Antimafia

Nei giorni scorsi è riemersa la polemica sui “professionisti dell’antimafia”. Sul Corriere della sera Tano Grasso ha ammesso che Leonardo Sciascia non aveva torto in quell’articolo del 1987. Lo stesso giorno su Repubblica un ex componente del coordinamento antimafia palermitano ha raccontato come e perché – proprio a seguito dell’articolo incriminato -si decise a bollare lo scrittore di Racalmuto come quaquaraquà.
Sono sempre stato d’accordo con quanto scrisse Sciascia in quell’editoriale. Senza temere di scalfire alcuna corona, lo scrittore rappresentò – dicendola tutta – una tendenza del tempo che poi sarebbe divenuta epidemia. Fondamentalmente c’era un eccesso di presenzialismo, di cerimonie, di parole ad effetto. Sciascia fece i nomi di Orlando e Borsellino, non certo per esporli o per ferirli: sacrificò qualcosa di se stesso (fare quei nomi allora significava mettersi più che in gioco) nel segno della chiarezza. Servivano due esempi, lui li fece: a torto o a ragione. Si poteva aprire un dibattito nell’antimafia, proprio perché lo scossone non arrivava da un nemico politico né da un nemico in genere. Invece si scelse lo scontro aperto, “il chi non è con noi è contro di noi”, il pintacudismo, il matrimonio con una certa giustizia militante, la trincea.
Erano anni difficili e molte di quelle persone rischiavano la pelle. Al dibattito si preferì l’attacco, confondendo spesso le parole con i macigni, i mafiosi con i dissenzienti, la fretta con l’urgenza. Sul fronte della cronaca andò malissimo. Cosa nostra tentò di riaffermare il suo ordine col tritolo e i proiettili e, per qualche anno, ci riuscì.
L’esperienza della stagione antimafia è una grande eredità, con tutti i suoi limiti ma anche con i suoi atti di eroismo. Ciò che indigna oggi è la sopravvivenza di una classe di medio-alto livello che ha navigato in tutti i mari, usando ogni genere di imbarcazione, infrangendo più di un codice, strigendo patti ora pirateschi ora pilateschi. E’ un ampia squadra di politici, imprenditori, giornalisti, magistrati, avvocati che facendosi scudo di Sciascia ha tratto spunto per azzannare il nemico e per imbastire affari trasversali. Raramente questi signori si sono esposti in prima persona, hanno sempre mandato a dire anziché dire. Sono geni del trasformismo, galleggianti umani, coscienze deboli, forti di idee che cambiano a seconda del vento. Non sono mafiosi, sono quelli che, vent’anni fa, erano i professionisti dell’anti-antimafia.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *