I proiettili di Fanny Ardant

Ci deve essere una forte componente di masochismo in Fanny Ardant, l’attrice francese che ha tracimato su un settimanale dichiarazioni tipo: «Ho sempre considerato il fenomeno Brigate rosse molto coinvolgente e passionale »; «Per me Renato Curcio è un eroe».
Fatte salve la sua capacità di intendere e di volere e un certo vezzo (geriatrico) di apparire gioiosamente sopra le righe, ci resta solo da discutere sulla volontà autolesionista della signora. Per non scivolare dal crinale che divide i giudizi sommari dalla volgarità, proviamo a schematizzare.
1) Lodare una banda di assassini fa male alla memoria, quindi a ciascuno di noi. Persino a lei.
2) Indicare il periodo degli Anni di piombo come un’epoca di vera democrazia (“un’epoca in cui si sceglieva un campo, c’era chi prendeva fuoco e decideva che poteva ammazzare e farsi ammazzare”) equivale a dire che i proiettili sono in realtà idee e che le pistole sono cervelli. La mente della signora comunque è stata caricata a salve.
3) Siamo un Paese di vittime, innocenti, ignote, povere e dimenticate, al pari di una nazione sudamericana. Quando si parla di morti, dalle nostre parti, si parla di qualcosa che non può essere pesata e che non è circoscrivibile in alcun elenco. Alzarsi una mattina col deliberato intento di inventarsi una lista dove buoni e cattivi si confondono significa esporre la schiena alla frusta della ragione.
4) Quel sentimento tutto francese di leggere la storia degli altri con sanguigna passione non può in alcun modo rappresentare un’attenuante per l’Ardant. Gli eroi, anche negativi, sono tali se lasciano un segno. Gli orfani e le vedove non sono segni, ma ferite orribili. Anche se la signora preferisce includerli nella categoria degli effetti collaterali.
Masochismo, non altro. L’attrice francese, che ben conosce l’Italia per lavoro e sentimento, ha scelto di farsi male volontariamente. Per pubblicità, misticismo della cazzata, poesia del black-out ideologico. Chissà se ha goduto.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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