21.htm

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